Esordio durissimo - come da pronostico - quello degli azzurri in questo Sei Nazioni 2019. La Scozia ha portato a casa il bottino pieno (vittoria e bonus) con relativa facilità, occupando stabilmente la metà campo avversaria per 65 minuti e concedendo qualcosa solo nel finale, con un uomo in meno e a risultato ormai acquisito. Per l'Italia una partita che andrà analizzata per filo e per segno, in modo da capire tutto ciò che non ha funzionato come doveva, a cominciare da un piano di gioco praticamente inesistente e un'incapacità cronica di costruire un avanzamento concreto. Le assenze hanno certamente influito, soprattutto dal punto di vista della qualità (ma la Scozia ha un'infermeria più piena della nostra)  e la formazione messa in campo non poteva certo essere la migliore possibile, e si è anche aggiunto l'infortunio all'ultimo momento di Tebaldi, che ha costretto O'Shea a buttare dentro Palazzani di punto in bianco, ma alcune scelte col senno di poi appaiono abbastanza discutibili: si è visto un Esposito difensivamente inesistente e dal punto di vista offensivo manifesto della sterilità azzurra, nonostante uno Sperandio in formissima completamente ignorato (e addirittura rispedito a casa dopo il raduno) e lo stesso Benvenuti, titolare inamovibile fino a Novembre, non considerato. Schierare Campagnaro ad ala è stata invece una scelta dettata dall'esigenza di avere in campo tutti i migliori contemporaneamente, ma lo ha semplicemente estraniato dal gioco, privando l'Italia dell'apporto del suo trequarti più talentuoso.

La Scozia ha impostato il match su ritmi forsennati, esattamente quelli che l'Italia patisce, con una pressione altissima e un dominio territoriale al limite dell'imbarazzante. L'Italia supera la metà campo una sola volta nel primo tempo, con i 3 punti di Tommaso Allan su calcio di punizione guadagnato da Parisse, poi è un monologo scozzese: la mediana Laidlaw-Russell inventa e smista palloni a ripetizione, i trequarti sono onnipresenti e costantemente performanti, la mischia funziona e più di una volta guadagna calci di punizione. L'Italia regge quel che può e conclude la prima frazione sotto 12-3 grazie alle due mete di Kinghorn e alla trasformazione di Laidlaw. L'avanzamento degli uomini di O'Shea è sterile, basato principalmente sui ball carrier e senza particolari idee, mentre Campagnaro tocca pochissimi palloni. Il gioco al piede è povero di idee e buona parte dei palloni finiscono regalati alla velocità e alla classe di Hogg. La mediana azzurra fatica con Palazzani che ci mette un po' a trovare il ritmo e Allan che dopo una concussion fatica a rientrare nel gioco. Le uniche preoccupazioni per la Scozia arrivano da qualche iniziativa di Hayward e un po' di cariche dritto per dritto: troppo poco.

Nel secondo tempo la Scozia parte per chiudere la partita: Russell propizia lo scatto di Hogg che brucia Esposito e schiaccia in meta con due dita. L'Italia avrebbe anche l'occasione per reagire con l'iniziativa di Palazzani, ma dall'altra parte gli scozzesi hanno ormai in mano il match e lo chiudono con le mete di Kinghorn (ancora) ed Harris. La girandola di cambi e il calo di ritmo scozzese smuovono un po' gli azzurri, i quali più con l'orgoglio che con un gameplan stabilito trovano la reazione: Berghan lascia i suoi in 14 e gli azzurri ne approfittano per accorciare con Palazzani. A ritmi più bassi la squadra di O'Shea riesce ad esprimersi, come già visto lo scorso anno contro Georgia e Giappone e in alcune fasi anche contro l'Australia, e Padovani ed Esposito riescono a rendere il punteggio quantomeno dignitoso, ma non cancellano la brutta prestazione nel complesso. L'incredibile errore di Esposito, che per cercare la trasformazione veloce centra clamorosamente il palo nonostante la posizione centrale, è la perfetta rappresentazione di un'Italia incapace di salire di livello e troppo poco attenta ai dettagli. Finisce 33-20, la Scozia porta a casa 5 punti e agli azzurri sarebbe bastata un'altra meta trasformata per ottenerne due nonostante la sconfitta, ma sarebbero stati francamente immeritati per quanto visto in campo.