Alla fine la spunta Reggio Emilia. Sarà ancora la squadra di Max Menetti, un anno dopo, a tentare l'assato allo Scudetto del basket italiano in finale contro l'Armani Milano. La compagine emiliana, al termine di una gara-7 a dir poco entusiasmante per emozioni vissute ed equilibrio, ha incoronato Kaukenas e compagni, freddi e maggiormente cinici rispetto ad una Sidigas Avellino che ha lasciato sul parquet del PalaBigi fin troppe recriminazioni per alcuni possessi chiave gettati alle ortiche. Qualificazione e vittoria meritata quella di Della Valle e soci, abili e capaci di esaltarsi nei momenti cruciali di una serie infinita e, al culmine delle emozioni ed al crepuscolo delle residue forze, di piazzare i colpi decisivi e far valere le armi che, per tutta la serie, hanno conferito ai padroni di casa qualcosa in più rispetto alla ostica avversaria irpina. 

La serie è stata molto più equilibrata di quanto abbiano detto i punteggi finali delle singole partite, nelle quali ha spesso prevalso la voglia da parte delle squadre di far rispettare il fattore campo e la capacità di esaltarsi davanti al pubblico amico. Sette partite, altrettante vittorie interne, nessun break cestistico che ha permesso di violare i rispettivi catini, inespugnabili anche in stagione regolare. Chi recrimina, ovviamente, è Pino Sacripanti, che al netto di una stagione clamorosa, nella quale la franchigia irpina è letteralmente esplosa nella seconda parte della stagione con una lunghissima serie di vittorie consecutive che hanno trascinato Avellino al terzo posto in classifica, paga nei minuti finali delle sfide in casa di Reggio la scarsa esperienza di un gruppo che si presentava a questi palcoscenici per la prima volta in carriera. Fin troppo in erba ed inesperta la Sidigas, che ha pagato dazio soprattutto negli ultimi minuti della gara-7 di ieri sera, quando da una parte Kaukenas, Silins e Lavrinovic hanno avuto mano fredda e cinismo da killer, uccidendo la gara dalla distanza (nonostante le migliori percentuali dalla distanza degli irpini), mentre gli encomiabili Nunnally, Ragland e Cervi si sono spenti progressivamente tra la delusione che inevitabilmente ed inseorabilmente incombeva.

Non solo: con il passare dei minuti si è fatta sempre più lampante la difficoltà fisica dei protagonisti ospiti, costretti a ruotare con solo otto persone a referto per tutta la durata della serie (e con Acker al di sotto delle proprie possiblità, fisiche e mentali). La scarsa lucidità nella gestione dei possessi finali ha precluso ad Avellino la possibilità di giocarsi la sfida fino agli ultimi secondi: sono almeno quattro le occasioni, ghiottissime, avute dalla Sidigas nell'ultimo periodo, quando prima Ragland, poi Nunnally, hanno tradito le attese dei tifosi irpini che vedevano l'aggancio a portata di mano. Sconfitta bruciante, che però fa il paio con una crescita esponenziale, dei singoli individui ma anche di squadra, e che sembra destinata, in futuro, a dare a Sacripanti ed i suoi le giuste soddisfazioni sportive. 

D'altro canto, la maggiore predisposizione di Reggio Emilia a giocare questo tipo di partite, sia per esperienza di squadra negli ultimi anni, che dei singoli protagonisti, ed una panchina visibilmente più lunga (basti pensare che la rotazione degli emiliani ieri vedeva fuori Gentile e Veremeenko), ha permesso ai reggiani di spuntarla sulla sirena della serie, con Kaukenas che a fine gara ha elogiato e non poco l'ardua resistenza dei rivali. Vittoria meritata e legittima quella di Menetti e dei suoi, che hanno saputo stringere i denti quando, dopo il -50 di gara-4, hanno subito voltato pagina vincendo la gara immediatamente successiva (ed era tutt'altro che facile). Una chiave di volta che ha infuso nuova tranquillità e serenità al gruppo, maturo e fermamente convinto delle proprie potenzialità e che guarda, un anno dopo, ad una nuova possibilità di vincere lo Scudetto.