A trentaquattro anni, Tony Parker non è più quella point guard che faceva ammattire le difese avversarie, un giocatore cui bastava un pick and roll per attaccare dopo il blocco e chiudere al ferro in mezzo al traffico. Il nuovo (o vecchio, dipende dai punti di vista) Parker è invece un facilitatore, un playmaker più vecchio stampo, che ha il compito di trovare i compagni liberi sul perimetro e di gestire davvero il ritmo della squadra.

Eppure le fortune dei San Antonio Spurs passano ancora da lui, esattamente come accaduto in passato. Con Parker intorno ai venti punti e agli otto rimbalzi di media, i neroargento erano praticamente certi di una vittoria. Ora quelle statistiche si sono abbassate clamorosamente, facendo registrare i minimi storici dall'entrata del franco-belga in Nba, ormai tredici anni fa. Tony sembra aver compreso l'importanza del suo nuovo ruolo, meno realizzatore ma più facilitatore: "Adoro il mio ruolo - le sue parole, riportate da Michael C. Wright di Espn - e proverò a fare del mio meglio per consentire alla squadra di continuare a vincere. L'anno scorso abbiamo vinto 67 partite di regular season, ora proveremo a fare lo stesso e ad andare più avanti nei playoffs. Finchè Popovich è contento di me, significa che sto facendo un buon lavoro. Non mi interessa se la gente non capisce il mio ruolo o le altre cose che devo fare adesso. E' difficile spiegare come mi sento, ma di certo il mio ruolo oggi è molto più importante in termini di leadership. Bisogna spiegare la mentalità Spurs ai giocatori più giovani, far capire loro in quale modo giochiamo: senza egoismi di alcun tipo, passandoci la palla e preoccupandoci solo di vincere, e di vincere titoli. E' stata la prima cosa che ho imparato da Timmy (Duncan, ndr) quando sono arrivato qui. Ora sto studiando qualcosa di nuovo per il mio ruolo. Cerco di fare come Steve Nash, Jason Kidd e John Stockton, che sono rimasti competitivi anche superati i trent'anni. Sono sempre stato uno studente del gioco, so che quando si invecchia bisogna adattarsi. Sono fortunato, ho tanti grandi giocatori accanto a me, tutta gente da cui posso imparare qualcosa. Ovviamente sto cercando soprattutto di capire cosa vuole da me Pop, ed è tutto cio' che conta: vogliamo vincere ancora. Sarei molto felice se alla fine della mia carriera avrò vinto altri due titoli Nba".

Chi conosce perfettamente Tony Parker è Manu Ginobili, il trentanovenne argentino da Bahia Blanca: "Ciò che sta attraversando Tony è qualcosa che a tutti capita di vivere con il passare degli anni e con l'esperienza. Credo l'abbia capito, e ora mi sembra si sia calato perfettamente nella parte. Ovviamente all'inizio avrà diversi up and down, e in alcune occasioni anche un po' di frustrazione. Ma penso che supererà questa fase di transizione e tutti noi lo vedremo sempre più maturo e consapevole del suo nuovo ruolo, perchè ora non abbiamo più bisogno dei suoi venti punti e dieci assist di media: ci serve altro". Opinione evidentemente condivisa da Gregg Popovich, l'anello di congiunzione tra gli Spurs delle varie epoche negli ultimi vent'anni: "Parker sta facendo un gran lavoro con i ragazzi più giovani, proprio come David Robinson fece con Tim Duncan e come Tim fece con lui e Manu. Ora dobbiamo capire che la palla deve muoversi velocemente e finire in diversi punti del campo, e Tony sta provando a dare il meglio di sè anche in queste situazioni. Finora in allenamento è stato straordinario nel trovare giocatori aperti sul perimetro". Approva anche il silenzioso Kawhi Leonard: "Quando sono arrivato a San Antonio, Parker era molto aggressivo in attacco, segnava tantissimo e ci trascinava letteralmente alla vittoria. All'epoca non avevamo in squadra il talento che abbiamo adesso, e da quando Tony ha cominciato a calare, Pop gli ha assegnato questo nuovo ruolo".