L'immagine della serata e, probabilmente della stagione dell'Avellino del basket è quella del gigante buono, Kyrilo Fesenko, che in lacrime lascia il PalaDelMauro dopo l'eliminazione, cocente, di ieri sera. Non basta il cuore e la reazione di orgoglio alla Sidigas per avere la meglio di una splendida Reyer Venezia in gara 6 delle semifinali Playoff Scudetto. I lagunari si impongono, dopo aver vinto gara 4 e 5 ed aver ribaltato la serie, anche nel sesto atto della serie, confermando di essere una bestia nerissima per gli irpini di Sacripanti, superati ben otto volte nei dieci precedenti stagionali. Una superiorità, quella degli oro-granata, legittimata anche al crepuscolo di una serie che Avellino ha comunque provato a portare a casa con abnegazione e spirito di enorme sacrificio, che non è bastata di fronte allo smodato atletismo della squadra di De Raffaele ed alle percentuali stratosferiche da tre punti che hanno condizionato l'esito dell'ultima sfida. 

Eppure, qualcosa, nel primo tempo, sembrava poter essere cambiato, con il coach avellinese abilissimo nello scongelare Jones dalla tribuna al posto di un abulico Levi Randolph. Avellino decide, forse tardi, di giocarsi le sue carte e di far valere la sua fisicità sotto le plance, con lo statunitense naturalizzato che rispetto a Fesenko - comunque positivo il suo apporto - riesce a togliere tempo agli aiuti della difesa veneziana, consentendo ai direttori d'orchestra di avere delle linee di passaggio migliori, molto più veloci per evitare il blitz del raddoppio ospite. L'avvio, di energia, di voglia pura, degli irpini, lascia presagire ad una serata delle solite dei ragazzi di Sacripanti, la cui benzina va scemando però di minuto in minuto. L'entusiasmo viene meno con il passare delle azioni, inversamente proporzionale all'intensità difensiva di una Venezia le cui rotazioni profondissime consentono a De Raffaele di alternare vorticosamente i suoi senza perdere agonismo ed efficacia.

Gli ospiti sembrano, nonostante lo svantaggio, padroni della gara ed il break che nel secondo quarto capovolge l'inerzia dell'incontro lo conferma: ancora una volta è il secondo quarto a spaccare in due la contesa; così come era accaduto in tutte le vittorie dei lagunari, Avellino stacca la spina troppo presto, con Ragland, Green e Logan incapaci - complice la scarsa lucidità di fine stagione - di attaccare con continuità i raddoppi veneti, mentre dalla parte opposta il 10/16 messo a bersaglio da Haynes e compagni rimanda il pensiero alle gesta dei Golden State Warriors nelle Finals NBA in corso di svolgimento. 

L'asfissiante difesa di Venezia su Logan  - Foto SportAvellino
L'asfissiante difesa di Venezia su Logan  - Foto SportAvellino

Lo svantaggio, all'intervallo, sembra screditare le possibilità e le velleità di una pronta rimonta e, l'atteggiamento in avvio di ripresa degli ospiti, è quello di voler chiudere il prima possibile i giochi. Il vantaggio cresce a dismisura, fino a toccare i quattordici punti di svantaggio. La sospensione di Sacripanti scuote gli irpini, nell'animo e nell'orgoglio prima ancora che nel fisico e nelle gambe. La reazione, di testa, è quella di Joe Ragland, ultimo ad ammainare bandiera bianca: le scorribande del leader carismatico, oltre che tecnico, degli irpini, sono utilissime a dimezzare lo svantaggio, anche se un paio di layup facili sbagliati agevolmente sono la fotografia di uno stato fisico precario, oramai in riserva.

Venezia tira i remi in gondola dopo aver scollinato oltre la doppia cifra di vantaggio a quattro minuti dal termine, senza fare i conti con l'orgoglio dei lupi: Logan, forse fin troppo passivo nella ventina di minuti centrale della gara, piazza la tripla centrale che da speranze al pubblico di casa, prima di rubare la palla del -3. Avellino vive il minuto finale in una bolla mistica, la difesa permette all'ex sassarese di avere a disposizione, in penetrazione, la palla del possibile meno 1, ma l'appoggio è impreciso e le speranze campane finiscono sul ferro assieme alla sfera. 

La stagione della Sidigas Avellino finisce qui, a testa altissima, con qualche rimpianto ma con la consapevolezza di aver dato tutto per un sogno, che in fin dei conti non è mai stato così concreto e reale, tangibile. Gli irpini si fermano, ancora una volta, ad un passo dall'atto conclusivo del campionato: al di là della delusione, la sensazione è quella che, in Irpinia si stiano costruendo delle basi solidissime per puntare, in grande, verso il futuro; le delusioni, le sconfitte, sono propopedeutiche alla maturazione ed al compimento del processo fisiologico di crescita che può soltanto portare a migliorarsi sempre in futuro.