Ci eravamo lasciati con un ragazzone olandese in maglia rosa, nella cornice di Piazza del Duomo a Milano, al termine dell'ultima tappa del Giro d'Italia del Centenario, la cronometro con partenza dall'autodromo di Monza. Dodici mesi più tardi, Tom Dumoulin è ancora al via della corsa rosa, per confermarsi campione e per dimostrare a tutti, rivali e addetti ai lavori, che il successo del 2017 non è stato un caso. 

27 anni, soprannominato la farfalla di Maastricht, Dumoulin sembrava aver scelto il Tour de France per questa stagione, corsa forse più adatta alle sue caratteristiche. Poi, una volta svelato il percorso del Giro, ci ha ripensato: "Voglio tornare e puntare al bis", le sue parole, un segnale forte da parte di chi non vuole passare per una meteora. Un rischio che l'olandese non sembra correre, data la sua continuità a cronometro, che gli ha consentito di laurearsi campione del mondo nella specialità durante l'ultima rassegna iridata di Bergen. D'altronde, che Dumoulin fosse un corridore pronto anche per le grandi corse a tappe si era intravisto dalle sue prestazioni alla Vuelta 2015, chiusa al quinto posto dopo essere stato in maglia rossa fino alla penultima tappa, e al Giro 2016, durante il quale aveva indossato il simbolo del primato nella prima settimana, salvo essere costretto al ritiro per problemi fisici. Proprio il 2016 è stato l'anno della svolta per l'olandese volante, vincitore al Tour di ben due tappe (arrivo in salita ad Andorra e cronometro de La Caverne du Pont d'Arc) e in grado di assicurarsi la medaglia d'argento nella prova contro il tempo alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, davanti a Chris Froome e alle spalle di Fabian Cancellara. Una crescita graduale che lo ha condotto all'exploit del 2017 al Giro: dominata la crono di Montefalco, Dumoulin vince di forza a Oropa, per poi resistere - in tutti i sensi (impossibile dimenticare la defaillance della tappa dello Stelvio) - agli attacchi dei rivali della generale, fino all'epilogo di Milano.

Il Giro d'Italia 2018 ha ora il suo faccione in una copertina condivisa con Chris Froome, discusso corridore britannico che in carriera ha vinto quattro Tour de France, ma da mesi al centro di un caso di doping ancora lontano dall'essere risolto. I due - Dumoulin e Froome - hanno caratteristiche simili. Entrambi sono passisti scalatori, con il kenyano bianco più adatto alle grandi salite, e con l'olandese più potente a cronometro. Il primo round della sfida in rosa si avrà immediatamente, nel prologo contro il tempo di Gerusalemme. Una decina di chilometri per rendere subito note le rispettive intenzioni, prima di tornare in Italia e dedicarsi all'alta montagna. Il percorso del Giro di quest'anno, giunto all'edizione numero 101, appare come il giusto mix tra salita e cronometro. Nella prima parte di corsa, Dumoulin dovrà provare a trovare quella condizione che sinora, in stagione, non ha mai avuto. Sostanzialmente assente nelle brevi corse a tappe, l'olandese si è visto solo realmente solo alla Liegi-Bastogne-Liegi. Il Giro è il primo grande appuntamento da non mancare: l'Etna lo scoglio iniziale contro il quale i suoi avversari proveranno a farlo arenare. Più adatta alle sue caratteristiche la salita di Montevergine di Mercogliano, mentre l'arrivo in quota sul Gran Sasso (a Campo Imperatore) sarà un ulteriore test in salita. Poi altre trappole sparse sul percorso, come la tappa di Osimo, prima del terribile Monte Zoncolan, sulla carta principale spauracchio del corridore orange, e della giornata dolomitica di Sappada. La crono di Rovereto sarà la sua grande l'occasione di ribaltare la corsa, di attaccare per poi difendersi nel gran finale sulle Alpi piemontesi. Rimane l'incognita della squadra, il Team Sunweb, che già lo scorso anno non riuscì a supportarlo adeguatamente, e che ora si presenta al via da Israele con qualche gregario importante in più, come Haga, Oomen, Ten Dam e Vervaeke.