Dopo mesi di discussioni, ecco l'esito scontato di una vicenda che ha diviso a lungo la comunità Nba: la lega di pallacanestro più importante al mondo ha infatti scelto di non confermare Charlotte come prossima sede dell'All-Star Game. Niente North Carolina dunque, Stato del Sud in cui è in vigore una legge - il North Carolina House Bill 2 - che non garantisce gli stessi diritti (anzi discrimina) a omosessuali e transgender rispetto agli eterosessuali. Questo trattamento discriminatorio è in netto contrasto con la direzione presa da anni dall'Nba, ferma nel sanzionare quasiasi forma di omofobia. 

La decisione è stata comunicata ufficialmente con una nota ufficiale nel pomeriggio di ieri: "Da marzo, quando il North Carolina ha emanato l'HB2 e la questione della tutela giuridica da accordare alla comunità omosessuale è divenuta preminente, l'Nba e gli Charlotte Hornets hanno lavorato insieme per un dialogo costruttivo e per provare a ottenere dei cambiamenti sostanziali. In queste discussioni siamo stati guidati dai valori che hanno sempre accompagnato questa lega, che includono non solo la diversità e il rispetto per gli altri, ma anche la volontà di ascoltare e comprendere punti di vista differenti. L'All-Star Game è inteso come una celebrazione della pallacanestro della nostra lega, con tutti i valori che ci appartengono, insieme ai giocatori, alle squadre, agli arbitri, agli sponsor e ai tifosi. L'Nba riconosce di non poter decidere quali leggi debbano essere in vigore in ogni Stato in cui fare affari, ma allo stesso tempo non crede che sia possibile organizzare il prossimo All-Star Game a Charlotte, a causa del clima venutosi a creare con l'emanazione dell'HB2". 

Reazioni tutte dello stesso segno quelle dei giocatori più rappresentativi della lega. Soddisfatto Carmelo Anthony: "E' una decisione importante, ora vedremo cosa succederà da quelle parti d'ora in poi. Mi spiace per Michael Jordan e anche per l'Nba, come giocatori non pensavamo che si sarebbe dovuti arrivare a tanto". Deluso ma dalla parte di Adam Silver e dell'Nba anche Stephen Curry, che a Charlotte e in North Carolina è cresciuto: "E' un peccato perchè so quanto questo evento fosse importante per la città. Approvo la scelta ma rimango innamorato di Charlotte". Altre manifestazioni di sostegno all'Nba sono venute dai giocatori che rappresenteranno gli Stati Uniti alle prossime Olimpiadi, da Kevin Durant a Paul George, così come dagli sponsor e dalle televisioni che avrebbero dovuto produrre l'evento. I vertici politici del North Carolina hanno invece risposto per le rime: particolarmente significativa la reazione del governatore democratico Pat McCrory, secondo cui "vari gruppi ed èlite hanno contribuito a gettare fango sulla popolazione del North Carolina. Le famiglie americane dovrebbero sapere che alcuni gruppi corporativi stanno imponendo le loro idee politiche alle comunità dei luoghi in cui essi vogliono fare affari, bypassando in questo modo il naturale e democratico processo legislativo di uno Stato". Amareggiato anche Michael Jordan, proprietario degli Charlotte Hornets, che si era impegnato a fondo per portare un evento come l'All-Star Game in North Carolina, e che ora invece potrebbe svolgersi a New Orleans, in vantaggio su Chicago e Brooklyn per aggiudicarsi l'edizione del 2017.