Ci sono delle edizioni di un evento sportivo, di qualsiasi genere e di qualsiasi portata, destinate a rimanere nella storia per tanto tempo, probabilmente per sempre. Nel caso del nostro Paese, e nel caso dei Giochi Olimpici, sarà praticamente impossibile dimenticare il torneo a cinque cerchi di basket disputato ad Atene nel 2004. E non solo perchè è arrivata una storica medaglia di argento, ma per il gran cumulo di emozioni e i tanti momenti meravigliosi vissuti al seguito di Carlo Recalcati e dei suoi fantastici dodici alfieri, i quali ci hanno regalato soddisfazioni e - diciamocela tutta - infarti a raffica fin dall'inizio della spedizione olimpica.

Una spedizione che era iniziata in maniera clamorosa. Era il 3 agosto, quando gli spettatori presenti all'arena di Colonia si stropicciarono più volte gli occhi di fronte a quell'Italia così forte, ben messa in campo, efficace e a tratti anche spettacolare, ma soprattutto capace di mandare al tappeto gli Stati Uniti. Pozzecco che ridicolizzava Iverson, Galanda che mandava al manicomio gli allora astri nascenti James ed Anthony, e i tiri ignoranti di un Basile che a fine partita avrebbe collezionato 25 punti con ben sette triple mandate a bersaglio. I presupposti per vivere una grande estate a spicchi, dunque, c'erano tutti, tanto che un girone con Serbia e Montenegro, Spagna, Nuova Zelanda, Cina e Argentina faceva paura il giusto. L'esordio avvenne contro i Tall Blacks, con una partita dalle due facce vinta con il brivido. Il Baso tira tanto da tre, forse troppo, ma ci pensa Pozzecco con la sua fantasia ad evitare guai contro le triple di Penney e lo strapotere fisico di Jones e Marks.

I limiti dell'Italia sembrano emergere nuovamente, proprio nel momento più importante, tanto che l'ambiente non sembra vivere nella maniera giusta la sfida contro i campioni del mondo della Serbia e Montenegro. Bodiroga, Radmanovic e Rakocevic fanno paura, ma gli azzurri giocano una gran partita contro una delle principali accreditate a conquistare una medaglia. Tomasevic fa il bello e il cattivo tempo sotto canestro, l'Italia paga un terzo quarto disastroso nella metà campo offensiva e non le basta il tentativo di rimonta negli ultimi minuti. Finisce 74-72, la qualificazione torna a rischio e la prossima gara si gioca contro la Spagna. Nella rivincita della finale europea del 1999, Recalcati spreme oltremodo Bulleri e Basile, anche perchè Pozzecco non gioca, e continuano ad emergere problemi sotto canestro, contro giocatori del calibro di Gasol, Garbajosa e Reyes. Il resto lo fa la precisione delle Furie Rosse dalla lunetta e l'ottima difesa: finisce 71-63 Spagna, il cammino azzurro rischia di incepparsi già all'inizio.

Per fortuna dell'Italia, al quarto turno del girone arriva la Cina che oltre a Yao Ming mette in mostra ben poco. È la partita giusta per ritrovare le giuste sensazioni, perse nelle due gare precedenti. Sale in cattedra Galanda, che giocando da 4 non può essere marcato dal suo dirimpettaio orientale quando si presenta sulla linea dei tre punti, e torna alla ribalta Pozzecco, che fa letteralmente impazzire tutta la nazionale cinese. Finisce 89-52, Recalcati può tornare a sorridere in vista del match con l'Argentina. È una partita durissima, in cui a spiccare tra i Pumas sono soprattutto Scola e Ginobili. Ma ecco che continua l'ottima stella del Pozz, oltre alle uscite preziose dalla panchina di Radulovic e Righetti, i quali approfittano dei minuti ottenuti per l'esclusione di Basile e il riposo prolungato per Galanda. L'Italia vince ed è seconda nel girone, alle spalle della Spagna, e ottiene un buon sorteggio ai quarti, dove affronta Porto Rico.

Contro una squadra che unisce tanto talento a pochissima applicazione difensiva, salgono nuovamente in cattedra i soliti due, Gianmarco Pozzecco e Gianluca Basile: sei gli assist del playmaker giuliano, diciotto i punti della guardia di Ruvo di Puglia, mentre Marconato riesce finalmente a vivere una serata da protagonista, con 15 punti e 12 rimbalzi. Gli azzurri tengono a bada i centro-americani nella prima metà di gara, per poi dilagare nei minuti cruciali. Finisce 83-70, e una spedizione che sembrava nei guai a metà del suo percorso ottiene la certezza di finire tra le prime quattro ad Atene.

Arriva la temibilissima e solidissima Lituania. Qualche nome? I fradelli Mindaugas ed Eureljius Zukauskas, Ramunas Siskauskas, Saulius Stombergas, Arvydas Macijauskas, Sarunas Jasikevicius. L'inizio è da shock anafilattico, i baltici bombardano ma noi riusciamo a rispondere rendendo pan per focaccia, con Basile che dimostra subito di avere qualcosa di speciale nelle mani e nella testa. Poi arriva il primo break azzurro, firmato soprattutto da un Pozzecco strepitoso e inarrestabile da chiunque provi ad intralciargli la strada. Tutto sembra funzionare nel migliore dei modi, Galanda inizia a bombardare e c'è gloria anche per Marconato con un paio di stoppate clamorose. Ma l'inizio del quarto periodo è tragico per l'Italia: Stombergas infila dodici punti in fila con tre triple ed un and-one, la Lituania torna in vantaggio e le energie fisiche e mentali sembrano scarseggiare per gli azzurri. Però la compagine di coach Sireika non ha fatto i conti con due fenomeni, il primo si chiama Basile e il secondo si chiama Galanda: triple di sfrontatezza, di sangue freddo, quasi di ignoranza da parte dei due bombardieri italiani, che riportano il vantaggio addirittura in doppia cifra, coadiuvati da un Soragna capace di risultare prezioso proprio quando serve. Jasikevicius e commpagni non riescono a rispondere, nonostante il dominio quasi totale a rimbalzo. L'Italia festeggia, sogna e ringrazia i suoi campioni.

Si va dunque in finale. Chiunque si aspetta gli Stati Uniti per un rematch 25 giorni dopo Colonia. Invece arriva l'Argentina, che ha sorpreso gli americani e dunque vogliono vendicarsi del ko patito cinque giorni prima nell'ultima gara del girone. Pepe Sanchez, Manu Ginobili e Luis Scola contro il Baso, Jack Galanda e il Pozz. Ancora una volta l'Italia inizia male per poi riprendersi alla distanza, soprattutto nel primo quarto contro il lungo che allora dominava il pitturato con la canotta del Tau Vitoria. Ginobili nella sala dei comandi è semplicemente sublime, in casa azzurra faticano ad entrare in partita i big grazie anche alla gran difesa impostata da coach Magnano, un altro che impareremo a conoscere bene in Italia. La panchina di Recalcati riporta sotto la nostra Nazionale nel punteggio, fino al vantaggio ottenuto a metà del terzo quarto, ma Scola e Ginobili continuano a scrivere manuali di pallacanestro mixando alla perfezione l'ispirazione dell'ex virtussino e la forza bruta del lungo. Così l'Argentina torna a volare nel punteggio e a sfiorare la doppia cifra di vantaggio a metà del quarto periodo. Ci pensa Montecchia ad aumentare il divario tra le squadre con un paio di bombe clamorose, la partita di fatto finisce lì, con gli azzurri che non riescono più a rientrare, accettando il verdetto del campo e pensando anche di aver fatto qualcosa di clamoroso arrivando fino alla finale per l'oro.

In ordine prettamente numerico: Nikola Radulovic, Gianluca Basile, Giacomo Galanda, Matteo Soragna, Denis Marconato, Gianmarco Pozzecco, Alex Righetti, Rodolfo Rombaldoni, Massimo Bulleri, Michele Mian, Roberto Chiacig e Luca Garri. I dodici alfieri del coach Carlo Recalcati che hanno contribuito - chi più chi meno - ad una cavalcata straordinaria, in cui i momenti emozionanti vissuti in due folli settimane hanno preso il sopravvento sulla delusione per una medaglia d'oro sfumata.

Fu una spedizione clamorosa, quella che tornò dall'Ellade con un argento che all'inizio era decisamente insperato, ma che dopo l'impresa di Colonia sembrava poter arrivare, e che dopo il doppio ko nella fase a gironi sembrava nuovamente una chimera. È vero che dopo quella doppia medaglia - l'argento olimpico fece seguito al bronzo europeo dell'anno prima - l'Italia ha raramente visto la luce sul fronte del basket e sta ancora cercando quella generazione che faccia rivivere le imprese dei Basile, dei Pozzecco, dei Galanda e dei Soragna. Ma è anche vero che questa spedizione ha fatto rivivere una regola aurea per lo sport: guai a dare per morta, o per sfavorita, l'Italia.