La migliore squadra della Eastern Conference dopo Cleveland, la vera (ed unica) contender in grado di impensierire il dominio di LeBron James e compagni ad Est, sembra evaporata, sparita nel nulla, come un  attore protagonista nei migliori film horror del regista Dario Argento. La flessione dei Toronto Raptors, nel gioco e nei risultati, inizia a preoccupare gli ambienti canadesi, e tutta la dirigenza dei "dinosauri", partita con l'obiettivo minimo di raggiungere le Finali di Conference e dunque confermarsi quantomeno sui livelli della passata, esaltante stagione. Coach Dwane Casey, insieme al General Manager Masai Ujiri, hanno improntato una squadra con metodistica di gioco molto diversa da quella che ultimamente si sta diffondendo oltreoceano, ovvero il "corri e tira" soprattutto dall'arco dei 7 metri e 25.  Il punto cardine della fase offensiva dei Toronto Raptors sono le penetrazioni a canestro del backcourt, ed i pick and roll tra DeRozan (e Lowry) con il lungo di turno (Valanciunas o Nogueira), capace di "rollare" con buona efficacia verso il canestro; mosse che hanno fruttato ottimi dividendi sinora in fase realizzativa. L'attacco dei Raptors, al giro di boa della Regular Season, risulta essere il terzo di tutta la Lega (110.0 punti realizzati a partita), fanno meglio solo i Warriors (118.0) ed i Rockets (114.5); in pochissime parole nessuno ad Est segna quanto Toronto. 

I Raptors sono una squadra che si serve principalmente del tiro dal midrange, sfruttando al meglio le capacità dello scorer DeMar DeRozan e del suo fido scudiero Kyle Lowry; tirano relativamente poco da tre, ma tutto sommato lo fanno anche bene (38%), sfruttando anche la buona vena realizzativa della second unit, una delle più prolifiche dell'intera Association. I vari Joseph, Sullinger e Ross garantiscono buona produzione offensiva quando lo starting five è costretto a tirare il fiato in panchina. 

Tutto molto bello, se solo non si analizzassero le ultime tre uscite dei canadesi in cui sono maturate altrettante sconfitte. Alla franchigia della "Maple Leaf Sports & Entertainment Ltd", in queste ultime esibizioni sono venute a galla alcune crepe tenute impeccabilmente nascoste dai canadesi fino a pochi giorni or sono: sfera a gravitare nelle mani di Lowry o DeRozan, poco movimento di palla e di uomini con conseguente stagnamento della fase offensiva. I problemi della franchigia "We the North" possono quindi essere racchiusi in questo concetto, di poche sillabe. Due sconfitte maturate "on the road", a Philadelphia in cui Toronto ha messo a referto soltanto 89 punti, e la successiva in North Carolina a Charlotte, dove gli uomini di coach Dwane Casey sono riusciti nel difficile compito di peggiorare il rendimento della precedente trasferta, fermando il tabellino dei punti realizzati ad appena 78 (contro i 113 degli Hornets).

Pareva aver toccato la punta dell'iceberg la flessione (o mini-crisi per i più pessimisti) dei "Velociraptors", e la sfida interna all'Air Canada Centre contro i Phoenix Suns sembrava cascare a pennello, giungere come manna dal cielo per ritornare ad assaporare il dolce sapore della vittoria e porre fine agli scricchiolamenti del giocattolo "Casey-Ujiri". I buoni propositi dei canadesi sono andati a sbattere contro la "rocciosità" della franchigia dell'Arizona che ha sbancato Toronto (103-115), acuendo la mini-crisi dei Raptors, eliminandone il prefisso da leggero sollievo e trasformandola in vera e propria crisi, d'identità e di gioco.

Nulla di compromesso, Toronto veleggia sempre in seconda posizione ad Est, con Boston (terzo incomodo) capace solo in parte di sfruttare il momento no dei canadesi e portarsi ad una partita e mezzo dai rivali. Ad oggi è ben salda l'egemonia di Cleveland in vetta alla Eastern Conference, in attesa di tempi migliori ad Est si è costretti a lottare per la seconda piazza, in cui Toronto, con 38 partite di Regular Season ancora da disputare, può definitivamente dimostrare a tutti che il sistema di gioco alternativo, "all'antica", improntato sul tiro da due, dal midrange, è vincente. Un'intera nazione a supporto dei Raptors e dei loro sogni. We the North. 

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Andrea Tommaso Indovino
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