Una grande prestazione, dopo una gara-1 esplorativa era nelle previsioni di tutti. Addetti ai lavori, critici, tifosi. E LeBron James ha risposto presente: 42 punti, 12 assist, 10 rimbalzi, tripla doppia d'ordinanza dopo una brutta sconfitta. Che non è stata sufficiente ai suoi Cleveland Cavaliers per evitare un altro rovescio al TD Garden di Boston contro i Celtics di Brad Stevens, ora avanti 2-0 nella Finale della Eastern Conference. Questi i punti chiave di una gara-2 allo stesso tempo prevedibile e sorprendente: 

"Zero concern". Era il livello di preoccupazione di LeBron dopo gara-1, sostanzialmente non giocata dai Cavs, andati in perlustrazione a Boston per vedere che aria tirasse. Una volto scoperto che questi Celtics non avevano intenzione di fermarsi, James ha fatto buon viso a cattivo gioco con i media, con tanto di documentato report delle giocate iniziali del quarto quarto, per poi prepararsi alla sua maniera per la partita successiva. Le immagini di LBJ sul parquet incrociato del Garden con diverse ore di anticipo rispetto alla palla a due hanno fatto il giro del web, ed è stato chiaro a tutti che LeBron avesse compreso perfettamente l'importanza della posta in palio.

Aggressività e primo tempo sontuoso. James non si è lasciato demoralizzare da un paio di giocate difficili in apertura, si è messo in modalità gara-2 contro gli Indiana Pacers, iniziando a segnare da tre punti e con un ormai affidabilissimo tiro in fade away. Marcus Morris, Jaylen Brown, Jayson Tatum: in uno contro uno in pochissimi possono farci qualcosa. I Celtics hanno subito la tempesta, hanno resistito rimanendo a contatto alla loro maniera ("Celtics basketball", ha detto Al Horford) e anche approfittato di un problema al collo occorso al Prescelto, dopo un contatto con il giovane Tatum.

Il secondo tempo: la solitudine. Forse condizionato dalla botta ricevuta, LeBron è andato in calando nel corso della ripresa, non solo per percentuali dal campo, ma soprattutto per intensità. Non fanno tanto testo le palle perse, indotte da una gran difesa e fisiologiche per un giocatore che ha sempre la sfera tra le mani, quanto piuttosto la difficoltà a superare le due linee difensive di Boston. I biancoverdi - come ormai tutte le squadre NBA d'élite - difendono molto lontano da canestro, in territori un tempo inesplorati. Possibilità concessa loro dai grandi atleti di oggi, e che costringe anche un fenomeno come LeBron a dover far tanta strada prima di arrivare al ferro. A Stevens non può dispiacere un James che tira tanto in sospensione: sono tiri contestati, difficili, di un fuoriclasse, ma rimangono pur sempre due punti, una volta eliminate le triple. 

Il resto di Cleveland, assente. Con LeBron alle prese con gli aggiustamenti dei Celtics, i Cavs avrebbero dovuto avere di più da tutti gli altri giocatori del roster. Kyle Korver è sparito dopo un buon primo tempo, Kevin Love si è acceso a intermittenza, J.R. Smith si è fatto notare solo per un fallaccio su Al Horford (flagrant two). Il solo Tristan Thompson non ha mai abbandonato davvero la contesa. Troppo poco per supportare The King, anche perchè Jordan Clarkson, Rodney Hood e Jeff Green non hanno dimostrato di poter incidere a questi livelli. 

La difesa, imbarazzante. Dopo gara-1, coach Tyronn Lue aveva insistito sull'attacco dei Cavs, e sulle triple aperte sbagliate dalla sua squadra. Cleveland è ripartita da lì, segnando sul solco trascinato dal proprio leader, ma anche un vantaggio in doppia cifra contro una squadra offensivamente limitata (ma ben organizzata) può non bastare se gli errori di comunicazione difensivi sono continui. Korver è stato attaccato fino allo sfinimento, il movimento di palla dei Celtics ha generato ottimi tiri per i vari Rozier, Horford e Morris. Jaylen Brown è stato gigantesco sui due lati del campo, esattamente come il giovanissimo Tatum. Ma il colpo finale è giunto da Marcus Smart, simbolo di questi Celtics: uno che si arrangia in attacco, ma che non molla niente e che è stato decisivo anche a rimbalzo offensivo. Il quarto quarto ha premiato Boston, con un'energia doppia rispetto a quella degli avversari. 

Le prospettive. Da un punto di vista tecnico, è chiaro da tempo cosa fanno i Boston Celtics. Accettano cambi in difesa e muovono la palla in attacco, nella consapevolezza di poter sempre trovare una crepa in quel lato del campo di Cleveland. I Cavs hanno invece modificato quintetto, ma Stevens non si è fatto cogliere impreparato, schierando per tratti della partita anche tre lunghi contemporaneamente (Baynes, Horford e Morris), senza per questo pagare dazio in termini di rapidità nei cambi. Il LeBron versione tripla doppia non è bastato, ma la serie è apertissima, perchè in trasferta i Celtics si espongono maggiormente alle loro difficoltà in attacco. In questo momento il fattore Q (Quicken Loans Arena) è forse il miglior compagno di squadra di un James abbandonato a se stesso, che non a caso nel postpartita ha provato in tutti i modi (da pacche sulle spalle a messaggi in conferenza stampa) a tenere vivi i sodali. Da solo, a questi livelli, può poco anche lui.