E alla fine arriva Kevin Durant. Dopo una gara-1 sotto le aspettative, una gara-2 chirurgica ma non scintillante, quantomeno per l'hype che da anni accompagna questo giocatore, KD è letteralmente esploso nel terzo episodio della serie delle NBA Finals contro i Cleveland Cavaliers, dando ai Golden State Warriors il punto del 3-0 alla Quicken Loans Arena. Un'atmosfera, quella dell'Ohio, che a Durant deve piacere parecchio. Alzi la testa chi non ha immediatamente pensato alla tripla dello scorso anno, nella stessa gara-3, messa a referto dal numero trentacinque stanotte, nell'ultimo minuto di gioco. L'ultima piuma - per dirla alla Flavio Tranquillo - che ha sollevato i Warriors e tramortito i Cavs, dopo 43 minuti di pallacanestro, in cui ha tirato 15/23 dal campo (43 punti), ha catturato 13 rimbalzi e fornito ai compagni sette assist. Ma la prestazione di KD non basta a spiegare la vittoria dei Dubs, ora a un passo dal titolo. 

- Cleveland, partenza lanciata. Ce lo si aspettava. E Cleveland è partita forte, un 16-4 di parziale che lasciava intendere come ci fossero tutti i presupposti per un cambio di rotta nella serie. Nessuna modifica del quintetto, solo tanta aggressività. Il solito LeBron James, inarrestabile (fantastica la sua remix, meravigliosi i suoi assist), un Kevin Love estremamente consistente sui due lati del campo, e finalmente triple a bersaglio. Con il Beach Boy e con J.R. Smith, rigenerato. I Cavs hanno giocato un gran primo tempo offensivo, ma non è bastato. Rimbalzi offensivi, secondi possessi, la freschezza di Rodney Hood: Golden State ha resistito e replicato. 

- Le due facce dei Cavs. I Cavs del primo tempo, splendidi difensivamente nella difesa del tiro da tre - molto meno nelle situazioni di taglio al ferro - non hanno saputo sostenere lo sforzo. Uno sforzo non solo fisico, ma anche mentale. Entrare in campo nel terzo quarto, subire un paio di canestri da JaVale McGee, capire che l'uragano Durant non si sarebbe arrestato: in pochi secondi i Warriors hanno spiegato al pubblico di The Q che non avrebbero mollato la presa. Cleveland ha provato a rispondere colpo su colpo e fino alla fine, ma le percentuali al tiro sono calate in maniera impressionante. Love e Smith sono sostanzialmente spariti, uno stanco LeBron ha attaccato il ferro ma non ricevuto supporto, se non da Tristan Thompson e Rodney Hood, ma soprattutto i Cavs hanno sbandato in difesa, subendo canestri facili nel finale da Bell, Iguodala, Thompson e Green. Al resto ha provveduto Kevin Durant. 

- LeBron James, impossibile chiedere di più. Tripla doppia da 33 punti, 11 assist e 10 rimbalzi in 47 minuti di gioco. Il fatturato del solito LeBron James, che le ha provate tutte per vincere la prima gara della serie. Gesti barbari, penetrazioni contro tutto e tutti, palle al laser per i tiratori, una tripla (nel finale), ma ancora una sconfitta. Stanco nel finale, solo e con lo sguardo perso nel vuoto contro Durant. Solo responsabilità dei compagni di squadra? No, non solo. Il LeBron di oggi vuole sempre la palla in mano, ha in un modo o nell'altro allontanato due point guard di livello (Irving e Thomas), circondandosi di tiratori e di un lungo di energia. Nella Eastern Conference tutto ciò basta, contro Golden State Warriors è molto lontano dall'essere sufficiente. Al di là di dove andrà tra qualche settimana, è questo il primo spunto di riflessione per il suo futuro.

- Golden State, macchina anche senza gli Splash Brothers. Leggi il tabellino e ti ritrovi Steph Curry con 11 punti (3/16 al tiro) e Klay Thompson con 10 (4/10) e pensi che Golden State, in trasferta, abbia perso di venti. Invece ha vinto. E non solo perchè ha Kevin Durant, il realizzatore più completo dell'NBA, ma perchè ha una cultura che - come sottolineato da Zach Lowe di Espn - non dovrebbe sussistere in una franchigia che ha quel tasso di talento collettivo. I Warriors sono una macchina di pallacanestro, difendono, aspettano le partite, sono consapevoli della loro grandezza. Rischiano, come fa Draymond Green con gli arbitri, a volte si specchiano, ma sono allenati in maniera magistrale. La loro difesa è clamorosamente sottovalutata. 

- Kevin Durant, il risolutore. In molti, nell'estate 2016, criticarono l'arrivo di Durant a Oakland. Vero, non una "scelta competitiva", ma bisogna riconoscere che KD era esattamente ciò che mancava ai Warriors. Squadra a cui serviva verticalità in difesa e un giocatore in grado di togliere le castagne dal fuoco in attacco quando il flusso offensivo veniva meno. Ecco chi è Durant per Golden State, uno che risolve problemi. Esattamente come stanotte, quando ha sopperito alla serata no degli Splash Brothers con una prestazione inverosimile. Difficile commentare i suoi canestri, basti ricordare che la varietà di colpi è sostanzialmente illimitata. 

- I due supporting cast. Per una volta quello di Cleveland ha fatto il suo dovere (eccezion fatta per Kyle Korver, soffocato dai Dubs), mentre quello dei Warriors ha continuato sulla falsariga di inizio serie. JaVale McGee ha dato minuti di qualità, verticale in attacco e in difesa, Shaun Livingston ha fornito sapienza e capacità di stare in campo, Jordan Bell è stato l'atleta che serviva a Kerr. Ma tutto a Golden State nasce da Draymond Green: l'Orso Ballerino ha sempre spinto sull'acceleratore, ha litigato con gli arbitri come d'abitudine, si è preso sulle spalle la difesa e non si è negato un paio di canestri in taglio risultati decisivi. Con tutti i difetti del mondo, è un giocatore imprescindibile per Golden State.

- La variante Iguodala. Le due vittorie di Oakland avevano fatto dimenticare quanto fosse importante Andre Iguodala per i Warriors. Con lui a disposizione Steve Kerr ha potuto schierare gli Hamptons Five (o coma lineup, come viene definito oltreoceano il quintetto con lui, Green, Durant, Thompson e Curry). Iggy ha dato prima tranquillità, poi ha fatto la differenza in difesa, infine ha contribuito in attacco, leggendo gli errori difensivi dei Cavs. E' sempre lui il miglior attore non protagonista. 

- Le prospettive. Da oggi si comincia a parlare del futuro di LeBron James, ma c'è una gara-4 da giocare, e il Prescelto non ha alcuna intenzione di subire uno sweep. In casa i Cavs proveranno a disputare un'altra prestazione di energia e di orgoglio. I Warriors potrebbero anche lasciare lì un punto, anche se con LeBron è meglio chiudere il prima possibile ogni discorso.