La faccia di Henrik Kristoffersen alla fine dice più di mille parole. Non c'è più rabbia e voglia di urlare contro il cielo prendendo a calci i materassoni all'arrivo, ma la più totale rassegnazione di essere capitato nel momento sbagliato della Storia dello sci. 

Quello dove a dettare legge è un cannibale venuto da chissà quale pianeta, che gara dopo gara si diletta a bruciare tutti i record. Vittoria numero 53 in carriera, la quinta in fila in slalom e anche la classica di Wengen - dove sin qui incredibilmente non aveva mai vinto in carriera - messa in saccoccia al termine della solita, meravigliosa manche in cui ha insegnato a tutti l'arte dello slalom. C'è tutto Marcel Hirscher: la classe ma anche la fame di vittorie e di record che si autoalimenta man mano che questi vengono sbriciolati. E la naturalezza con cui doma un pendio con cui molti hanno dovuto fare i conti nel corso delle trenta discese della seconda manche.

Con gran disdoro del solito Kristoffersen, cui non basta accendere la miccia nella seconda manche e mettere giù un tempo che, a conti fatti gli sarà utile solo per mettersi dietro Andrè Myhrer (secondo dopo la prima manche e terzo a fine gara) e non per evitare l'ennesimo boccone amaro servitogli da Hirscher. Domenica prossima il duello si rinnoverà in un'altra università dello sci alpino, Kitzbuhel: Kristoffersen medita il trappolone proprio a casa del rivale, Marcel è pronto a dare ancora una volta spettacolo e lanciare un altro segnale alla concorrenza (fra cui oggi, non è purtroppo pervenuta l'Italia), da dietro una lunga teoria di "terzi incomodi" è pronto a godere qualora i due litiganti commettessero un passo falso. 

Sarà la pista a dare il suo verdetto, per ora noi continuiamo a tributare l'ennesima standing ovation a un campione che a ogni gara rende sempre più difficile la scelta di un aggettivo da appiccicarli. Ci limitiamo al fenomeno, nel frattempo ci prendiamo una settimana di riflessione preparandoci alla prossima impresa.