Ora davanti a lei c'è solo Margareth Smith Court a quota 24, poi Serena Williams avrà tutti i crismi per essere ricordata come la più grande tennista di sempre. O, perlomeno, dell'epoca moderna. Eppure, prima che sull'amata erba di Wimbledon arrivasse il titolo slam numero 22 - al pari di una certa Steffi Graf -  su Serena Williams si erano addensate nubi minacciose.

La rumorosa caduta per mano di Roberta Vinci sul centrale di Flushing Meadows, quando ormai la pratica Grande Salm sembrava poco più di una formalità da sbrigare contro avversarie che in carriera quasi mai le avevano dato problemi, non solo ha spezzato sul più bello il sogno della maggiore delle sorelle Williams, ma sembrava aver lasciato cicatrici pesanti. Una botta dura da assorbire per lei, e i primi granellini di sabbia a inceppare una macchina che fino a quel momento aveva viaggiato a regimi di motore altissimi. E con l'inizio della nuova stagione, le cose non sono migliorate: due finali, due sconfitte e i fantasmi di Angelique Kerber e Garbiñe Muguruza ad aggiungersi alla galleria di incubi notturni della povera Serena, mentre dentro di sè la Graf se la ghignava vedendo continuamente respinto il tentativo di aggancio.

Fino a sabato, ai due set giocati da Serena Williams contro Angelique Kerber. Per artigliare una vittoria che non significa solo l'affiancamento al secondo posto nella classifica delle vincitrici All Time quanto a titoli Slam. "Sono sollevato non perchè ha vinto finalmente il suo 22esimo slam" aveva detto appena dopo la partita il suo coach Patrick Mouratoglou "ma sono felice perché ho ritrovato la vera Serena Williams". Perché, per ammissione dello stesso coach, dopo la delusione dell'Us Open qualche tarlo si era insinuato nella mente della Williams donna, improvvisamente messa a nudo di tutte le sue debolezze e fragilità da una piccola italiana con un cuore enorme. I pugni presi da Kerber e Muguruza sono stati quasi da ko ma, allo stesso tempo, lezioni da cui apprendere e su cui edificare il trionfo inglese.

Foto: Wimbledon
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Arrivato schiacciando le avversarie di turno, cui ha concesso poco o nulla. Ma la vera svolta è arrivata contro la giovane connazionale McHale: una partita dura, sofferta, con Serena che ha più volte rischiato il tracollo e una caduta che sarebbe stata ancora più rumorosa. E chissà quali altri fantasmi avrebbe generato nella sua mente. Ha fatto la differenza il suo palmares, la sua caratura internazionale, ma anche e soprattutto l'orgoglio infinito di una Campionessa ferita nell'orgoglio e per questo ancora più determinata a lottare fino all'ultima pallina. Scollinato il suo personale Mortirolo, è stata discesa con Kuznetsova, Pavlyuchenkova e Vesnina, ottime sparring partner in vista dell'atto finale contro Kerber.

Ritrovata sè stessa e compiuto l'aggancio alla Graf, ora Serena Williams punta dritto ad agganciare Margareth Smith Court, ironia del destino l'altra donna assime alla Graf ad avere centrato il Grand Slam: per l'australiana sono in totale 24 i titoli Major messi in bacheca fra il 1961 ed il 1975. Fra un mese, laddove a un passo dal traguardo Serena era caduta moderna Dorando Pietri, tonerà sul luogo del delitto: per il Grand Salm l'appuntamento è rimandato all'anno prossimo, ma una vittoria a Flushing Meadows le permetterebbe di staccare l'una e avvicinarsi all'altra. E di esorcizzare una volta per tutte i fantasmi del 2015.

Foto: Wimbledon
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Alessandro Gennari
Schermidore a scoppio ritardato, rugbista mancato, ciclista negato, tennista si fa per dire. Storico per laurea, giornalista per amore dello sport. Presto la mia tastiera al servizio di scherma, tennis, sci alpino, nuoto e chi più ne ha più ne metta.