Ognuno di noi, dopo un appuntamento importante della sua vita sportiva o giornaliera vinto, o fallito, ha pulito il proprio viso dalle lacrime. Alle volte possono essere di gioia, come alle Olimpiadi di Rio due anni fa dopo la vittoria dell'oro nell'Omnium, altre possono essere amare e difficili da mandare giù, come quelle piante ieri pomeriggio da Elia Viviani, secondo sul traguardo della Gand-Wevelgem 2018 dietro al campione del mondo Peter Sagan, insomma non il prima che passa.

Non è la prima volta quest'anno che vediamo delle lacrime sul volto di un'atleta, era già successo con Van Aert alla Strade Bianche, ma quello erano lacrime di fatica. Quello che invece ha rigato il viso di Viviani era un pianto di delusione. Delusione perché si è perso, delusione perché si era i più forti, delusione perché un obiettivo dell'anno non è stato centrato. Insomma, un'amarezza che tutti abbiamo provato e che ha colpito il velocista della Quickstep immediatamente dopo il taglio del traguardo, magari anche qualche metro prima, segno di una consapevolezza di sé stesso che non aveva mai avuto negli anni passati. Il corridore azzurro aveva a cuore la vittoria in Belgio, la vittoria in una grande classica del ciclismo del Nord, ma la linea bianca di Wevelgem ha spezzato ogni fantasia creata nella sua testa, ma il pianto arriva soprattutto perché la sensazione di essersi battuto da solo è forte. 

Infatti, se Viviani ha qualcosa da recriminarsi, lo troverà facilmente negli ultimi duecento metri di gara, ma lui già se n'è accorto e lo ha fatto ancor prima di smettere di pedalare. La scelta di seguire Demare e non Sagan nella volata ristretta non ha pagato i dividendi previsti, perché proprio il velocista francese ha chiuso l'azzurro alle transenne facendogli perdere quelle due pedalate che ne hanno determinato la sconfitta. Un errore di valutazione pagato a caro prezzo. La prima parte di stagione di Elia termina lì, su quella striscia d'arrivo che ne ha spezzato i sogni facendogli dimenticare quanto di buono fatto fin qui. Le sei vittorie nel 2018 rappresentano la sua miglior partenza da quando è passato professionista e molto merito va dato anche alla scelta fatta alla fine dello scorso anno, quando lasciò la Sky per andare alla corte di Lefevre e della Quickstep-Floors per diventare il velocista di punta ed avere una squadra quasi tutta per sé nei grandi giri a tappe. Le lacrime di ieri, quindi, sono il simbolo di un ragazzo che ha lavorato molto per arrivare a vincere, di un uomo dispiaciuto per l'errore commesso e per non aver portato alla gloria i propri compagni di squadra, pronti a lavorare per lui nonostante avessero tutti una chance per la vittoria. Sono le lacrime di un campione. 

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Andrea Mauri
Scienze della Comunicazione, appassionato di qualsiasi sport, seguo assiduamente Calcio, Ciclismo e Motomondiale.