Vincere sull’Alpe d’Huez rappresenta un’emozione speciale. Figuriamoci per un ciclista di casa. Christophe Riblon non nasconde la soddisfazione per lui e per la sua squadra; “Quando mancavano cinque chilometri non credevo più nella vittoria e pensavo al secondo posto. Invece il mio direttore sportivo mi incitava urlandomi “Forza, vai!”. Io non ci credevo troppo, però aveva ragione perché quando ho visto davanti a me Van Garderen mi sono ricreduto. Penso a quando non avevo nemmeno 10 anni d’età e guardavo il Tour e l’Alpe d’Huez. Incredibile. Quando si lavora duro, quando lo si vuole si può. Stamattina, nel briefing della squadra, si diceva proprio questo. E io mi sono detto che si doveva cercare di andare avanti, battersi, alzare la testa. Questa è anche una vittoria collettiva, una vittoria dell’Ag2R”

Insieme al francese dell’Ag2R anche Christopher Froome può iniziare ad immaginare i Campi Elisi illuminati dai fuochi d’artificio, nonostante abbia fatto vedere che la stanchezza oggi aveva minato anche le sue gambe; “A cinque chilometri dall’arrivo, vedevo che Richie (Porte) stava meglio di me. Io sentivo di star finendo gli zuccheri. Ho fatto del mio meglio negli ultimi chilometri. Contador e Kreuziger erano gli atleti più pericolosi per me, e mi sono sentito bene quando alla radio mi hanno detto che proprio loro si erano staccati nell’ultima salita. E mi aspetto di vedere Quintana con me sul podio a Parigi”

L’Italia può portare via un mezzo sorriso. Moreno Moser, che vive questo Tour come un piccolo esame di maturità ciclistica, non nasconde che l’usare la testa sia stata forse una mossa decisiva per il podio di giornata; “La mia fuga è nata per caso. Stamattina non credevamo fosse una giornata buona per una fuga, perché questa era una tappa che tutti volevano vincere. Invece a inizio gara sentivo una bella gamba, e non ho resistito al buttarmi dentro. È andata bene, non ho rimpianti, questo terzo posto mi soddisfa, e sono contento di sentire una buona gamba nella terza settimana. Forse migliore di quella che avevo all’inizio del Tour. Riblon e Van Garderen hanno attaccato subito quando l’Alpe iniziava per la seconda risalita, certamente non avevo gambe per resistere al loro allungo. Speravo calassero, come gli era capitato nella prima delle due ascese, io ho tenuto il mio passo. Entrambe le ascese finale le ho fatte con intelligenza. Domani farò gruppo ma per riposare. Questa mi resterà nelle gambe fino a Parigi.”

Zitto e mosca, lo spagnolo Joaquin Rodriguez sta recuperando minuti e posizioni. Il podio è già sistemato per il primo gradino. Per il terzo posto ci sono ancora timide speranze, ma ci sono anche tante recriminazioni per le giornate difficile sui Pienei; “Sento di essere in un momento di forma molto buono. Sapevo che per questo Tour avevo lavorato bene. Penso ai Pirenei, quando credo che non ero al mio livello. C’era qualcosa che non andava bene. Questo è il mio livello. Mi sarebbe piaciuto potermi vedere ai Pirenei con questa gamba. Ora sarei pi avanti nella classifica. Le tappe di questi ultimi giorni le conosciamo, perché le avevamo viste con la squadra. Sul discorso del podio è difficile. Spero che invece Froome riesca a portare a casa la vittoria perché la merita. Io cerco una vittoria di tappa, perché sarebbe il massimo”.

Domani e sabato ancora salite: 205 chilometri domani per la Bourg D’Oisans – Le Grand Bornand (5 salite con il Col de la Madeleine dopo 65 chilometri) e altre tre salite prima dell’arrivo, e sabato con i 125 chilometri della Annecy – Annecy-Semnoz, un’arrivo inedito per il Tour. In teoria di terreno per dare battaglia c’è n’è ancora fin che si vuole, e se il Tour sembra ormai deciso per il primo posto, per il podio esiste spazio per le ultime fiammate. Quelle che possono lasciare le scottature più profonde.