"Tutti gli uomini con i baffi devono superare quella fase in cui sembrano avere un raccapricciante aspetto da pedofilo. Superata quella fase, i baffi sono una roba di classe.
Non importa quello che dicono le donne, falli crescere e basta".

Iniziamo con una premessa: Steven Adams non è un semplice giocatore di basket, un role player determinante nella vittoria degli Oklahoma City Thunder contro i San Antonio Spurs.
Adams è Will Ferrell nel corpo di un All Blacks, l'uomo nero che non è nato per spaventare i bambini, ma per interpretare un ruolo in Scary Movie.
La paura è una sensazione che il nativo di Rotorua - ridente cittadina neozelandese nota ai più per i suoi geyser e per un odore non esattamente gradevole causato dallo zolfo - non conosce. Lo dimostra in ogni partita.
Non importa chi si trovi davanti, non esiste alcuna deferenza da parte sua nei confronti dei futuri hall of fame, né timori per quelli più grandi e grossi di lui (pochi a dire la verità).
Steven Adams sembra, al contrario, trarre vigore ed energia dal contatto con gli avversari, provoca e si lascia provocare, entra nella pelle dei suoi rivali ed è totalmente indifferente ai colpi altrui.
La sua reazione più scomposta è stata fin qui una risata.

I suoi avversari non perdono occasione per mostrare la loro "simpatia" nei suoi confronti.

Il vero spettacolo è però fuori dal campo, dove si sprecano le frasi ad effetto. Da quando Adams è stato scelto dai Thunder nel 2013, essere un giornalista al seguito di Okc è diventato uno dei mestieri più divertenti del basket americano, come se già non bastasse seguire da vicino le vicende di due dei più grandi giocatori della lega.
Le media sessions con Adams sono uno show, tra battute esilaranti, aneddoti sulla sua vita e commenti sugli avversari. Del resto ci aveva avvisato in tempi non sospetti:
"Non voglio essere come uno di quei giocatori gentili che dicono ai media solo le cose giuste. Io non so neanche quali siano le cose giuste.
Dico solo tutto quello che mi viene in mente
".
Ed è proprio così: Adams è un personaggio totalmente senza filtri. Se volete conoscere alcune delle sue migliori dichiarazioni, vi rimandiamo a questa lettura.

Il giocatore neozelandese non lascia trasparire alcuna emozione e sembra avere poche passioni. Una di queste, però, è particolarmente pronunciata ed è quella per il cibo.
Recentemente Nick Collison, suo compagno di squadra ad Okc, ha raccontato di come il nostro eroe mangi a qualsiasi ora del giorno assorbendo una quantità enorme di calorie.
Lo stesso Adams ha dichiarato di aver assaggiato ogni tipo di piatto e di essersi spinto un giorno, a Taiwan, a mangiare persino testicoli di maiale (!).

Il personaggio, dunque, è speciale, persino per un mondo, come il basket nba, che ha accolto personalità e storie di tutti i tipi.
Basterebbe solo parlare della sua famiglia per capire che tipo di romanzo abbiamo di fronte. Adams è il più giovane di 18 figli avuti dal padre Sid con 5 mogli diverse.
La particolarità della famiglia Adams, però, non è il numero della prole, ma la prestanza fisica: l'altezza media dei suoi fratelli è di 2 metri e 6 centimetri e una delle sue sorelle, Valerie, è stata due volte campionessa olimpica di lancio del peso (2008 e 2012).
Il percorso di Steven sembrava essere quello di tanti giovani neozelandesi che finiscono per praticare rugby a medio o alto livello. A lui, invece, la vita ha riservato altro. A 14 anni il fratello Warren, per salvarlo dalla strada dopo la morte del padre, lo ha portato a Wellington per giocare a basket.
Sono passati solo 8 anni da quel momento ed ogni giorno Adams perfeziona il proprio gioco, sfruttando il fisico statuario sui due lati del campo e diventando un'icona tra gli appassionati per il suo fare scanzonato.

Il simbolo dell'essere Steven Adams è rappresentato senza dubbio dai suoi baffi. In questi mesi si sono sprecati i paragoni. C'è chi ha rivisto in lui il Dustin Hoffman di Hook e chi si è spinto in comparazioni con Johnny Depp in Mortdecai.
La storia dei personaggi sportivi che hanno deciso di portare con orgoglio i propri baffi è discretamente lunga. Da Mark Spitz a David Seaman, passando per Hulk Hogan e Valderrama, sono decine gli atleti che hanno fatto dei baffi uno dei loro caratteri distintivi.
Segno di un'antica e nobile eleganza, il baffo racconta la storia dell'uomo e del potere: i vertici delle nazioni sembravano non poterne fare a meno, fino ai giorni nostri, quando i baffi sono diventati un simbolo pittoresco, quasi irrisorio.
Oggi Adams condivide questo look con il suo compagno Enes Kanter ed è proprio grazie a questa insolita e bizzarra coppia, dentro e fuori dal campo, che i Thunder sono riusciti a prevalere, in maniera sorprendente, sugli Spurs.

Un dominio con i baffi

Partiamo da un dato. Con Adams e Kanter contemporaneamente in campo contro San Antonio, Oklahoma City ha avuto un Net Rating di 21.8, il più alto di squadra tra le coppie che hanno giocato più di 30 minuti insieme.
Nei minuti finali di gara 4, il match della festa della mamma di Kevin Durant per intenderci, Donovan ha sorpreso tutti decidendo di lasciare in campo sia il neozelandese che il turco.
I risultati sono stati incredibilmente positivi. I Thunder sono riusciti a sopperire alla difficoltà di Kanter nel difendere il pick and roll grazie ad una spaventosa efficienza offensiva, legata soprattutto alle capacità dei due lunghi di catturare tutti i rimbalzi disponibili.
Quando Kanter e Adams hanno calcato il parquet nello stesso momento Okc ha raccolto il 66,7% dei rimbalzi con un impressionante 45,1% di Offensive Rebound Percentage che diventa addirittura il 57,1% quando Donovan ha schierato il quintetto con Westbrook, Waiters, Durant, Kanter e Adams.

Questo vuol dire che più della metà dei propri errori sono stati tramutati in secondi possessi e in second chance points. Nella serie contro gli Spurs il duo Kanter-Adams ha messo insieme qualcosa come 40 punti complessivi dopo un rimbalzo offensivo catturato, una situazione che ha letteralmente distrutto San Antonio, soprattutto nei finali di partita.
La reticenza di Popovich a giocare con il quintetto piccolo e le cattive condizioni fisiche di Diaw hanno portato i Thunder a limitare i danni nella metacampo difensiva, con West, Duncan e Aldridge incapaci di portare fuori dall'area i lunghi di Okc e di svolgere un lavoro efficace da rollanti nel pick and roll.

Il lavoro egregio di Adams, però, va esteso anche ad altre parti del gioco. Durante la stagione regolare ha sviluppato una connetction devastante con Westbrook nelle situazioni di pick and roll. Il gioco a due tra il play ed il centro di Oklahoma City ha quasi interamente sostituito il pick and pop tra Westbrook ed Ibaka, uno schema molto utilizzato sotto la gestione Brooks.
Adams si trova nel settantanovesimo percentile tra i rollanti nel pick and roll, una situazione che lo colloca al sesto posto nella lega durante i playoff.
Per evitare una schiacciata o un appoggio facile del centro neozelandese le difese sono costrette ad adeguarsi, lasciando più spazio alle penetrazioni di Westbrook e agli scarichi per Durant. L'attacco dei Thunder riesce così ad essere più armonico, per quanto rimanga una squadra che prediliga gli isolamenti per le due stelle.

Come ha scritto recentemente Zach Lowe, Adams è diventato un giocatore chiave per Okc anche e soprattutto in attacco, dove è in grado di piazzare blocchi granitici per le uscite di Durant e di assicurare diversi secondi possessi.
I quattro migliori quintetti dei Thunder ai playoff come differenziale sui cento possessi vedono tutti e quattro Adams in campo, un dato reso ancora più evidente nella serie contro San Antonio, quando con il neozelandese in panchina i Thunder hanno avuto un Net rating negativo di 12 punti, il più basso di squadra.
Senza Adams Oklahoma City ha sofferto terribilmente, costringendo Donovan a portare i suoi minuti dai 25 di media della regular season ai 32 dei playoff.

Capiamo benissimo, allora, perchè i Thunder abbiano pronto il rinnovo contrattuale per lui (al momento ancora in rookie scale), che lo dovrebbe portare a guadagnare circa 15 milioni di dollari l'anno, diventando così l'atleta neozelandese più pagato.
Adams potrà dire allora di avere portato a termine la sua missione di far conoscere in maniera positiva il popolo neozelandese in tutto il mondo.

"Per me andare negli Stati Uniti significa rappresentare tutti i neozelandesi, perché la maggior parte degli americani non ha mai incontrato un neozelandese, è una cosa della quale devo tenere conto.
Se io fossi un idiota allora tutti penserebbero che i neozelandesi sono degli idioti
".
Ecco, questo è Steven Adams e noi, come tanti altri, lo amiamo senza mezze misure.