I Toronto Raptors sono sempre stati guardati dal resto della NBA con un pizzico di ironia, se non altro per il fatto di essere l'unica squadra non statunitense della lega; una franchigia che in 21 anni di storia ha vinto una sola serie di playoff e spesso ha collezionato stagioni perdenti. Ricordate How I met your mother e come uno dei personaggi principali, Robin Scherbatsky, sia oggetto dell'ironia dei propri amici per il solo fatto di essere canadese? Ecco, i Raptors hanno vissuto in questi anni più o meno la medesima situazione. Sembravano essere condannati ad un'esistenza mediocre, incapaci di creare un nucleo di giocatori solido per diventare una delle prime forze della Eastern Conference.

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Qualcosa, però, è cambiato nel 2013 quando Masai Ujiri è diventato il nuovo Gm. L'ex general manager dei Nuggets è famoso nella lega per la sua capacità di imbastire trade, rivoluzionando, se è il caso, l'intera squadra. Lo scambio che ha portato Carmelo Anthony a New York con Gallinari, Chandler, Felton e Mozgov ai Nuggets è una delle sue operazioni più celebri.
Ujiri non ha timore anche di scegliere al draft giocatori che sono dei perfetti sconosciuti: nel 2014, per esempio, si è presentato ai suoi nuovi tifosi selezionando al primo giro il brasiliano Bruno Caboclo, non esattamente uno dei prospetti più quotati.

In poco tempo Ujiri è riuscito a cedere i giocatori non funzionali al progetto (su tutti Andrea Bargnani e Rudy Gay) aggiungendo i giusti pezzi del mosaico. Oggi Toronto ha delle serie possibilità di battere per il terzo anno consecutivo il proprio record di vittorie in regular season. Se dovesse mantenere questo ritmo andrebbe oltre i cinquanta successi stagionali, superando il primato di franchigia di 49 partite vinte realizzato nella passata stagione.

Attualmente con 35 vinte e 17 perse si trova al secondo posto nella Eastern Conference, con tre sole partite di distanza dai Cavs primi e tre di vantaggio sui Celtics terzi. Hanno vinto otto degli ultimi dieci incontri e porteranno due giocatori, Kyle Lowry e DeMar DeRozan, all'All Star Game che si giocherà guardacaso proprio a Toronto. I Raptors, insomma, non sono più la barzelletta della lega. Il merito di questa rinnovata immagine è anche di una strategia di re-branding, iniziata nel 2013 e portata avanti, tra gli altri, dal rapper Drake nominato ambasciatore mondiale del marchio Raptors. Oggi la campagna "We The North" rappresenta l'orgoglio di una squadra, di una città e di una nazione intera, in grado di dire finalmente la sua nella lega di basket più famosa al mondo.

Gli anti-Warriors

Ovviamente i Raptors non possono essere considerati gli anti-Warriors, nonostante nei due confronti diretti stagionali Golden State abbia faticato molto ad avere la meglio dei ragazzi di coach Casey. Toronto può vantare, tra l'altro, vittorie contro contender del calibro di Thunder, Spurs, Cavaliers e Clippers (due volte). I Raptors sono, invece, gli anti-Warriors per il loro modo di giocare che per alcuni aspetti può essere considerato antitetico rispetto a quello della squadra di coach Kerr.
Il sistema di Golden State prevede un continuo movimento della palla, con ribaltamenti e pick and roll che consentono il più delle volte ai giocatori degli Warriors di prendersi un tiro aperto da tre o di arrivare con relativa facilità al ferro. Non è un caso che siano primi per percentuale di canestri assistiti (68.4%) e per numero di canestri assistiti per cento possessi (20.6). In entrambe le categorie i Raptors, invece, sono tra le peggiori squadre della lega: penultimi, per la precisione, per AST% (50.8%) e quartultimi per AST Ratio (14.8).

Toronto è, dunque, una squadra che sembra andare contro la tendenza della nba moderna, che ha visto negli ultimi anni trionfare delle compagini straordinarie per circolazione della palla ed abilità nel tiro da tre. I Raptors non tirano tantissimo da dietro l'arco (23.2 triple tentate a partita contro le 30.5 degli Warriors), ma riescono ad essere estremamente efficienti quando provano a concludere da tre. Sono, infatti, terzi in nba per percentuale di squadra nel tiro da tre punti (36.8%), dietro solo a Golden State e San Antonio. Per il resto Toronto si affida alle straordinarie capacità di attaccare il ferro delle sue due guardie: Kyle Lowry e DeMar DeRozan.

DeRozan è il quarto giocatore della nba, tra le guardie, per punti nel pitturato (9.0), dietro solo a Westbrook, Wade e Wiggins. Il prodotto di Usc è diventato un insospettabile portatore di palla nel pick and roll, una caratteristica che ha arricchito enormemente il suo arsenale offensivo. DeRozan è bravissimo a navigare sui blocchi e ad attaccare con il giusto tempismo il ferro, mettendo in mostra anche una serie di esitazioni e trucchetti da giocatore esperto. È al momento il terzo giocatore della lega per tiri liberi tentati a partita (8.3) e soprattutto è diventato un attaccante in grado di scaricare sul perimetro ai compagni (viaggia a 4.1 assist di media che corrisponde anche al suo career high). DeRozan, dunque, non è più solo un giocatore da situazioni di isolamento, ma è diventato anche un ottimo portatore di palla nel pick and roll ed un tiratore discretamente affidabile, se è vero che sta tirando con il 33% da tre, come mai ha fatto in carriera.

I Raptors sono così riusciti a diventare una rivale credibile per i Cleveland Cavs grazie all'impatto delle loro due guardie. Perché se è evidente a tutti il rendimento da All Star di DeRozan, non è da meno quello di Kyle Lowry, tant'è che l'ex giocatore dei Rockets partirà addirittura in quintetto nell'All Star Game di domenica. Quest'estate Lowry ha seguito una dieta speciale, riducendo del 25% sale e grassi; un rivoluzione nelle proprie abitudini alimentari che gli ha permesso di mantenere una condizione fisica adeguata nel corso di tutti i mesi di regular season fin qui disputati. Già l'anno scorso il play dei Raptors era partito fortissimo, salvo poi perdersi con il trascorrere della stagione, dimostrando come la forma atletica fosse uno dei suoi principali punti deboli. Il Kyle Lowry di quest'anno è un giocatore migliorato sotto i punti di vista: fisicamente, tecnicamente e caratterialmente. È lui, infatti, il leader emotivo dei Raptors, il giocatore che si carica la squadra sulle spalle nei momenti decisivi della partita e lo ha dimostrato, ad esempio, questa settimana nel match contro Portland, quando con 11 punti nell'ultimo periodo è riuscito ad arginare la rimonta dei Blazers.

Ma il salto di qualità più grande rispetto alla passata stagione i Raptors lo hanno compiuto senza dubbio nella metacampo difensiva. Oggi Torono è tra le prime dieci squadre della lega per Def. Rating e Net Rating. L'anno scorso ai playoff vennero a galla tutti i limiti difensivi di un team con delle importanti carenze strutturali. Le mosse effettuate in estate da Ujiri sono state da questo punto di vista fondamentali. Gli arrivi di Carroll, Biyombo e Joseph hanno fornito a Toronto quella identità difensiva che gli è sempre mancata. L'apporto dell'ex play degli Spurs è stato incredibile, superando ogni più rosea aspettativa. Corey Joseph è in grado, infatti, di marcare tutti i tipi di guardie, dando equilibrio alla difesa e fornendo un apporto silenzioso quanto efficace in attacco.

Il play canadese possiede il miglior Defensive Rating della squadra: con lui in campo i Raptors concedono solo 97.2 punti per cento possessi contro i 106.4 quando lui è in panchina. I numeri spiegano alla perfezione l'importanza di Joseph nell'economia di gioco della compagine canadese. Anche altri gregari come Patterson, Scola e Biyombo stanno fornendo il loro contributo. Casey è riuscito a creare un gruppo solido, capace, ad esempio, di superare egregiamente l'infortunio del proprio centro titalare, Jonas Valanciunas, fuori per un mese per un problema ad una mano. Oggi i Raptors sono una squadra difficile da affrontare, con un pubblico entusiasta che riempie puntualmente l'Air Canada Centre. Forse, allora, We The North può essere davvero uno slogan vincente dentro e fuori dal campo. E questo per Toronto è già un successo.