Dopo un'estate vissuta da protagonisti nell'ambito delle trade (presi Paul George e Carmelo Anthony, rispettivamente dagli Indiana Pacers e dai New York Knicks, per Domantas Sabonis, Victor Oladipo, Doug McDermott ed Enes Kanter), gli Oklahoma City Thunder si ritrovano a inizio stagione con un record negativo, un 4-7 che spiega tutte le difficoltà di un gruppo nuovo, messo insieme però con ambizioni da titolo.

L'idea del general manager Sam Presti era quella di dare in mano a coach Billy Donovan una squadra in cui non fosse solo Russell Westbrook a doversi sobbarcare il ruolo di prima (e unica) punta dell'attacco nei momenti chiave delle partite. L'MVP della regular season 2017 aveva lo scorso anno infatti fatto registrare numeri clamorosi (tripla doppia di media), ma sempre lasciando a desiderare nell'esecuzione e nella gestione dei possessi decisivi, sia nei playoffs che in stagione regolare. Colpa dei compagni di squadra non all'altezza, si disse: ecco dunque arrivare due superstar dalla Eastern Conference, Paul George e Carmelo Anthony, per provare a ricostruire il gruppo del 2015, che arrivò a un passo dalle NBA Finals. Il successivo addio di Kevin Durant, con la discussa decisione di unirsi ai Golden State Warriors, ha poi modificato il destino di quei Thunder, che in una sola estate sacrificarono anche Serge Ibaka per ottenere qualcuno da affiancare a Westbrook, nella fattispecie Victor Oladipo. Esperimento che non ha funzionato, date le caratteristiche del prodotto da Indiana, ora in maglia Pacers. Eppure, la necessità di trovare dei partner all'MVP della scorsa stagione sono rimaste le stesse anche a più di dodici mesi di distanza. I Thunder di oggi, che hanno dalla loro mesi per poter cambiare marcia, sono una squadra che vive di isolamenti: qualche sgasata di Westbrook, un po' di isolamenti di Carmelo Anthony, e Paul George costretto a infilarsi nelle pieghe di un attacco stantio. Tre giocatori abituati all'uno contro uno, specie in isolamento, proprio come Melo, che continua a segnare secondo i suoi standard, ma che di ritmo a OKC proprio non riesce a darlo: impossibile fare dell'ex stella dei New York Knicks solo un tiratore sugli scarichi, causa talento ed ego, mentre George pare maggiormente in grado di riconoscere le diverse fasi della gara e adeguarvisi al meglio. 

Ecco dunque spiegato il 4-7 di Oklahoma City, caduta spesso nelle fasi finali delle partite, quando i possessi contano davvero, e il playmaking di Westbrook - già discutibile di suo - diventa un compromesso al ribasso tra l'uno contro tutti degli scorsi anni e la necessità di coinvolgere - ma in maniera scontata - le altre due superstar. C'è ovviamente l'altra metà del cielo, che nel caso dei Thunder riguarda la difesa e la profondità di squadra: per arrivare ad Anthony e George, Presti ha sacrificato giocatori di ruolo, comunque importanti per le sorti di OKC, che oggi non sembra avere alternative a Steven Adams e Andre Roberson. I vari Jerami Grant, Alex Abrines e Patrick Patterson fanno parte della rotazione di Donovan, ma non cambiano l'inerzia delle gare, soprattutto per caratteristiche, per certi versi simili a quelle dei titolari. La difesa dovrebbe incentrarsi sul lungo neozelandese, ma quando sul perimetro gli avversari sembrano imprendibili, perchè nè Westbrook nè Anthony sono abituati a sporcarsi le mani nella propria metà campo, neanche il miglior difensore in aiuto può metterci una pezza. A questo e ad altro dovrà lavorare Billy Donovan, per il quale forse il problema principale rimane comunque l'attacco, una volta chiarito che nessuno tra Anthony e George è Kevin Durant: la soluzione più naturale sarebbe quella di varare un sistema di continuità offensiva, che preveda circolazione di uomini e palla. Non esattamente la cosa più facile al mondo, se si considerano le caratteristiche dei protagonisti in campo, che intanto ieri si sono riuniti a porte chiuse nello spogliatoio per fare chiarezza su cosa non va, dopo la sconfitta patita a Denver. Stanotte sono attesi in back to back, in casa contro i Los Angeles Clippers: facile pronosticare una reazione d'orgoglio davanti al pubblico amico, mentre per il futuro bisognerà inventarsi qualcosa di molto diverso.