Secondo e terzo nelle ultime due edizioni della Grand Boucle, Romain Bardet è la speranza francese per il Tour de France. L'ultima vittoria transalpina nella corsa più importante del mondo ed orgoglio nazionale risale al 1985, quando Bernard Hinault vinse l'ultima delle sue cinque Grand Boucle prima che Greg Lemond gli facesse le scarpe, ora è il momento di rivedere un francese in maglia gialla sui Campi Elisi. 

Il capitano dell'Ag2r non ha solo ottenuto due podi nelle ultime due edizioni, è anche quello che più ha fatto soffrire Chris Froome quando la strada iniziava a salire. Lo scatto devastante messo in mostra nelle scorse edizioni ha fatto soffrire il britannico, ma ciò che lo rende molto pericoloso è l'inventiva. Bardet non è corridore da attacchi telefonati, anzi. Il francese è solito attaccare quando nessuno se lo aspetta, parecchie le accelerazioni improvvise in discesa cogliendo di sprovvista gli avversari, questa è l'arma segreta del classe 1990, che potrà sfruttare la sua fantasia in molte tappe di montagna di questa edizione. 

Come detto più volte, il Tour de France 2018 non offre frazioni in cui a decidere l'esito sarà solamente la salita finale, anzi. Molte sono le tappe in cui Bardet potrà provare a far saltare il banco, anche se per la struttura della Grand Boucle, più che far saltare tutto, il francese dovrà guadagnare tempo per difendersi nella prova contro il tempo. Le cronometro sono infatti il punto debole di Bardet ed anche dell'Ag2r, che si presenta al via senza un cronoman di riferimento e potrebbe pagare dazio già dalla cronosquadre, costringendo il proprio capitano ad inseguire sin dalle prime fasi della corsa francese. Attenzione anche al pavè, terreno sperimentato dal ventisettenne solamente una volta nel Tour 2015 e su cui non basta una prova, seppura buona, per essere considerati dei buoni corridori su pietre.