La stagione NBA è alle porte. Ci si allena, si osservano i giovani, si cominciano a rodare gli ingranaggi in preseason, si ragiona sulle ultime trade possibili per mettere in campo il roster migliore (infortuni permettendo) nell'opening night del prossimo 26 ottobre. Noi di VAVEL Italia, nel miglior spirito da “easy riders” stiamo affrontando un viaggio di sei tappe attraverso ciascuna delle division: cinque squadre per volta, cinque lotti eterogenei e dall'esito imprevedibile, da cui uscirà la franchigia che metterà al dito il prossimo anello. Oggi l'appuntamento è con la Southwest Division, che conta le tre storiche franchigie texane (San Antonio, Houston, Dallas) e due delle squadre più promettenti degli ultimi anni: New Orleans Pelicans e Memphis Grizzlies. Allacciatevi le cinture, si parte.

SAN ANTONIO SPURS

Impossibile non iniziare da loro. Il nome che rieccheggia in città da mesi è solo uno: The Big Fundamental, Tim Duncan. Il suo ritiro dopo diciannove anni in NBA, tutti con la stessa casacca, con lo stesso coach, e tutti terminati coi Playoffs, ha lasciato un vuoto difficilmente colmabile. Mentre Popovich ha già detto di volerlo come “allenatore di qualsiasi cosa voglia”, il front-office degli speroni ha pensato bene di tutelarsi: le chiavi del presente e del futuro sono affidate a Kawhi Leonard e LaMarcus Aldridge, che per almeno un altro anno avranno la fortuna di dividere lo spogliatoio con altri due pezzi di storia come Tony Parker e Manu Ginobili. Attorno, un supporting cast di tutto rispetto, da Danny Green a Patty Mills passando per David Lee, Kyle Anderson e per i tanti giovani (tra cui il “nostro” Ryan Arcidiacono) che sperano di entrare a far parte delle rotazioni di Pop. A proposito, uno che sembra già ben inserito è un certo Pau Gasol... il “ragazzino” di 36 anni da Barcellona è chiamato a prendere il posto del già citato Duncan per finire con un acuto la sua carriera oltreoceano. Il talento è indiscutibile, ma saranno tutti curiosi di vedere come il coach riuscirà a cucirgli addosso degli schemi che vedevano sempre lo stesso interprete da quasi due decenni. Le premesse per una grande stagione ci sono tutte, ma una calata di tono alla lunga non è da escludere, magari sarebbe solo la rincorsa per un nuovo slancio nel futuro.

HOUSTON ROCKETS

Altra squadra che ha cambiato poco ma in maniera significativa: la free agency ha riportato a casa (Atlanta) Dwight Howard, ponendo finalmente fine agli attriti – reali o mediatici – tra lui ed il boss di casa, James Harden. The Beard ora potrà avere sostanzialmente il controllo totale della squadra, con il neo-Coach Mike D'antoni che sembra intenzionato a fargli controllare il pallone quando, come e dove vuole. La metà campo offensiva sembra poter essere un meccanismo perfettamente funzionante, con altri due tiratori come Ryan Anderson ed Eric Gordon a rimpinzare l'arsenale bianco-rosso. Dati i suoi problemi di convivenza con una point guard vecchio stampo come (in parte) è Pat Beverley, D'antoni sembra intenzionato a reinventare Harden proprio nel ruolo di Playmaker, aprendo così le porte ad un quintetto quasi di tiratori puri. I problemi arrivano da altri versanti: su tutti il gioco sotto i tabelloni. Gli unici centri nominali a roster sono l'acciaccato Nenè, vittima di continui infortuni nelle ultime tre stagioni, ed il giovane Clint Capela (1994), forse ancora troppo acerbo per caricarsi la responsabilità di partire in quintetto. L'esperienza dei vari Ariza, Brewer e Prigioni potrebbe risultare fondamentale, ma la sensazione è che Houston balli ancora troppo in difesa. Senza veri specialisti e con D'Antoni come coach (non esattamente famoso per le sue squadre ermetiche spalle a canestro), le premesse sono tutt'altro che buone. Sul lungo periodo, competere coi migliori sarà quasi un miraggio. Se solo il basket si giocasse ad una sola metà campo...

DALLAS MAVERICKS

In quel di Dallas oramai la pallacanestro si gioca alla corte di Wunder Dirk Nowitzki, in procinto di regalare ai texani lo show di un'ultima stagione. Dopo tanto lavoro, comunque, Rick Carlisle ed il suo presidente “sui generis” Mark Cuban sono riusciti ad allestire una squadra di tutto rispetto. La punta di diamante della free agency sono stati sicuramente i due ex-campioni NBA con Golden State: Andrew Bogut e Harrison Barnes, due dei giocatori più utilizzati da Steve Kerr, specialmente nel primo anno. Al netto della parabola discendente di Deron Williams e JJ Barea, comunque, il reparto guardie può contare anche su Wesley Matthews e su Seth, “l'altro” Curry, ancora oggetto misterioso nella lega. Buone aspettative sono riversate anche su Salah Mejri: il gigante tunisino non farà la differenza, ma ha dimostrato di poter essere utile al sistema in svariate situazioni. Il punto debole della franchigia bianco-blu è quello di giocare un basket un po' “vecchio stile” e di avere pochi interpreti adatti alla small ball, al quintetto piccolo che tanto va di moda oltreoceano. In tal senso sarà cruciale l'inserimento di Barnes negli schemi dei texani. Ad ogni modo, nonostante questa sia una stagione di transizione in cui si pongono le basi per il dopo-Nowitzki, i ragazzi di Carlisle potrebbero comunque fare un passo avanti e togliersi qualche soddisfazione importante.

NEW ORLEANS PELICANS

New Orleans è una città sulle spalle di un uomo solo: Anthony Davis. Con Jrue Holiday alle prese (purtroppo) coi problemi di salute della moglie, che poco hanno a che fare col parquet, e Ryan Anderson emigrato verso Houston, the Eyebrow si ritrova a comandare una banda di giocatori in cerca di conferma e riscatto. Da Tyreke Evans ad Omer Asik, da Terrence Jones al “solito” Lance Stephenson, sono tanti i giocatori del roster di Alvin Gentry a dover dimostrare di meritarsi il posto nella lega. Possibile ipotizzare, come succede oramai da un paio d'anni, una squadra che giocherà per Davis, papabile anche di titolo di MVP se dovesse continuare la sua crescita esponenziale senza problemi fisici. Le ambizioni “di classifica” sono poche, ed eccezion fatta per l'ex-Kentucky la sensazione è che potremmo vedere diversi quintetti se non addirittura qualche trade importante da qui a febbraio, con il fantasma del tanking sempre dietro l'angolo.

MEMPHIS GRIZZLIES

A Memphis gli orsi ripartono dalle lacrime di gratitudine di Dave Joerger, capace di centrare i playoffs (eliminazione al primo turno per 0-4 dagli Spurs) nonostante una stagione tragicomica funestata dagli infortuni. Dopo aver stabilito un record di ventotto giocatori messi sotto contratto in una singola annata, i Grizzlies si ritrovano con un David Fizdale alla prima esperienza da head coach dopo sedici anni da assistente. Le premesse per fare bene ci sono tutte, e siamo sicuri che ci saranno anche le preghiere dei tifosi agli dei più disparati: qualora si riuscissero a vedere insieme tutti quei giocatori che negli ultimi mesi hanno visitato con continuità solo l'infermeria, a Memphis si potrebbe davvero sognare. Un ipotetico quintetto base vedrebbe in campo Mike Conley, Tony Allen, Chandler Parsons, Zach Randolph e Marc Gasol e farebbe paura a tante avversarie, ma la tenuta fisica di giocatori che hanno saltato tante partite nelle ultime stagioni è sempre una variabile abbastanza massiccia con cui fare i conti. Il supporting cast sembra perdere un po' rispetto al primo quintetto: dalla panchina dovranno uscire Vince Carter (eterno, a 39 anni), Troy Daniels, Taylor Ennis, Brendan Wright ed un pacchetto di giovani tra i 20 ed i 25 anni tutti alla ricerca di minuti importanti per non finire in pasto alla D-League. Insomma, la coperta di Fizdale sembra di qualità, ma leggermente corta e logorata dal passare del tempo. Almeno di qualche magia che riesca a prolungarla con del tessuto nuovo e resistente, sarà una lunga lunga stagione in quel del Tennessee.