Waltham, Massachusetts. Qualcosa nell'aria inizia a percepirsi dai primi allenamenti, dai primi passi mossi da due giovani - per quanto rampanti - alle prime armi nella facility dei Boston Celtics. Da una parte Jaylen Brownforte (per così dire) di un anno di apprendistato alla corte del sistema di Brad Stevens, che aspetta il momento giusto per prendersi le dovute rivincite sulla critica, aspra, piovutagli addosso dopo una prima annata deludente, al di sotto delle aspettative; dall'altra Jayson Tatum, rookie di 19 anni il quale, all'atto di entrare nel campo di allenamento degli storici Celtics, non muove un ciglio, non gli tremano le gambe, non un briciolo di emozione. Alle loro spalle Danny Ainge, che li ha scelti, forte della sua conoscenza di pallacanestro, della sensazione che, questi due gioiellini, nel sistema del Mago di Boston, avrebbero potuto spiccare il volo. 

Forse, però, nemmeno Ainge avrebbe potuto pensare che, al giro di boa della Regular Season dei suoi Boston Celtics, Jaylen Brown e soprattutto Jayson Tatum sarebbero stati due perni insostituibili del quintetto base della squadra prima in classifica nella Eastern Conference. L'oro e le fortune di Boston, per quanto riguarda il presente ma soprattutto per il futuro - sempre più roseo - ruotano attorno alla coppia Brown-Tatum, sempre più decisiva nelle vittorie dei Celtics, accomunata dalla scelta - la terza al Draft - rispettivamente negli anni 2016 e 2017. L'inserimento appare graduale, anche se il duo fin dal principio - alla Summer League di Las Vegas - impressiona tutti gli addetti ai lavori. Brown si impone, fin dagli albori, laddove aveva peccato nel suo approccio: Stevens gli dà immediatamente fiducia, in toto, gli lascia amplissimo spazio di manovra - reso ancor più largo dalle iniziative di Irving - Jaylen lo ripaga con 14.4 punti a gara, 5.8 rimbalzi e 1.2 rubate per partita, oltre ad un apporto che va ben oltre i numeri. 

Brown in penetrazione - Foto Celtics Twitter

Il sottoscritto, in una delle svariate notturne estive, rimane soprattutto impressionato dalla leggerezza e dalla tranquillità delle movenze aliene dello 0, il quale inizia con relativa serenità ad imporsi nelle due metà campo, difendendo a piacimento su chiunque degli esterni avversari e andando al ferro o stampando triple dal perimetro con nonchalance estrema, quasi irreale. Chiaro, l'impatto con la NBA è un'altra cosa, soprattutto se dopo cinque minuti dall'inizio della stagione Gordon Hayward abbandona la scena definitivamente. La pressione, l'investitura, la responsabilità, ricade immediatamente sul duo di giovani promesse, chiamate irrimediabilmente a crescere prima ancora del previsto, senza apprendistato, con un margine d'errore minimo, quasi nullo. Il suo atteggiamento non cambia di una virgola, di un centimetro: nessuna emozione, nessun sussulto. 

41 partite dopo, al giro di boa della stagione dei Boston Celtics, come detto, l'oro del Massachussets porta si in grembo il nome di Kyrie Irving e quello mai sbandierato ai quattro venti di Al Horford, ma soprattutto di Brown e Tatum. La trentunesima vittoria stagionale, quella ottenuta al Garden contro i Cleveland Cavaliers campioni in carica della Eastern Conference ha confermato - qualora ce ne fosse stato il bisogno - che il sistema difensivo ed offensivo di Stevens poggia le basi sulle qualità del 7 e dello 0, i quali si sono imposti anche contro avversari del calibro di LeBron James, Jr Smith e compagnia bella. Tuttavia, ciò che fa la differenza tra l'essere schiacciati immediatamente dalla pressione ed il puntare al cielo, al massimo possibile, risiede nelle risposte dei due protagonisti, lucidi, freddi e razionali al punto di non accontentarsi della vittoria ma sottolineare gli errori commessi in una gara vinta di 14 e dominata a 360 gradi.

Foto Celtics Twitter
Foto Celtics Twitter

Mentalità vincente, quella che tutta Boston sta infondendo nel duo di matricole che - al pari di Embiid e Simmons a Philadelphia - sembra destinata a prendersi la NBA intera tra qualche mese. Dopo l'infortunio di Hayward la riposta più eloquente è stata quella di Brown, il quale ha affermato "dove saremmo potuti andare, come squadra, dopo l'infortunio di Gordon? C'erano solo due strade davanti a noi: usare questo accidente come una scusa, o sfruttarlo come benzina". L'esito è nei rispettivi numeri stagionali. Una crescita esponenziale, che non sembra porre limiti al futuro di Jaylen Brown e di Jayson Tatum, sempre più investiti del ruolo di promesse, di predestinati. L'oro di Boston ha due numeri e due nomi e cognomi.