Se la serie contro gli Oklahoma City Thunder poteva essere considerata difficile ma tutto sommato abbordabile, per le caratteristiche degli avversari, la semifinale degli NBA playoffs della Western Conference è ora una montagna da scalare per gli Utah Jazz di Quin Snyder. Dopo essersi preso lo scalpo di OKC (o di OK3, a seconda delle interpretazioni), i Jazz affrontano ora la testa di serie numero uno del fronte occidentale, gli Houston Rockets di Mike D'Antoni, James Harden e Chris Paul. I texani sono lanciatissimi verso la finale di Conference, traguardo che inseguono ormai da una stagione e che vorrebbero raggiungere come trampolino di lancio per le NBA Finals. Quin Snyder contro Mike D'Antoni è una sfida nella sfida, che può essere semplificata nell'organizzazione contro il corri e tira. Utah esegue alla grande con il talento disponibile, Houston ha costruito un sistema che va oltre le sparatorie dall'arco. E' una serie che ha un favorito chiaro nei Rockets, non solo per il fattore campo, ma anche a causa dell'infortunio di Ricky Rubio, k.o per un problema muscolare patito in gara-6 contro i Thunder, che dovrebbe rimanere fuori per una decina di giorni, quindi per quasi tutta l'eliminatoria.

IL CAMMINO

Non hanno praticamente sbagliato nulla gli Houston Rockets, protagonisti di una regular season di altissimo livello, che li ha visti detronizzare i Golden State Warriors dal primo posto a Ovest. Nonostante qualche infortunio iniziale che ha colpito prima Paul e poi Harden, i texani hanno veleggiato verso il primo posto forse sin dall'opening night, sera della vittoria in overtime alla Oracle Arena. Solo nel finale della regular season la banda D'Antoni ha accusato qualche passaggio a vuoto, tradottosi in mancanza di ritmo, base essenziale del gioco di Houston. Il primo posto era comunque già assicurato, e il famoso pace è stato comunque ritrovato - eccezion fatta per gara-3 - nella serie di primo turno contro i Minnesota Timberwolves, spazzati via per inesperienza e per un sistema offensivo (e difensivo non all'altezza). I Jazz sono invece partiti male, complice l'assenza di Rudy Gobert e gli scompensi dovuti all'addio di Gordon Hayward, ma lungo il cammino hanno scoperto una pepita d'oro nel talento del rookie Donovan Mitchell, hanno rilucidato le doti di passatore (in alcune occasioni anche realizzatore) di Ricky Rubio, infilando una striscia di vittorie impressionante nel 2018, per chiudere al quinto posto a Ovest. Il resto è storia recente, il 4-2 contro i Thunder che ha esaltato l'organizzazione e il gioco della squadra di Snyder, sempre lontana dai riflettori, ma splendida in una lega di superteam.

I SISTEMI DI GIOCO

Come anticipato, ridurre al corri e tira il sistema offensivo degli Houston Rockets è ingeneroso per Mike D'Antoni e i suoi giocatori. Senza dubbio i razzi della città della NASA preferiscono alzare i ritmi, avere quattro - a volte anche cinque - tiratori sul perimetro, ma la loro pallacanestro non è quella dei Phoenix Suns dei seven seconds or less. Non fosse altro per la presenza di James Harden, MVP in pectore, che non ama troppo correre e che ha comunque la tendenza a fermare la palla, a cercarsi isolamenti e a giocare serie di pick and roll con l'unico vero lungo della squadra, Clint Capela. Una doppia dimensione che rende pericolosissimi i Rockets, capaci di trovare quarti da cinquanta punti, sia nella loro versione a metà campo che in quella di transizione e contropiede. Miglioratissima la difesa dei texani, che ha proprio in Capela un intimidatore al ferro e ha aggiunto due giocatori di ruolo come Luc Mbah a Moute e P.J. Tucker. Fondamentale l'apporto di Chris Paul, la mente lucida dei Rockets, che sa quando spingere e quando no, oltre a contribuire alla grande nella propria metà campo. La pallacanestro offensiva di Utah è un'orchestra che suona invece a ritmi più bassi, date le caratteristiche dei giocatori. Il movimento di uomini - e palla, con ottimi passatori - è fondamentale per Snyder, che ha in Donovan Mitchell un realizzatore micidiale, attivato quasi sempre dopo una serie di extrapass, con Rubio e Ingles trattatori di palla. Rudy Gobert è il perno difensivo dei Jazz: il francese cambia completamente la configurazione della protezione del canestro della sua squadra, oltre a essere un gran rimbalzista offensivo e giocatore di pick and roll. Tutto da verificare l'impatto dell'assenza di Rubio, rifiorito a Salt Lake City. 

I ROSTER 

Più profondo dello scorso anno quello dei Rockets, che hanno aggiunto un certo Chris Paul a una squadra già estremamente competitiva. CP3 si divide le mansioni di playmaking con James Harden, in uno dei backcourt più completi dell'intera lega, mentre i vari Trevor Ariza, Luc Mbah a Moute e P.J. Tucker ruotano al loro fianco, come specialisti difensivi e tiratori scelti (meno il secondo). Eric Gordon è un'arma letale in uscita dalla panchina, non solo per le sue capacità balistiche, ma in generale per le sue doti di realizzatore. Nenè dà il cambio a Capela, mentre Ryan Anderson è un falso quattro che deve ancora trovare ritmo dall'arco in questi playoffs. Detto di Mitchell, Rubio e Gobert, i Jazz completano il quintetto di partenza con Derrick Favors, lungo che gioca negli spazi e Joe Ingles, playmaker ombra e tiratore per Snyder. Sinora poco impatto dalla panchina per Dante Exum, Royce O'Neale, Jonas Jerebko e Ekpe Udoh, mentre è sicuramente più incisivo sui due lati del campo Jae Crowder, giunto in inverno dai Cleveland Cavaliers.

LE CHIAVI DELLA SERIE

Quin Snyder dovrà decidere subito con chi rimpiazzare Ricky Rubio. L'allenatore di Utah non ha disposizione un altro giocatore comparabile - per caratteristiche - allo spagnolo. Le alternative sono rappresentate da Dante Exum, che però non è un passatore e forse neanche un playmaker nell'accezione antica del termine, e Royce O'Neale, esterno in grado di ricoprire più ruoli, ma non in grado di creare vantaggi. I Jazz dovranno cercare di abbassare i ritmi, di "anestetizzare" i Rockets, un po' come fatto lo scorso anno dai San Antonio Spurs in chiusura di serie. Operazione difficile, perchè Houston è cresciuta in consapevolezza e profondità, con un Chris Paul in più. Mike D'Antoni non derogherà alla sua pallacanestro: punteggio alto, tiri da tre e palla in mano a James Harden, con la possibilità di vedere in campo, per spezzoni di partita, anche quintetti senza lunghi di ruolo, magari per mettere in estrema difficoltà Gobert. I Jazz sperano che il magic moment di Donovan Mitchell continui il più a lungo possibile. Nel frattempo si affideranno alla loro solidità difensiva e a un gioco di continuità offensiva, consapevoli che la differenza di talento è loro sfavorevole.