Resa dei conti in Texas! La serie indiscutibilmente più affascinante di questo turno di semifinali di Conference NBA, quella tra San Antonio Spurs e Houston Rockets, arriva alle battute decisive: gara-6 al Toyota Center è già un match point per i ragazzi di Popovich.

Serie dai mille volti, che dopo quattro gare sostanzialmente a senso unico da una parte e dall’altra (20.5 punti di differenza in media) ha fornito al mondo un quinto episodio in cui, finalmente, entrambe le squadre hanno deciso di giocare tutti i 48 minuti al massimo. Il risultato è stata una partita al cardiopalma, chiusa all’overtime (110-107 per gli speroni) con una stoppata di Ginobili, per impedire ad Harden di pareggiare sulla sirena, che dalle parti dell’AT&T Center è già leggenda.

Avvicinandosi a gara-6, entrambi gli head coach devono affrontare probelmi di infortuni:  Mike D’Antoni, da sempre molto poco incline ai cosiddetti adjustments durante la post-season, ha deciso di continuare sulla strada delle rotazioni risicate nonostante il k.o. di Nené. Il brasiliano, tra i più positivi in questi playoffs per impatto dalla panchina, ha fatto registrare uno spettacolare 12/12 dal campo con 28 punti per spezzare la serie contro OKC in gara-4. Nello stesso episodio, ma nel turno successivo, il gigante di Sao Carlos ha dovuto chinare la testa: appena un minuto in campo prima dell’infortunio all’adduttore sinistro che sostanzialmente ha messo fine alla sua stagione. Questo, in una rotazione già ridotta ad otto elementi, poneva D’Antoni davanti ad un bivio: puntare tutto su Montrezl Harrell, giovane dalle grandi prospettive ma non certo l’elemento ideale da buttare in mezzo alla mischia in un momento così importante, oppure esagerare quella che è già la linea guida della filosofia dei Rockets, ovvero allargare il campo a più non posso e prendere una quantità industriale di tiri dall’arco. La risposta è presto dedotta da gara-5: trentacinque minuti per Ryan Anderson, spesso impiegato come centro del quintetto small ball, 48 tiri da tre messi a referto da Houston. Le percentuali non sono state entusiasmanti (33%), ma considerando Harden e compagni una squadra che dà e prende parziali in continuazione, l’idea è che la strategia possa essere ripetuta fino alla fine della serie, soprattutto sfruttando il calore e la spinta emotiva del pubblico amico.

Anche Gregg Popovich, però, ha le sue grane: innanzitutto la rinuncia ad uno dei suoi alfieri storici, quel Tony Parker che, dopo la peggiore post-season dalla sua stagione da rookie, stava guidando trame e tattiche dell’attacco degli speroni, affermandosi come seconda voce del coro dietro all’immancabile Kawhi Leonard. Eppure il destino, come spesso accade, è stato beffardo: rottura del tendine del bicipite femorale in gara-2 per il francese e nessuna speranza di rivederlo in campo prima della prossima stagione. Con le rotazioni rimaneggiate sfruttando tanto Patty Mills (più tiratore ma meno trattatore di palla rispetto al numero 9) e l’apporto dalla panchina di Manu Ginobili (31 minuti nell’ultimo episodio), Pop sembrava potersi comunque poggiare su un Leonard già largamente in doppia doppia a metà terzo quarto (22+15), ma gli scenari sono diventati ancora più oscuri. Un movimento improvviso durante un tentativo di contropiede, una caviglia che poggia male (in parte sul piede di Harden) e si sloga, ed ecco che il due volte Defensive Player of the Year è costretto a guardare dalla panchina i compagni portare a casa una cruciale gara-5, nonostante il tentativo (poco efficace) di tornare in campo nel quarto decisivo. Nelle interviste del post, Leonard ha rassicurato tutti sulla sua partecipazione alla partita successiva, ma da parte degli Spurs non è arrivato nessun comunicato ufficiale sulle condizioni del numero 2, a tutt’ora inserito nella lista dei questionable, gli incerti, in vista della trasferta. In caso di forfait dell’hawaiiano, Popovich dovrà davvero ridisegnare i suoi quintetti sotto entrambi i canestri, cercando di trovare soluzioni estemporanee per sorprendere i rivali.

La sommatoria di queste situazioni potrebbe far emergere due protagonisti molto attesi ma finora nascosti nelle prime uscite della serie: LaMarcus Aldridge, tra i nero-argento non ha ancora regalato un vero e proprio acuto, viaggiando a 15 punti e 7.6 rimbalzi di media in post-season. Dall'altra parte, invece, James Harden, nonostante i 33-10-10 di gara-5, è stato sempre ben limitato dalla difesa avversaria, e sta viaggiando con percentuali, soprattutto dall’arco, non degne della sua nomea.

Insomma, gara-6 rischia di essere una pietra miliare di questa postseason: una partita in cui tutti gli uomini in campo e non saranno chiamati ad uno sforzo extra, e nella quale ci si possono aspettare prestazioni memorabili tanto da una parte quanto dall’altra. San Antonio, chiudendo 4-2 la serie, raggiungerebbe in finale di Conference i Golden State Warriors, freschi di doppio sweep su Trail Blazers e Jazz, ma sconfitti due volte su tre in stagione dai Texani. In caso di vittoria Rockets, invece, la truppa di D’Antoni avrà l’occasione di giocarsi il tutto per tutto cercando di ribaltare il fattore campo in gara-7.

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About the author
Stefano Fontana
Ventenne. Ex-Liceo Scientifico abruzzese, trapiantato a Bologna nella facoltà di ingegneria informatica. Da sempre malato di calcio, fede rigorosamente rossonera, alla quale nel tempo si è aggiunta quella biancorossa dei Gunners. Con gli anni ho imparato ad amare tennis e basket NBA, grazie rispettivamente a Roger Federer ed alle mani paranormali di Manu Ginobili. Aspirante chitarrista con poche fortune. Non rifiuto mai una birra gelata.