Una sconfitta salutare quella rimediata dall'Italia nella finale dell'International Basketball City Tournament contro il Canada, che ha messo a nudo nel primo test davvero probante dell'estate azzurra alcuni difetti che Ettore Messina ed il suo staff - nella settimana che porterà gli azzurri al PalaRuffini di Torino - dovranno necessariamente analizzare e perfezionare. La serata del PalaDozza ha confermato il netto cambiamento di registro per quanto riguarda intensità e dettami difensivi - sconosciuti fino all'inizio di questa estate - che hanno permesso per lunghi tratti agli azzurri di restare a galla nel punteggio, mettendo toppe qua e là ad un attacco che mai ha trovato con facilità e continuità la via del canestro. 

In primis da sottolineare le assenze che hanno condizionato le rotazioni del coach catanese, che dalla palla a due ha dovuto - volutamente - rinunciare ad Andrea Bargnani, ed in corso d'opera ha visto prima Marco Belinelli, poi Daniel Hackett abbandonare il campo forzatamente. L'assenza della guardia ex Sacramento Kings è quella che ha pesato maggiormente sull'esito finale del match. Gioco forza - per caratteristiche individuali - gli azzurri hanno forzato oltremodo le soluzioni all'interno dell'area, senza avere quasi mai l'apporto del tiro dalla distanza che avrebbe aperto non poco le maglie difensive canadesi. Spazi congestionati che hanno favorito e non poco il piano tattico della squadra di Triano, abile nel chiudere grazie ad una fisicità estrema le vie verso l'anello e ripartire in transizione, dove Ennis ha spesso messo a soqquadro la retroguardia italiana. 

Laddove l'Italia invece è riuscita a restare in partita - ed era l'aspetto che maggiormente interessava gli addetti ai lavori - è a difesa schierata, dove soltanto le clamorose letture di Scrubb, Birch e Bennett hanno scalfito le certezze della nostra Nazionale. Da rivedere e perfezionare le rotazioni sulle situazioni di pick and roll, dove spesso l'aiuto dal lato debole è tardato ad arrivare. Tuttavia, intensità selvaggia ad inizio gara e nei possessi decisivi, principi già discretamente meccanizzati in situazioni di aiuto e recupero e spirito di sacrificio di gruppo hanno permesso ai ragazzi di Messina di forzare numerose palle perse all'attacco avversario, riuscendo spesso in transizione a porre rimedio alle difficoltà che abbiamo avuto in cinque contro cinque. Manovra lenta e involuta - forse soltanto in apparenza causa assenze - soprattutto quando in campo c'erano in contemporanea Gentile, Aradori, Melli ed il lungo di ruolo: ne è scaturita una squadra che ha riempito fin troppo l'area e quasi mai pericolosa da oltre l'arco. I penetratori non hanno mai trovato la strada libera verso il canestro - come invece era accaduto con Hackett ad inizio gara - e la serata nefasta al tiro, di Gallinari su tutti, ha fatto il resto. 

In vista dell'inizio del torneo torinese la strada disegnata sembra molto più rosea di quanto visto ieri sera, dove al netto del risultato finale, delle pessime percentuali e delle assenze, l'Italia ha dimostrato di essere viva e di potersela giocare con qualsivoglia avversario. Certo, questa era notizia già attestata con largo anticipo, ma le migliorie apportate da Messina e la convinzione con la quale gli azzurri stanno mettendo sul parquet i dettami assimilati lasciano ben sperare per le gare da qui a venire.