Dopo essere stati per anni l'antagonista principale dei Miami Heat di LeBron James nella Eastern Conference, gli Indiana Pacers hanno intrapreso dalla scorsa stagione un percorso di ricostruzione che non si è ancora completato, ma che anzi è stato implementato durante questa estate Nba. Il presidente Larry Bird ha deciso che il ciclo con Frank Vogel in panchina era ormai chiuso, per ripartire quindi con Nate McMillan, già nello staff tecnico dei Pacers ed ex head coach dei Portland TrailBlazers.

A McMillan il compito di riportare Indiana ai playoffs dopo l'apparizione dello scorso aprile, quando Paul George e compagni furono eliminati in gara-7 dai Toronto Raptors di Kyle Lowry e DeMar DeRozan. Sui nuovi Pacers persiste però un equivoco di fondo: chiusasi l'era delle twin towers Roy Hibbert e David West, la franchigia aveva deciso di puntare su un quintetto fisicamente meno strutturato ma più adatto alle nuove tendenze delle pallacanestro Nba, in particolare aprendo il campo con un numero quattro versatile, in grado di tirare con continuità e buona precisione dall'arco dei tre punti. A questo scopo si è provato a schierare in quella posizione proprio Paul George, unica stella della squadra di Indianapolis, ricevendo in cambio alterni risultati. Una stagione contraddittoria si è comunque chiusa ai playoffs, ma Bird ha voluto cambiare nuovamente. Non solo un altro allenatore come McMillan, ma soprattutto un playmaker del livello di Jeff Teague, giunto nell'ambito di una trade che ha invece portato George Hill agli Atlanta Haws. Con Teague i Pacers avranno una point guard vera e propria (non lo sono stati negli anni i vari Augustin, Stephenson e Hill), nella speranza di evitare che sia Monta Ellis il giocatore sempre con la palla in mano alla Fieldhouse di Indianapolis. Backup di Teague sarà l'esperto Aaron Brooks, free agent in uscita da Chicago, in grado di garantire una buon fatturato in termini di punti come guida del secondo quintetto.

Eppure la metamorfosi dei Pacers non è stata completata. Il reparto lunghi è stato infatti ancora una volta rivoluzionato, ma non con giocatori capaci di aprire il campo. Al Jefferson, veterano ex Charlotte Hornets, resta un ottimo giocatore in post - uno dei migliori della lega - ma anche un centro vecchia maniera, stanziale e poco mobile, mentre Thaddeus Young, prelevato a peso d'oro dai Brooklyn Nets, garantisce maggiore atletismo ma non certo un raggio di tiro che si spinga oltre i nove metri dal canestro. Discorso simile per Lavoy Allen e Myles Turner, interessantissimo giocatore al secondo anno, chiamato però a mostrare qualcosa in più rispetto al pur ottimo tiro dalla media distanza. Lo stesso Jeremy Evans, lungo atletico ed esplosivo, non sembra al momento più che uno degli ultimi giocatori di rotazione. Resta ovviamente Paul George, fresco campione olimpico a Rio de Janeiro con Team USA, small forward dal talento superiore e difensore sottovalutato, ma troppo spesso giocatore di isolamenti.

La sua intesa con Teague sarà una delle chiavi dei successi (o degli insuccessi) dei Pacers: mentre ad Atlanta Teague gestiva il ritmo in una squadra che giocava a molti possessi a partita, e penetrava spesso per riaprire poi sui tiratori, qui il colpo dell'estate di Bird dovrà trovare una nuova dimensione, adattandosi alle caratteristiche dei compagni, tra i quali forse il solo C.J. Miles è uno specialista nel tiro da tre (non lo è Stuckey). Rimangono poi i giovanissimi Joseph Young e Glenn Robinson, per certi versi tutti da scoprire, esattamente come il rookie Georges Niang, power forward da Iowa State, scelto con la numero cinquanta all'ultimo Draft. La nuova Indiana è pronta a partire, obiettivo ancora i playoff della Eastern Conference.