Alla vigilia dei Mondiali di nuoto in vasca corta a Windsor, Canada (rassegna iridata che prenderà il via domani 6 dicembre per concludersi domenica 11), Gregorio Paltrinieri si confessa. Parla davanti ai taccuini della Gazzetta dello Sport, racconta l'emozione dell'oro olimpico di Rio de Janeiro e prova a dare uno sguardo al futuro, da campione ormai consacrato, che è un punto di riferimento per i più giovani.

Cauto sui mondiali, in cui disputerà la sua gara preferita, i 1.500 s.l.: "A Windsor devo pensare a ripartire come se non fosse successo niente - dice a Stefano Arcobelli della Gazzettaho 22 anni, e mi voglio mettere di nuovo in gioco. Spero di avere rivali, di vivere grandi battaglie: ne ho voglia. Io continuo a nuotare per il piacere della competizione. Più c’è gara, più mi diverto. Per tutti sono un riferimento da battere. In Canada non ci sarà l’ucraino Romanchuk che ha nuotato 14’15”, ma io ho ripreso tardi". Pochi avversari dunque, anche perchè l'americano Conor Jaeger si è ritirato dopo l'argento di Rio: "Vuole provare altro nella vita: mi ha detto che è stato un piacere provare a battermi, solo in vasca corta ci riuscì un anno fa a Indianapolis, come Ryan Cochrane nei 1.500 ai Mondiali 2013 di Barcellona: il canadese è un bel cagnaccio, c’è sempre sul podio". Impossibile non tornare con la mente all'emozione dell'oro di Rio: "Mi sveglio con gli incubi come se fossi prima della finale. Nel sonno penso di essere in camera a Rio e il giorno dopo ho la finale. Non riesco a stare fermo. Ho ancora l’adrenalina. La tensione che avevo all’Olimpiade è indescrivibile. Magari dal di fuori sembro sempre molto distaccato. Ma dentro sentivo la pressione, in giro tutti dicevano: vabbè sta andando di m... la nazionale, ma l’ultimo giorno almeno c’è Greg. Siamo a posto. Mi aumentava l’adrenalina e la tensione del favorito. Quando ho visto Peaty favorito come me, mi sono detto: manco solo io…".

Non manca qualche pensiero sui giovani, azzurri e non solo, che si affacciano per la prima volta alle grandi competizioni internazionali: "Molti compagni sbagliano: arrivano all’Olimpiade e si sentono arrivati, soddisfatti, prendono il kit, fanno le foto nel Villaggio, dove bisognerebbe arrivare con una mentalità diversa. Magari non vinci, ma provaci. Sembra che lo strano sia io. Nel 2012 avevo 17 anni,c’erano altri giovani. Io mi dicevo: è il massimo della vita l’Olimpiade, lasciamela giocare anche se ho 17 anni. Ci si adagia, invece: nazionale? Un punto d’arrivo". E Greg non smette di rimarcare quanti sacrifici siano necessari per arrivare in alto: "Penso a Chalmers che a 17 anni ha vinto l’Olimpiade nei 100 sl. Io sono andato via a 16 anni da Carpi a Ostia senza sapere se avrei vinto qualcosa, ma volevo provarci. Sembra quasi che scusiamo le prestazioni di alcuni ragazzi perché hanno bisogno di crescere. Da noi dicono: 17­/18 anni? Ma è giovane, va ancora a scuola. Io a 17 anni ero già campione europeo, a 18 anni sul podio mondiale. Può essere un caso, ma anche Detti ha fatto come me. E prima Federica Pellegrini: a 16 anni era a Milano, sarà un altro caso? Sembra che non ci si voglia mettere in gioco, che si abbia paura. Che aspettino i 20 anni per spostarsi di casa o cambiare. Le opportunità te le devi creare com’è successo a me e Gabriele. In Italia a quell’età pensi più a uscire con gli amici, al liceo dici: “Ho tempo, posso diventare forte piu avanti”. Invece non c’è tutto questo tempo. Più vai avanti e piu rimani indietro con gli altri: anche a livello psicologico non è facile. Le occasioni vanno sfruttate subito. Anche a me piace studiare, in questi anni darò materie e vorrei laurearmi: magari a Tokyo 2020 ci arrivo da dottore e proverò la doppietta in acque libere".