“Trovare l’America” è il desiderio di chiunque decida di coltivare i propri sogni. Alessandro Gentile, la chiave per una felice stabilità l’ha già trovata. Sulla targhetta identificativa c’è scritto Olimpia Milano: eccola la sua terra della fertilità, la sua America. Per i prossimi giorni, con il team milanese, sarà impegnato in due amichevoli nel nuovo continente. Merito dello Usa Tour che vedrà i ventisei volte campioni d’Italia ed il Maccabi Tel Aviv contendersi  a colpi di canestro le simpatie dei tifosi americani sui parquet di Chicago e New York. 

Chiamato in causa sulle colonne dell’edizione odierna di Tuttosport, Ale “Magno” parla con la solita schiettezza tendente per i più a forma di arroganza. Quello sguardo profondo, affamato, ornato dalle buone prove raccolte sui campi di Berlino e Lille non hanno che accresciuto la sua esperienza e fama. Eppure tutto quello che è extracestitco gli si presenta come corpo estraneo: "Soldi? Immagine? Fama? Non bado ai soldi, contano, ma ci sono cose più importanti: i principi. Io mi sento normale, anzi in pubblico mi imbarazzo dando una diversa impressione di me". La nuova stagione biancorossa che prendera quota tra gli isolati della Lega più spettacolare del mondo, si affida ad una squadra totalmente rinnovata. Rinfrancata dal proprio capitano che considera l’Olimpia una sola anima "Qui sono tutti importanti dal magazziniere al presidente. I nemici sono fuori". Pronto a ripartire da zero mettendoci la faccia.

Ale, il bilancio europeo.

"Ho letto molto su quell’ultima azione con la Lituania. Io mi sono assunto le mie responsabilità. Non era l’ultima azione della gara, eravamo in parità. Ho tentato di cercare lo spazio per il tiro e non l’ho trovato. Potevamo gestirla meglio ma non è detto che avremmo comunque segnato. Si vince e si perde insieme. Ora è il turno del preolimpico. Speriamo che l’entusiasmo che la Nazionale ha ultimamente istaurato possa rimanere. Il movimento ne ha bisogno. Cosa mi ha dato l’Europeo? Tantissimo. A partire dalla possibilità di giocare a livelli altissimi. Un bagaglio di esperienze che cercherò di sfruttare al meglio". 

E’ partita una nuova avventura con Milano. Lei e Cerella i soli rimasti.

"Effettivamente è una squadra con una nuova filosofia. Siamo tutti concentrati per trovare la chimica giusta anche se ci vorrà tempo. Prima della Supercoppa avevamo svolto solo tre allenamenti assieme. Ci stiamo conoscendo, dobbiamo migliorare, ma c’è energia e voglia. La strada è quella giusta. Un’Olimpia più europea? Lo scorso anno qualcosa ci è mancato a livello di intesa. Ma è giusto non parlare più del passato. Ora c’è più esperienza a livello di Eurolega. Lafayette, Macvan, Jenkins. Mi sembra ci siano più certezze e meno scommesse". 

La trasferta in Usa vi aiuterà a compattarvi?

"Il viaggio non è che aiuti, avremo spostamenti, impegni. Al rientro affronteremo Boston (6 ottobre Nba Global Games al Forum). Ma posso dire che giocare nelle arene Nba di Chicago e New York è stimolante. Faremo gruppo, siamo entusiasti di questo impegno. Non vedo l’ora di entrare al Garden, un tempio. E sono curioso perché è la prima volta che vado negli States. Alla scoperta". 

Lei, capitano, è al centro del progetto. A 22 anni.

"Lo si dice da due anni. Io cerco di migliorare il più possibile. Cerco di aiutare i nuovi compagni ad inserirsi presto. Non sono al dì sopra degli altri, ma insieme a loro. Così si vince. E poi non sono più giovane, ho una barba importante, invecchio. I miei obiettivi personali? Oltre a vincere, voglio crescere. So di non essere ancora completo. C’è da lavorare, sulle letture, sul fisico". 

Ritrova Repesa, suo mentore a Treviso. E’ cambiato?

"E’ sempre uguale, ha cuore, cerca di trasmettere energia. E’ stato fondamentale per la mia crescita: lo spirito di sacrificio e l’impegno anche oltre l’allenamento comune. Cura i fondamentali, è severo ma giusto".

Ha rinviato l’approdo nell’ Nba. Ma ora va a mostrarsi di là.

"A questo non ci penso, per niente. Verrà il momento di decidere. Sono rimasto a Milano prolungando, perché è la cosa migliore dal punto di vista sportivo e umano. E provo riconoscenza verso la società che mi ha dato tantissimo".

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