Dopo otto anni di assenza, i Cleveland Cavaliers tornano in finale Nba, rifilando un sonoro 4-0 a dei derelitti Atlanta Hawks. Risultato assolutamente inimmaginabile soltanto dodici mesi fa, quando i Cavs erano alle prese con la scelta n. 1 al draft, frutto di una stagione disastrosa - l'ennesima- senza LeBron James. La sconfitta dei Miami Heat in finale contro i San Antonio Spurs e la successiva decision (la seconda, dopo quella del 2010) di LBJ di tornare a casa, hanno segnato il punto di svolta per una franchigia mai vincente, che sembrava destinata a restare nell'anonimato Nba. Il ritorno di James, l'arrivo di Kevin Love dai Minnesota Timberwolves in cambio di Andrew Wiggins, e la conferma di Kyrie Irving come point-guard hanno completamente ribaltato le gerarchie nella Eastern Conference, accreditando da subito i Cavs come la favorita per l'accesso alle Finals. Dopo un'altalenante regular season e dei playoff quasi perfetti, il percorso è compiuto, l'Est dominato e il trionfo vicino.

Gara-4 contro gli Hawks si è dimostrata una formalità, per James e compagni. Atlanta, esausta dopo le fatiche dell'overtime della partita precedente, ha praticamente da subito alzato bandiera bianca, concedendo agli avversari una vittoria mai in discussione. Ancora una volta, è stato LeBron a trascinare i suoi, stavolta con il contributo di Kyrie Irving, in campo a sorpresa, nonostante i non ancora sopiti problemi al ginocchio. A inizio gara l'entusiasmo e l'aggressività del Prescelto sono contagiosi. Irving, Mozgov e Thompson si adeguano con facilità e per Atlanta è già notte fonda. Gli Hawks non riescono a contenere l'attacco avversario che, pur senza impressionare, mette a referto 32 punti nel solo primo quarto, approfittando di una buona produzione dalla panchina, con Smith e Dellavedova che chiuderanno rispettivamente con 18 e 10 punti. Gli Hawks non abbozzano neanche una reazione, tirando con percentuali terribili dall'arco (15,6% da tre) per una squadra che aveva costruito i suoi successi nella ricerca ragionata del tiro dalla lunga distanza.

A fine primo tempo, il tabellone dice 59-44 a favore dei Cavs. La seconda frazione prosegue sulla falsariga della prima con James a dominare la gara (spettacolare una sua schiacciata che fa la gioia dei fotografi) e Tristan Thompson attivissimo sui due lati del campo, a ridicolizzare Paul Millsap come già accaduto durante tutto il corso della serie. Atlanta è spenta, piegata dagli infortuni e dalla forza degli avversari. Neanche il ritorno a pieno regime di Al Horford, dopo l'espulsione di gara-3, influisce sul rendimento della franchigia della Georgia, che si adatta fin troppo bene al ruolo di vittima sacrificale già designata. Gli ultimi dodici minuti sono puro garbage time, con coach Budenholzer che riconosce la sconfitta e manda in campo seconde e terze linee. Il finale è tutto dei Cavs, con la Quicken Loans Arena in delirio nel veder alzare il trofeo di vincitori della Eastern Conference. Persino il proprietario Dan Gilbert (durissimo in passato con LeBron, bollato come traditore per la scelta di "portare i suoi talenti a South Beach") e il general manager David Griffin si lasciano coinvolgere nell'esultanza in mezzo al campo.

Termina male la stagione degli Atlanta Hawks. Ed è un peccato se sol si considera che fantastica regular season abbiano disputato, e quanti progressi siano stati compiuti da una squadra che, pur arrivando sempre ai playoff negli ultimi anni, non aveva mai avuto una vera identità di gioco. Esce, ma a testa alta, coach Budenholzer, frastornato da ultime settimane da incubo, con infortuni (Korver e Carroll) e un calo di alcuni giocatori chiave (come Paul Millsap, impresentabile nella serie finale) a decidere le sorti della squadra. Grave anche l'assenza di Thabo Sefolosha, costretto a marcare visita per vicende extracampo. Per Atlanta è già tempo di pensare al futuro, a un mercato da vagliare attentamente, per cullare ancora sogni di titolo.

Chi invece non vuole fermarsi più è LeBron James che, dal canestro sulla sirena in gara-4 contro i Bulls è stato inarrestabile, conducendo i suoi a sette vittorie consecutive nei playoff (striscia ancora aperta). Ora, l'appuntamento tanto agognato con le Finals, da giocare senza il vantaggio del fattore campo. David Blatt, tanto bistrattato quanto sottovalutato, centra il suo primo grande traguardo all'esordio in Nba. Sa di poter contare su un fenomeno come James, e su una squadra che sta dimostrando una solidità complessiva di cui si dubitava, con la sola incognita delle condizioni di Kyrie Irving. Ma le Finals sono un'altra cosa rispetto ai playoff dell'Est, sia per la qualità degli avversari (con ogni probabilità i Warriors) sia per la pressione che avranno tutti i componenti dei Cavs. Ma se c'è qualcuno che è consapevole di tutte queste difficoltà, questo qualcuno è LeBron James, che giocherà la sua quinta finale consecutiva, primo a riuscirsi dai tempi di Bill Russell.