Nell'estate della free agency più ricca e folle di sempre si può essere l'MVP in carica da due stagioni, nonché il giocatore probabilmente più famoso del mondo con LeBron James, e non figurare nemmeno nell top 50 degli stipendi Nba? Si, se il tuo nome è Stephen Curry e dovrai aspettare l'estate del 2017 per vederti riconosciuto quanto (economicamente) ti spetta.

Ma come è possibile che uno tra gli atleti più ricercati dagli sponsor, e che, lo scorso ottobre, ha rinnovato fino al 2024 l'accordo con l'Under Armour per una cifra vicina ai 200 milioni di dollari, al momeno guadagni poco più di 11 milioni a stagione (12.1 nel suo ultimo anno di contratto)? La ragione è molto più semplice di quel che si potrebbe pensare: l'attuale contratto (un quadriennale da 44 milioni di dollari complessivi, firmato nel 2012) di Curry rappresenta l'estensione di quello da rookie ed è il frutto di una scelta ponderata da parte del diretto interessato e del suo entourage,

Steph, infatti, avrebbe potuto testare la FA già nel 2013 quando, però, il suo rendimento, era ancora pesantemente condizionato dai ripetuti problemi alle caviglie. Si trovò, quindi, di fronte a un bivio: andare a guadagnare di più da un'altra parte ma con il rischio di un crollo dei proventi in caso di nuovi guai fisici, oppure restare nella Baia e ceracre di dimostrare lì le sue qualità e puntare in seguito al massimo contrattuale. Nonostante altri elementi del Draft 2009 avessero già trovato l'accordo per una ricca estensione del loro contratto (tra tutti Ty Lawson e Jrue Holiday con due quadriennali, rispettivamente, da 48 e 41 milioni) la scelta fu paradossalmente semplice. Curry, a suo tempo, la giustificò così: "Ho dovuto prendere una decisione consapevole e ricordare sempre a me stesso di lasciar perdere. Per me, un contratto da 44 milioni era più che sufficiente per prendermi cura della mia famiglia. Quando ho deciso di firmare l’estensione, mi sono detto che era la decisione giusta in quel momento. Sì, dovresti essere pagato per il tuo valore di mercato, per quello che vali, ma a quel tempo, e per i 4 anni successivi, mi andava bene così. Non puoi guardare indietro, perché ti tireresti addosso negatività. Se lo permetti, causeresti disaccordo nella squadra. I consigli della mia famiglia, del mio agente, di me stesso, mi dicevano che quella era la scelta giusta. Con quello stipendio avrei potuto sistemare la mia famiglia e stare bene. Con la speranza che tutto ciò che sarebbe successo in seguito, sarebbe stato la ciliegina sulla torta".

Dettaglio non da poco visto che l'ampio spazio salariale a disposzione ha permesso ai Golden State Warriors di firmare quegli elementi come Andre Iguodala che, poi, si sono rivelati decisivi per la scalata al titolo del 2015. Tacendo, poi, di come tutto questo abbia facilitato la possibilità di accordarsi con Kevin Durant per un biennale da 54 milioni di dollari. E poco importa che il due volte MVP sia stato il quarto giocatore più pagato della franchigia nell'ultima stagione, dietro anche al 'gemello' Klay Thompson: la prossima estate toccherà a lui passare all'incasso, con la possibilità di chiedere un quinquennale da 175 milioni complessivi una volta diventato free agent.

Prospettiva che non deve preoccupare i tifosi di GS: Curry non ha mai dato segni di insofferenza o fretta per chiudere il nuovo accordo, così come al momento non sembrano esserci squadre con sufficiente spazio salariale per assecondare le richieste del figlio di Dell. Del resto la possibilità di diventare il giocatore più pagato su singola stagione nella squadra che ha sempre creduto in lui, basta e avanza.