Una tegola pesante, pesantissima, si è abbattuta sulla stagione dei Boston Celtics. Dopo il tremendo infortunio di Gordon Hayward, fermatosi sostanzialmente dopo cinque minuti dall’inizio della stagione e che probabilmente rivedremo in campo solo quest’estate (è di pochi giorni fa, infatti, il video che lo vede correre per la prima volta senza aiuti esterni) e le tante assenze sparse durante la regular season, è arrivata ieri la notizia del KO di Kyrie Irving. Per l’ex-Cleveland, infatti, sarà necessario tornare sotto i ferri, di nuovo per risolvere i problemi cronici al ginocchio sinistro: in particolare, le viti fissate nel 2015 per curare la frattura alla rotula hanno generato infezione batterica, e verranno dunque rimosse. Notizia nerissima per Boston, che aveva visto il suo leader fermarsi e finire in sala operatoria già lo scorso 24 marzo, per un’operazione simile, con tempi di recupero stimati tra le tre e le sei settimane, comunque in tempo per il secondo turno dei Playoffs. La complicazione, invece, terra fuori Kyrie dai quattro ai cinque mesi.

È difficilissimo, se non impossibile, stimare quanto questa assenza potrà pesare sul destino di Boston, che si apprestava alla post-season da testa di serie numero 2 della Eastern Conference. Brad Stevens, dunque, perde il perno delle sue rotazioni, che nonostante le 18 partite già saltate in questa stagione si presentava come leader di squadra in quasi tutte le voci statistiche: dai minuti di impiego medio (32.2) ai punti (24.4) agli assist (5.1). I numeri forniscono solo uno spaccato parziale, è vero, ma importante, di quella che è stata probabilmente la miglior stagione della carriera di Irving, diventato condottiero assoluto di una contender dopo le stagioni in canotta Cavs, nonché una delle prime 4/5 point guards della lega. Nelle 18 gare senza Irving, i Celtics hanno segnato in media 4.1 punti in meno sui 100 possessi rispetto a quelli concessi solitamente dall’avversario di turno. Se l’attacco, ovviamente, fatica senza l’ottavo marcatore assoluto della lega, paradossalmente la difesa potrebbe guadagnarne: i rimpiazzi nel ruolo di point guard, Marcus Smart e Terry Rozier, garantiscono infatti una migliore tenuta difensiva rispetto al campione NBA 2016, non esattamente celebre per le sue prestazioni nella propria metà campo.

Parlando più a livello generale, il gioco di Boston senza Irving è meno accentrato attorno ad un solo violino e più distribuito: il numero 11, quando in campo, si prende oltre il 30% delle conclusioni totali del quintetto titolare, mentre senza di lui Rozier, Brown e Tatum passano da meno del 20% al 23%. Altro dato che potrebbe lenire la disperazione dei tifosi dei leprecauni è quello sul tiro da tre: nonostante il play titolare tiri con il 40%, la percentuale di squadra è leggermente migliore senza lui (38.3) che con (37.6).

Al netto di tutti questi numeri, però, nessuno in Massachusetts potrà evitare le preoccupazioni del caso: blindata la seconda posizione, tra i Toronto Raptors ed i Cleveland Cavaliers, i Celtics si scontreranno all’inizio dei Playoffs contro la settima testa di serie, posto conteso tra Heat, Wizards e Bucks. Tra le tre, probabilmente, Milwaukee, per caratteristiche del roster e precedenti, rappresenta l’avversaria più abbordabile, soprattutto a confronto con l’imprevedibilità di Miami ed una Washington che potrà contare sul rientro al massimo delle capacità del suo leader John Wall. In qualsiasi caso, per Boston sarà tutto tranne che una passeggiata: Brad Stevens dovrà organizzare al meglio le rotazioni e tenere tutti sulla corda, dato che oltre ai già citati Irving ed Hayward mancherà anche Marcus Smart.
In caso di passaggio alla semifinale di Conference, le cose si farebbero ovviamente ancora più difficili: al momento il terzo posto, che rappresenterebbe l’ipotetico avversario di secondo turno, è al centro di un duello tra Cleveland Cavaliers e Philadelphia 76ers. Sui primi c’è poco da dire, con LeBron James che come ogni anno porterà il suo gioco, e quello dei suoi compagni, ad un livello superiore in postseason, rendendo verosimilmente la vita un inferno a qualsiasi avversario. La squadra di Brett Brown, invece, è nel bel mezzo di una serie di 12 vittorie consecutive e, nonostante l’incognita sulle condizioni di Joel Embiid, con il rientro di Markelle Fultz e le prestazioni del candidato a Rookie dell’anno Ben Simmons si dimostra un pericolo da non sottovalutare. In entrambi i casi, Boston arriverebbe alla serie da sfavorita, ed anche in caso di impresa, in finale di Conference potrebbe trovare quella Toronto che, da prima testa di serie, ha sconfitto i ragazzi di Stevens con un margine di 18 punti lo scorso mercoledì.

Insomma, senza la principale stella del roster le aspettative dei tifosi Celtics verranno alquanto ridimensionate: una stagione dura, ma tutto sommato positiva, poteva avere un finale sfolgorante, ma verosimilmente finirà molto prima del previsto. Mai sottovalutare le immense capacità di un vero e proprio mago del gioco come Brad Stevens, ma date le condizioni, le possibilità di vincere il titolo (o quantomeno di tornare a disputare le NBA Finals per la prima volta dal 2010) sembrano tutte rimandate al prossimo anno.