"Come vedi siamo qui, chi l'avrebbe detto mai..." cantavano nell'ormai lontano 2003 gli Eiffel 69. A distanza di quattordici anni per le spiagge di South Beach si intona il verso della canzone che spopolò tanto, quell'anno, nella storica penisola, soprattutto tra i giovani. Il motivo? E' presto detto: i Miami Heat. La franchigia del proprietario Micky Arison, dopo una partenza di stagione regolare disastrosa, funesta, nel giro di poche settimane è passata dall'essere la 14esima classificata nella Eastern Conference, al diventarne la decima forza, ma il dato più importante, strabiliante, è il distacco che attualmente gli Heat hanno da recuperare dall'ottava, i Detroit Pistons: appena due gare!

Nessuno, neanche il più ottimista dei tifosi avrebbe pronosticato una seconda parte di gennaio (ed inizio febbraio) dei Miami Heat a questi livelli. La squadra scialba, anonima, la squadra svuotata dell'immenso talento di Dwyane Wade prima e Chris Bosh poi, ha lasciato spazio, come per magia, ad un manipolo di ragazzacci (in senso buono eh!) terribili, in grado di inanellare ben 12 vittorie consecutive, al momento la miglior striscia positiva dell'intera lega. Dodici di fila, tutte d'un fiato, la terza striscia positiva più lunga nella storia della gloriosa franchigia di South Beach. Otto successi maturati all'interno del palazzo amico, con l'American Airlines Arena (o Triple A, come preferite) trasformatasi da terreno di conquista in fortino inespugnabile. A queste vittorie vanno aggiunti i quattro blitz confezionati lontano dalla Florida, ed a cadere sotto i colpi degli uomini guidati da Erik Spolestra sono state anche squadre di alto livello tra cui gli Houston Rockets di Mike D'Antoni, gli Atlanta Hawks di coach Budenholzer ed addirittura i Golden State Warriors di Curry, Thompson e Durant. L'apice del delirio Heat, il momento più adrenalinico di questa lunga serie di vittorie consecutive, è stato senz'altro rappresentato dalla tripla di Dion Waiters mandata a bersaglio sulla sirena proprio contro i Warriors, che ha consegnato a quelli di South Beach una vittoria tanto prestigiosa quanto sbalorditiva. Una tripla, quella rifilata agli uomini della Baia, da incastonare nei migliori spot pubblicitari della National Basketball Association.

Waiters, attualmente fermo ai box, ma alle prese con un infortunio di poco conto, è protagonista di una stagione fino ad ora da sufficienza piena, viaggiando su cifre di assoluto rispetto: 15.5 punti, 3.4 rimbalzi e 4.2 assist di media a partita. Gli altri segreti di Miami? Il gruppo, tra cui però spiccano le ottime prove di alcuni dei suoi interpreti. Su tutti il playmaker sloveno Goran Dragic, che nelle ultime 10 partite viaggia a 22.0 punti di media, con una percentuale di tiro sia dal campo che dal perimetro superiore al 50%. Dall'arco dei 3 punti è spesso una sentenza per gli avversari, trovando il bersaglio con continuità (44.3%). Una guida, in tutto e per tutto, un leader di cui beneficia soprattutto Hassan Whiteside, lungagnone dal viso tenero e soffice che veleggia su cifre corpose: 17.1 punti e 14.0 rimbalzi per ogni singolo match, con la zona pitturata molto spesso sicura dimora del pivot nativo di Gastonia.

A completare lo starting five degli Heat sono il giovane, ma promettente Rodney McGruder, il quale sta stupendo tutti nelle ultime uscite, segnando 10 e più punti in quattro delle ultime sei gare, tirando con il 40% dall'arco, e Luke Babbit, ala piccola con pochi punti nelle mani ma tanto cuore e carisma, che ha stregato l'head coach di origini filippine. Uno dei segreti di Miami è inoltre rappresentato dalla prolificità della second unit, incarnata da Wayne Ellington, dal duo di Johnson Tyler e James, da Josh Richardson, e Okaro White. Sono proprio le qualità balistiche e temperamentali dei rincalzi ad cambiare spesso l'inerzia delle partite in favore di una squadra che ha perso per strada Justise Winslow, out per infortunio fino alla fine della stagione.

Il record attuale è ancora ben lontano dall'essere in parità (23 vittorie e 30 sconfitte), ma l'andamento lento di chi precede ha permesso agli Heat di sognare in tutto e per tutto l'accesso ai play off. Il raggiungimento della postseason, se si considera come era iniziata la stagione, sarebbe un vero e proprio capolavoro, un'opera d'arte da tenere gelosamente custodita ed apposta in bella mostra al "Vizcaya Museum and Gardens" della calda cittadina della Florida. A dispetto dei catastrofici scenari ipotizzati ad inizio anno (tank?), questa coda finale di regular season potrebbe riservare a Dragic e soci grandi soddisfazioni, come ad esempio un seducente primo turno playoff contro il mai dimenticato ex LeBron James. Toh Miami, "chi l'avrebbe detto mai..."