Roger Federer esce di scena, dopo due ore e oltre di lotta, inconsuete urla, momenti di esaltazione, rari, alternati a difficili passaggi, segni di impotenza. John Isner è un colosso, spara sassate che si infrangono sul campo, invisibili proiettili che inibiscono ogni reazione. Al servizio costruisce le sue fortune, colorate da un dritto incisivo, pronto a coprire le lacune di un rovescio non pronto per un primo livello. Federer conosce la forza e i limiti di Isner, è un avversario che può domare, se in giornata. Il Federer apprezzato con Seppi è sinfonia armoniosa, colpi veloci, al limite, soluzioni che si avvicinano a una lezione. Colpisce, il Federer numero due, quello al cospetto di Isner, perché più lento, più falloso. Alla prestazione perfetta del gigante si associa quella fiacca dello svizzero, è il motivo per cui c'è partita. Roger non cede il servizio, ma non ha mai le chiavi dell'incontro, se non a tratti, tra secondo e terzo set. Fermo sulle gambe, pizzicato dai rischi che Isner, consapevolmente, si assume. 

Una prima, terrificante, risolve il prolungamento del terzo, Federer, a quel punto, si arrende, realizza sintomi presenti da tempo. Anti-infiammatori per calmare un dolore al braccio, la sensazione di movimenti come strappati, faticosi. Una battuta a mezza potenza, per non ampliare il dolore, le domande del dopo vertono sulla forma di Roger, ancor prima che sulla sconfitta. 

Isner mette in campo quel che ha, lo fa al meglio, senza pause, pronto a risalire la china, quando Federer trova sprazzi di Federer. 

Serve in maniera costante durante l’anno. Con lui credo sia più una cosa del tipo: riuscirà a servire bene quando ne ha più bisogno? Credo che oggi lo abbia fatto davvero bene, questa è stata la differenza.

"Non ho subito un break, ed è dura uscire da un torneo senza perdere il servizio ma è così che può andare con John".

Un passo indietro, di forma, annunciato a Shanghai. Il fisico lancia un segnale, ricorrente nel periodo recente, Federer smorza però le paure. La presenza alle finali non è in dubbio, Roger si mostra sereno, recupera la consueta tranquillità, dopo le reazioni di campo. 

"Sentivo qualcosa al braccio, avevo già avuto un problema a Basilea e l’ho sentito di nuovo così ho preso degli antinfiammatori e ho giocato senza dolori nel terzo. Non è per questo che ho perso oggi, non è qualcosa di serio per fortuna".

Basilea - Parigi, fermate a stretto contatto che mettono Federer a un bivio, il torneo di casa ostruisce possibilità di successo in suolo transalpino. Correre a grande velocità per lunghi periodi, al culmine di una dispendiosa stagione, porta in dote rischi tangibili. Federer mette in preventivo un passo falso.  

"Basilea è una mia priorità, la mia preparazione per Parigi non è sempre ideale. Ho giocato così bene a Basilea durante gli anni che arrivo qui con molta fiducia. Alla fine dell’anno giocare due tornei consecutivamente mette molta pressione, tuttavia è anche divertente allo stesso tempo. Comunque se guardo ai match degli anni precedenti ho sempre perso da buoni giocatori e hanno sempre dovuto giocare bene per battermi, lo scarto è poco".

Infine, una retrospettiva sulle ultime settimane. Lo svizzero analizza l'uscita anticipata a Shanghai. Campo ostico, superficie che richiede tempo. Federer, K.O con Ramos, evidenzia i punti salienti della sfida, un incidente di percorso figlio di scarsa concretezza. 

"In Coppa Davis non potevo perdere in casa con l’Olanda e a Shanghai è stato un peccato. Hai bisogno di adattarti per le condizioni che ci sono lì e non ho giocato male, credo di aver giocato meglio di Basilea. Il risultato non è quello che speravo ma il livello era quello che volevo raggiungere. Shanghai è stata una delusione, non dovevo perdere il match e ho vinto più punti di Ramos, ho avuto più opportunità e giocato meglio nei punti importanti. Avrei dovuto convertire le mie opportunità".