"Certo, è più facile giocare contro il numero otto al mondo, che non giocare contro di lui, che è il migliore". Le parole dello sconfitto a nobilitare la forza del primo attore. Andy Murray è deluso, scuro in volto. La sua analisi, realistica, ripercorre il recente passato e attesta la superiorità attuale di Novak Djokovic (e Roger Federer). Andy è, per la classifica, il numero due, ma mai come oggi è distante da chi guida il circuito ATP. La finale di Parigi-Bercy conferma la netta supremazia di Nole rispetto alla truppa che insegue. Djoko è nel massimo splendore, Federer paga dazio all'età - pur splendido nel suo connubio con l'eternità tennistica - Murray inciampa sul gradino che porta al cospetto del serbo, Nadal è alle prese con una lunga ricostruzione, del suo "io" mentale e tennistico. 

L'attesa per la finale dell'ultimo 1000 di stagione evapora come bolla di sapone di fronte alle lezione che Djokovic impartisce a Murray. Un'ora e trenta di spettacolo, poco più, due set che offrono un minimo di sussulto agonistico solo nel secondo parziale, quando Nole perde - unica occasione dell'incontro - il servizio. Incidente di percorso che non preclude al serbo il titolo numero quattro a Bercy, il sesto 1000 di stagione. 

L'annata, al tramonto, riserva ad entrambi un ultimo appiglio, Djokovic entra nel rettilineo che conduce alle finali londinesi con certezze granitiche, Murray con un demone da affrontare. Convincere e convincersi, di essere adatto al tavolo da gioco di Nole, questo il cruccio britannico. Nole ha la corona in capo, ma elude i fumi di festa e spegne sirene di giubilo per riprendere, repentinamente, le corde della sua carriera. 

"Cerco di non dare mai nulla per scontato, l'unica strada che si può percorrere, per continuare a vincere, è migliorare. Quindi, non ho intenzione di mantenere lo status quo, perché per me sarebbe come fare un passo indietro."

Mente che guida il braccio, testa che conduce i colpi e traina il fisico. I pensieri di un campione. 

La partita, in sè, dice poco, proprio perché partita non c'è. Come a Shanghai, a Bercy. Djokovic si conferma ribattitore straordinario e spezza le difese di Murray, specie quando il britannico deve esporsi con la seconda. Mentre Nole perde solo cinque punti senza la prima, Andy ne conquista poco più del 30%, poco a questo livello. Il punteggio, 62 64, è emblematico. Djokovic non ha rivali, al momento, Murray deve interrogarsi. Pochi giorni, prima di alzare il sipario in terra inglese. Andy, Nole, Roger e i magnifici otto. L'ultimo atto, all'apparenza simile ai precedenti.