Come per tutti i sogni, anche per raggiungere l'hype occorrono sacrificio, fatica, impegno e dedizione. E' un'arma molto potente, ma allo stesso tempo pericolosa. Letteralmente, tale parola può essere tradotta in 'montatura' o anche 'gonfiamento', ed è un qualcosa di astratto che si appiccica addosso, atta a creare forte attesa intorno ad un prodotto, o anche intorno ad un film, un videogioco, un fumetto, ma anche intorno ad un essere vivente, dal quale ci si attende un qualcosa di particolarmente desiderato. E' ciò che in queste settimane stanno vivendo ad Orlando, intorno alla persona di Elfrid Payton.

Da qualche anno nella città della Florida le cose non girano per il verso giusto: ai nastri di partenza gli Orlando Magic si presentano sempre come una possibile outsider, con l'obiettivo primario di raggiungere i playoff, per poi puntualmente evaporare con il trascorrere della stagione e disattendere gli obiettivi prefissati. I bilanci degli ultimi anni sono uguali, medesimi: certezze poche, delusioni e malcontento in grande quantità. Una luce fioca, in fondo al tunnel in cui i Magic stazionano da ormai un lustro,  è però rappresentata da Elfrid Payton, point guard classe 1994, la cui crescita lenta ma costante potrebbe essere il primo mattoncino su cui costruire il roster del futuro, le fondamenta che dovranno reggere il peso del processo di rebuilding in seno alla franchigia del proprietario Richard DeVos.

Il 'bruco' Payton, relegato addirittura in panchina dal nuovo tecnico Frank Vogel, fa enorme fatica ad inserirsi negli schemi del coach ex Indiana Pacers, il quale gli preferisce nel backcourt di squadra gente come DJ Augustin e CJ Watson. Un minutaggio sempre più ridotto quello riservato all'ex Louisiana, che pensa addirittura di cambiare aria. La scelta di Vogel di relegare in panchina Payton è però una sorta di punizione, ma anche uno sprone ad incentivare il suo rendimento nei minuti in cui è utilizzato sul parquet. I risultati non tardano ad arrivare, ed il buon Elfrid registra un'impennata del suo rendimento piuttosto netta subito dopo la pausa per la disputa dell'All Star Game.

L'allora 'bruco' di colpo si schiude, diventando una leggiadra farfalla. Una trasformazione radicale, una metamorfosi, che spinge Payton ad assumere il timone della squadra, viaggiando nelle ultime sfide a 13 ppg, 4,6 rpg e 6,1 apg di media a partita. Ciò condito da ben 4 triple doppie che impreziosiscono l'ultimo suo mese, eccellente, di regular season. Un giocatore "all around", con braccia lunghissime e una velocità da centometrista, dispone di una buona vena realizzativa (patisce ancora un po' troppo il tiro dalla lunga distanza), ma è presente, grazie al suo forte atletismo, anche a rimbalzo. Una point guard che abbina bene forza e qualità, ed in lui è anche sviluppata la dote di assistenza ai compagni, potendo disporre di una buona visione di gioco e lettura delle difese avversarie.

Una mutazione improvvisa, repentina che porta il 23enne nativo di Gretna ad imitare i candidati MVP James Harden e Russell Westbrook, e convince definitivamente Frank Vogel a puntare su di lui, sul 'nuovo' Payton, sul giocatore finalmente Nba-Ready: il prodotto di Lousiana-Lafayette sembra, dunque, pronto a tener fede alle aspettative generate dalla sua notevole carriera collegiale. I Magic hanno finalmente il materiale da cui ripartire, a patto che la prossima Free Agency non faccia brutti scherzi.