Quattro viti e non sentirle. Con una mano reduce da un'operazione di pochi giorni Ted Ligety non solo mette sci e caschetto, ma torna alla vittoria sulla pista di casa con proiezione mondiali. A Soelden la trappola ha tradito i più e il mezzo passo falso unito all'affermazione imponente di Hirscher aveva fatto gridare a un dominio giunto a conclusione. In realtà, mai giudizio fu più ardito.

Ligety, Hirscher e Pinturault. Il trio delle meraviglie, i giganti delle nevi che da tempo si scambiano le posizioni ma non la permanenza ai vertici, lanciano segnali chiari. Le prime uscite stagionali sono sempre poco veritiere, si prendono le misure per gli appuntamenti che contano e chi lotta per la coppa di cristallo ha bisogno di gestire per non finire il carburante alle battute finali. La Birds of Prey, che in Febbraio ospiterà la manifestazione iridata, rimette i fattori al loro posto, premiando la completezza e la solidità.

Su un tracciato vario e non troppo difficile, in cui si alternano falsipiani e muri, l'americano non infliggerà i consueti distacchi pesanti, ma riesce a trionfare praticamente senza quella mano, con cui ama appoggiarsi e sfilare tra le porte. In attesa di sapere che combinerà quando al 100%, il successo dal sapore di sentenza pesa così soprattutto sull'austriaco, molto sensibile alla rivalità col biondino e incapace di sfruttare la prima manche disegnata su misura da un suo connazionale, nonché apparso in qualche modo frenato anche dopo, per quanto più grintoso. Altra storia, invece, per il francesino, nuova stella del firmamento d'oltralpe, che sulla via della polivalenza capitalizza un nuovo podio (la tracciatura del tecnico si è sentita con 4 transalpini in top10) da appaiare a quello in SuperG.

Già, beato il SuperG da cui provengono saette azzurre di fiducia. Dalla trasferta americana rincuorano solo le prestazioni degli uomini-jet, con Paris maturato, Fill in crescita, Marsaglia efficace e la coppia Innerhofer-Hell in ripresa. In una squadra di gigante decimata dagli infortuni, Nani, infatti, uomo di punta con Simoncelli, paga la tara di ogni nostro portacolori: i tratti di scorrimento e la neve aggressiva sono mal digerite. La parte iniziale è arrembante, ma dopo il ripido, dove serve morbidezza e fluidità, cede alla foga tagliando troppo e terminando 14°. Più indietro gli altri. Se doveva essere pure un test in chiave mondiale, il bicchiere è mezzo pieno, con luci e ombre, qualche certezza e più di un dubbio, ma anche significative possibilità di rabbocco.