Paradosso. Può la squadra con il miglior record della passata Regular Season nella Eastern Conference rivoluzionare il proprio assetto tecnico dopo la sconfitta per 4-1 subita dai Cleveland Cavaliers di LeBron James? La risposta, in Massachussets, dalle parti di Beantown, sembra essere stata più che affermativa, con Danny Ainge e Brad Stevens che si sono fatti portavoce della rivoluzione - più o meno annunciata - che dovrebbe portare i Boston Celtics ad un ulteriore upgrade dopo la stratosferica stagione appena trascorsa. "La grande scommessa" targata Celtics stavolta non riguarda Christian Bale, Brad Pitt e Margot Robbie, bensì Kyrie Irving, Gordon Hayward e tanti attori non protagonisti che, nel corso di questa annata, dovranno dimostrare che l'investimento fatto dalla franchigia più vincente della storia della NBA sia stato decisamente proficuo e lungimirante. 

Danny Ainge, in primo piano, e Brad Stevens, in secondo - Foto NBA.com
Danny Ainge, in primo piano, e Brad Stevens, in secondo - Foto NBA.com

Chi lascia la via vecchia per quella nuova, solitamente, sa bene ciò che lascia ma non sa quel che trova; tuttavia, in questo caso, Boston presume di sapere anche ciò a cui va in contro e spera di trovare. Una squadra che riparte da una rosa decisamente stravolta, rivoluzionata, con soli quattro interpreti reduci dalla cavalcata terminata all'atto conclusivo dei playoff ad Est: Al Horford è il pretoriano della truppa, nonostante giochi al TD Garden da meno di 100 partite, Marcus Smart, Terry Rozier e Jaylen Brown il nucleo di giovani superstiti che faranno parte del progetto tecnico dei nuovi Celtics, i quali puntano dritti non solo a ripetere i risultati della passata stagione, ma chiaramente di migliorarli. Come? In primis affidandosi alla brillantissima mente - e soprattutto al suo sistema di gioco - del genio che siede in panchina. Stevens, a quarant'anni sembra avere già la maturità dei più navigati tecnici della NBA e le stimmate di un predestinato che su quella panchina siede da più di un solo lustro. 

Tornando alla rivoluzione tecnica ed alla squadra neonata, la lunga estate di Danny Ainge tra telefonate e contratti è nata dalla necessità di implementare le potenzialità, soprattutto offensive, di una squadra che sì, giocava divinamente a basket e che il sistema di Stevens è riuscita ad esaltare in tutti i suoi interpreti, ma che oltre quella soglia non sembrava poter essere in grado di andare. Ed allora via i due uomini simbolo della franchigia, Avery Bradley - fidatissimo scudiero di Stevens sui due lati del campo - e soprattutto Isaiah Thomas, faro e fulcro del gioco capace di esaltare, migliorare e di trascinare i compagni di squadra ad un'annata storica, ben al di sopra delle proprie potenzialità ed aspettative. Dentro, al loro posto, due All-Star di questa Lega, una già affermatasi tale, destinato a diventare - se già non lo fosse - uno dei migliori interpreti del ruolo, Kyrie Irving, e l'altro che lavora per diventarlo, nel suo fare silente e sempre efficace nelle due metà campo, Gordon Hayward

Irving in azione contro i Sixers in preseason - Foto Celtics.com
Irving in azione contro i Sixers in preseason - Foto Celtics.com

Ciò che i Boston Celtics si aspettano dal nuovo duo è quel salto di qualità in termini di produzione offensiva e di imprevedibilità nei momenti cruciali delle sfide, oltre ad una mentalità vincente da trasmettere ai compagni di squadra. E' proprio questo uno degli aspetti più enigmatici di questa scelta, saranno in grado di farlo già da subito e prendersi sulle spalle la responsabilità di questo fardello? Irving è stato ingaggiato proprio per questo e, ad un primo bivio della sua carriera, dopo essere stato sì decisivo per le sorti dei Cleveland Cavaliers ma sempre alle spalle di LeBron James, adesso è lui che è chiamato ad issarsi a prode, a prendersi la scena da attore protagonista e trascinare la squadra all'Oscar. Le sue doti tecniche, abbinate al sistema offensivo di coach Stevens, sono garanzie già note, ma è l'aspetto di leadership e comando che desta qualche sospetto in più. 

Squadra che, nel complesso, è stata allestita con la solita sagacia e brillantezza da parte di Danny Ainge, capace oltre a firmare Hayward nella free-agency, anche ad accaparrarsi le prestazioni di un giocatore come Marcus Morris che sembra perfetto per ritagliarsi spazio e tiri alle spalle delle giocate di Irving e degli esterni, di spaziarsi perfettamente con il compagno di reparto Horford ed al contempo completarsi con il resto del quintetto con il suo eclettismo. Resta qualche dubbio sulla sua solidità difensiva soprattutto se accoppiata a quella dell'ex centro degli Hawks, e più generalmente quella della squadra nel complesso rispetto allo scorso anno, ma è il sistema di Stevens in questo caso che dovrà porre rimedio in tal senso alle partenze di giocatori come Crowder, Johnson e Bradley, appunto. A completare il quintetto verosimilmente sarà Jaylen Brown, al secondo anno al TD Garden, pronto a spiccare il volo ed emergere definitivamente dopo una più che positiva stagione da rookie. Brown potrebbe per sommi capi seguire le orme di Avery Bradley, vestendo i panni di specialista sia difensivo - anche se non ha le capacità in uno contro uno dell'ex guardia - che offensivo, dove sugli scarichi ed in lettura delle situazioni può diventare mortifero. 

La nuova coppia, Hayward e Irving - Foto Celtics.com
La nuova coppia, Hayward e Irving - Foto Celtics.com

Decisamente complementare ed al contempo efficace anche la second unit a disposizione di Stevens, anche se la coperta appare leggermente corta. Quests'ultima punterà tutto sulla personalità smodata e sulla crescita esponenziale di Marcus Smart, sempre più proprio dei suoi mezzi e delle sue capacità. Al suo fianco dovrà continuare a crescere anche Terry Rozier, sempre utile a gara in corso per provare a cambiare ritmo alle partite e provare a spaccarle con le sue accelerazioni. Sul perimetro, a chiudere il terzetto di esterni, la scelta numero tre al Draft: dopo aver lasciato Fultz ai Philadelphia 76ers, i Celtics hanno puntato dritto sulle potenzialità e le capacità sui due lati del campo di Jayson Tatum. Scommessa nella scommessa, anche se già dalle prime uscite la sublime brillantezza del quoziente intellettivo cestistico del prodotto di Duke sembra aver convinto tutti, soprattutto Paul Pierce: "Sembra già essere maturo, sembra la versione vecchia di me. Legge il gioco, la difesa, sembra sapere già in anticipo ciò che accadrà. Il suo repertorio offensivo sembra essere già completo. Per un giocatore così, il cielo è il limite". Detto da "The Captain and the Truth" c'è da metterci le mani sul fuoco. Sotto le plance sembra invece mancare qualcosa, dove se Baynes può rappresentare una valida alternativa ad Horford, sia Yabusele che Theis sono da scoprire ad altissimi livelli. 

Obiettivi - La rivoluzione strutturale della rosa non ha però condizionato ed intaccato la voglia di vincere. La squadra è stata costruita per migliorare il record di vittorie della passata edizione e, soprattutto, puntare dritti a quel titolo di Conference che manca dal lontano 2010. Otto anni per tornare in vetta alla Eastern Conference prima di confrontarsi con i migliori dell'Ovest. Il primo passo deve essere necessariamente questo. Poi, quando il sistema di Stevens sarà entrato nelle vene dei protagonisti come nella passata stagione, e la maturità del gruppo tutto sarà cresciuta a tal punto di misurarsi con Curry, Durant e compagni, l'idea del Larry O'Brien Trophy potrà diventare molto più reale e concreta di quanto lo sia adesso.