È ormai passata una settimana dalla notizia che ha destato più scalpore all’interno della pausa estiva del campionato NBA. La blockbuster trade tra i Cleveland Cavaliers e i Boston Celtics, al momento le due migliori squadre della eastern conference e maggiori candidate ad un ruolo da protagoniste all’interno di un est sempre più privo di stelle e di squadre considerabili contender al titolo, ha fatto sognare milioni di appassionati riguardo a come questo movimento di mercato, tra i più importanti inaspettati degli ultimi anni, potrebbe influenzare una stagione che si prospetta di assoluto interesse. Come è ormai noto a tutti la trade ha subito delle notevoli complicazioni concernenti le condizioni fisiche di Isaiah Thomas, reduce da un infortunio all’anca, non ancora del tutto risolto, che potrebbe inficiarne il rendimento o addirittura impedirne l’utilizzo per i primi mesi di regular season. Questa situazione ha dato il là ad una sequela di botta e risposta da parte delle due franchigie, con i Cavs che hanno richiesto un adeguamento alla trade, puntualmente respinto da Boston, la quale si è definita trasparente in tutte le fasi dell’accordo e per questo motivo non incline ad accontentare una, almeno a parer loro, epifania dell’ultimo minuto da parte di Cleveland.

Al già corposo asset offerto da Boston per Kyrie Irving, composto appunto da Thomas, Crowder, Zizic e una futura first round pick da Brooklin (probabilmente alta), Cleveland ha inizialmente richiesto uno tra i due giovani fenomeni a disposizione di Brad Stevens, Jayson Tatum e Jaylen Brown, con immediato rifiuto da parte di Danny Ainge e soci che intendono fondare anche su questi due giocatori il presente e il futuro bianco verde. L’alternativa, decisamente più verosimile, è aggiungere al pacchetto un' ulteriore scelta ai prossimi draft, che potrebbe essere una al primo turno o più d’una al secondo, considerata l’abbondanza a disposizione di Boston (5 nei prossimi 2 draft) e in generale il bisogno di Cleveland di ringiovanire il roster a disposizione di Tyronn Lue.

La situazione tuttavia è molto più complessa di quello che sembra, innanzi tutto perché al momento è una discreta scommessa assumere quale delle due franchigie abbia il coltello dalla parte del manico, quindi quale delle due avrebbe meno da perdere dall’annullamento della trade e perciò a continuare a mantenere ferme le proprie pretese, con rischio di rottura degli accordi. L’annullamento della trade comunque danneggerebbe fortemente entrambe le squadre poiché da un lato Boston vedrebbe riaccasarsi al TD Garden tre giocatori comprensibilmente scontenti della scarsa fiducia ripostagli dalla società, dopo un' annata, a conti fatti, da incorniciare, mentre dall’altra Cleveland si ritroverebbe con ancora Kyrie Irving tra le proprie file, con la medesima volontà di andarsene, ma avendo buttato alle ortiche il miglior accordo possibile e immaginabile a questo punto, con il rischio di perderlo ugualmente, ma per degli asset di livello neanche paragonabile rispetto a quelli messi sul tavolo dai Celtics. Proprio questo impellente bisogno di risolvere la situazione Irving con effetto immediato e in maniera soddisfacente, con il futuro della franchigia (con lo spettro dell’addio di Lebron James a fine stagione) che poggia sulla buona riuscita di questa trade, potrebbe far pendere l’ago della bilancia leggermente verso Boston che potrebbe “sfidare” i Cavs a annullare la trade per Irving, consapevoli che un accordo migliore, al momento, pare non essere presente con nessun’altra franchigia NBA, per la point guard da Duke University.

Altro fattore da considerare è l’importanza delle scelte a disposizione di Boston per futuri movimenti di mercato: Il lavoro manageriale di Danny Ainge e della dirigenza Celtics è stato uno dei migliori visti negli ultimi anni, con la franchigia bianco verde che al momento si troverebbe a disposizione spazio salariale e contropartite adatte ad annettere, in un più o meno lontano futuro, un' ulteriore superstar  al proprio roster (rumors indicherebbero Anthony Davis come oggetto del desiderio bostoniano) cosa che passa inevitabilmente dalle draft pick già citate, che soprattutto negli ultimi anni, rappresentano moneta sonante per ogni possibilità di trade. A questo punto la domanda che sorge spontanea è, considerate tutte queste variabili, vale davvero la pena alle due franchigie di annullare una trade (che sulla carta rappresentava un successo per entrambe) di questa portata per una o due scelte al draft in più? La risposta è probabilmente no, poiché la sensazione è che si sia andati troppo oltre per tornare sui propri passi, un annullamento rappresenterebbe un fallimento tecnico e di immagine per entrambe le franchigie.

Boston proverà a far leva sulla sua minore necessità di concludere la trade, con la possibilità di risanare i rapporti con Crowder e soprattutto Isaiah Thomas, giocatore che ha dato tutto per i colori della franchigia del Massachusetts, e per questo verosimilmente risentito dal trattamento riservatogli, ma con una città, che soprattutto nella sua componente di pubblico riabbraccerebbe il piccolo grande uomo da Washington anche subito. Una situazione analoga successe nel lontano 2011, anno del lock out, in cui Boston si dichiarò pronta a cedere a New Orleans Rajon Rondo, allora sua punta di diamante, per ottenere Chris Paul, trade mai concretizzatasi. I rapporti, inevitabilmente incrinati con la propria point guard, non influenzarono il rendimento di Rondo, che divenne leader della squadra nelle stagioni immediatamente successive al ciclo dei big three.

Cleveland dal canto suo avrebbe un ritorno in patria di un Irving difficilmente convincibile a rimanere in Ohio, con la quasi totale impossibilità di trovare accordi altrettanto favorevoli e con di fatto il medesimo problema che aveva ad inizio estate, ovvero un roster mediamente vecchio, strapagato e perciò con scarso valore di mercato, senza contare i benefici salariali che questa trade ha concesso al proprietario Dan Gilbert, che dopo anni avrà una tregua sulla Luxury tax conseguente allo sforamento del cap. Soprattutto quest’ultimo aspetto evidenzia come, soprattutto a Cleveland, ma anche a Boston, non convenga tornare sui propri passi e che le condizioni di Thomas (come evidenziato dalle parole dello stesso), per quanto precarie, possano comunque permettergli di essere in campo per la seconda e decisiva metà di stagione e aiutare la sua nuova squadra all’ennesima corsa. L'obiettivo, ovviamente, è il raggiungimento delle NBA finals, sempre molto possibili, considerando l’innegabile gap che c’è al momento tra Cleveland e quasi ogni altra squadra della eastern conference, con dei Celtics tutti da scoprire dopo questa trade. Una trade che li ha visti rinforzati in questa estate, ma non necessariamente pronti, dopo tanti cambiamenti, a giocarsi subito delle chances per il titolo.