Si è conclusa lunedì, nel deserto dell'Arizona, la 79esima edizione del Torneo NCAA che ha incoronato reginetta del torneo collegiale americano i North Carolina Tar Heels. Un Torneo che è andato via portandosi con sè i soliti assortimenti di sorprese, emozioni, delusioni e magnifiche favole da raccontare a figli e nipoti. Come al solito ci sono stati momenti di pura adrenalina, da incorniciare, da rinchiudere in un cassetto, quello dei ricordi, ed attingerne quando si è giù, presi e scaraventati via dal velo nostalgico che ci accompagnerà in questi mesi, lunghi, senza basket collegiale giocato. Ecco, il buzzer beater siglato sulla sirena da Chris Chiozza, quello che ha dato la vittoria ai suoi Florida Gators contro la velenosa Wisconsin, e quello mandato a bersaglio da Luke Maye nel match delle Elite Eight, in cui il canestro sulla sirena dell'ala dei Tar Heels ha proiettato alle Final Four di Phoenix la sua squadra, a discapito dei Kentucky Wildcats, hanno entrambi l'effetto di un'efficace medicina per combattere l'astinenza a cui andremo incontro. Questi, senza ombra di dubbio, i momenti più entusiasmanti, eccitanti dell'intero torneo. Da vedere e rivedere, fino alla noia, che son sicuro non vi persuaderà mai:


Come sempre, la manifestazione ha riservato belle storie, affascinanti, e ci ha fatto innamorare della Cinderella di turno: South Carolina, sospinta tra le grandi dal suo 'Robin Hood' Sindarius Thornwell. Dopo aver ottenuto la prima vittoria in una fase finale della March Madness dal lontano 1973, i Gamecocks, spinti dalla guardia classe 1994, hanno abbandonato il torneo soltanto in semifinale, sconfitti da Gonzaga, dopo un più che soddisfacente cammino, impreziosito da vittorie, record e tanta, tanta euforia. Proprio Thornwell, miglior marcatore del torneo, ha bagnato il suo esordio rifilando 29 punti a Marquette e dopo la sconfitta patita in semifinale contro Gonzaga, ha dichiarato, fiero: "Abbiamo dato il massimo, più di questo non potevamo fare. È stata un'esperienza unica, la porterò sempre dentro di me"

Un'altra grande sorpresa è stata Xavier, che proprietaria della seed numero 11, si è fatta largo nel tabellone estromettendo dalla corsa al titolo squadre del calibro di Maryland, Florida State, ma soprattutto Arizona, in quello che è stato uno degli upset più bello dell'intera manifestazione. Xavier è riuscita a mettere da parte il brutto Febbraio costellato da qualche sconfitta di troppo e dall'infortunio subìto dallo scorer principe Edmond Sumner, costretto a saltare l'intera manifestazione per un problema al ginocchio, ma è stata in grado di riprendere la retta via, il sentiero maestro, grazie alla guida sapiente dei vari Trevon Bluiett, JP Macura e Sean O'Mara, tutti atleti che hanno vissuto di certo i migliori momenti delle rispettive giovani carriere.

Abbiamo anche visto la commovente prestazione di Matthew Fisher-Davis che ha tenuto a galla la sua compagine, Vanderbilt contro Northwestern con i suoi 22 punti, di cui 14 dopo l'intervallo, ma che è scomparso negli ultimi minuti di gara, porgendo su un piatto d'argento la vittoria ai rivali, tra il tripudio festante dei tifosi tinti di bianco e viola. E' stato infatti suo il fallo che ha poi dato il là a Northwestern di superare il primo turno realizzando i liberi decisivi.

Ci siamo divertiti ed appassionati guardando Derrick Walton jr, guardia dei Wolverines che ha messo sul parquet, nella sfida contro Oregon, anima e cuore, cercando di portare più in alto possibile la sua Michigan, conducendola alle Sweet Sixteen. E la sua missione era quasi vicina al raggiungimento, ma quando aveva bisogno di un ultimo colpo nei secondi finali per matare i Ducks, è caduto, come è caduto l'intera fiaba Wolverines.

Non possiamo non nominare Lonzo Ball, e la sua UCLA, partita sotto i riflettori ma inceneritasi via via che il Torneo è entrato nel vivo, nella sua fase più calda ed incandescente. La compagine californiana è stata eliminata prematuramente, rispetto alle attese dei maggiori addetti ai lavori, ed alle previsioni dei media, alle Elite Eight, e giustiziere di Ball è stata Kentucky, creatura creata in laboratorio del totem John Calipari. La sconfitta di UCLA testimonia ancora una volta il fatto che i successi debbano forzatamente passare attraverso il duro lavoro, certosino, e non solo con le parole, e qui, ad una delle famiglie più discusse degli ultimi mesi in America, quella dei Ball, il discorso forse non è ancora chiaro, particolarmente nitido.

Il Torneo ha come sempre provocato vittime illustri, compagini favorite che sono crollate sotto i colpi di squadre nettamente inferiori, presentatesi ai nastri di partenza della March Madness con l'intento di divertirsi, e poco più: è il caso dei Villanova Wildcats, estromessi al secondo turno dai Wisconsin Badgers, facendo imbufalire non poco il coach Jay Wright che ha tuonato, immediatamente dopo la sconfitta: "Bisogna sempre essere concentrati al massimo quando si affrontano queste partite. Non bisogna dare nulla per scontato, noi non siamo stati all'altezza e dunque usciamo dalla competizione meritatamente" oppure l'eliminazione di Duke, messa all'uscio dalla rivelazione South Carolina, ma che comunque ha ottenuto gli elogi del suo coach Mike Krzyzewski: "Abbiamo avuto comunque un'anima di squadra, e dato tutto in campo senza mai risparmiarci. Se fai ciò, devi essere sempre considerato una buon team, e noi lo siamo stati".

Insomma, tante emozioni e colpi di scena, partite decise negli ultimissimi secondi, all'ultimo possesso. Scelte scriteriate, e lampi di pura classe hanno dipinto il tabellone della March Madness 2017 fino alle Final Four disputate all'University of Phoenix Stadium. Due semifinali dettate dal profondo equilibrio che hanno sancito come finaliste North Carolina e Gonzaga, un Championship Game forse non esaltante come ce lo immaginavamo, come lo sognavamo, ma che comunque ha confermato il fascino, la forte avvenenza del Torneo più 'pazzo' del mondo. E poi, il finale lo conosciamo tutti...

Questo il video "One Shining Moment", emozionatevi: