Quasi a prevedere un'altra sconfitta fragorosa dopo quella di Minneapolis contro i Timberwolves, LeBron James aveva così commentato il momento dei suoi Cleveland Cavaliers a poche ore dalla sfida dell'Air Canada Centre contro i Toronto Raptors: "Questi siamo noi in regular season - le sue parole - a volte siamo come Dr. Jekill e Mr. Hyde". Ma forse nemmeno il Prescelto poteva immaginare il disastro della notte canadese, con Toronto a divertirsi nonostante le assenze di Kyle Lowry e DeMar DeRozan, mentre i Cavs affondavano senza cenni di reazione, subendo canestri inaccettabili per una squadra NBA, ancor più per una contender al titolo.

Paskal Siakam, Fred VanVleet, Delon Wright, Norman Powell e Jakob Poeltl popoleranno ancora per un po' gli incubi di Tyronn Lue, che ha visto il suo gruppo sprofondare in maniera clamorosa, soprattutto in difesa, dove i suoi hanno subito di tutto, da triple a ripetizione a schiacciate facili. Male Isaiah Thomas e J.R. Smith, desaparecido Kevin Love, insufficiente Tristan Thompson, solo LeBron si è salvato nel naufragio di Toronto, cercando anche di raddrizzare la nave con una sorta di time-out improvvisato - al posto del suo allenatore - per svegliare una squadra con la spina staccata. Troppo brutti questi Cavs per essere veri: forse ha ragione James, si tratta solo della tipica crisi di metà regular season delle sue squadre, pronte a rifiorire in primavera, quando il profumo di playoffs inizia a espandersi nell'aria. Ma stavolta c'è un ma, rappresentato proprio dal futuro di LBJ, che sembra stare dando a tutti l'impressione che questa sarà la stagione precedente al diluvio, ovvero all'addio a Cleveland dopo un quadriennio di grandi risultati. Chi non può guardare troppo avanti è però coach Tyronn Lue, responsabile tecnico di una squadra allo sbando: "Dobbiamo migliorare - le sue parole, riportate da Dave McMenanim di Espn - ne siamo consapevoli. Bisogna fare meglio in difesa, mentre in attacco dobbiamo muovere la palla, essere tutti sulla stessa pagina e giocare nella giusta maniera". E' seguito poi un riferimento alle "agende dei giocatori", non decriptato dagli addetti ai lavori e neanche dai componenti del roster di Cleveland: "Non so a cosa si riferisse il coach - le parole di LeBron - a questo punto, dopo tre anni e mezzo qui, quasi quattro, non ho agende. Non lo so, non ne ho, voglio solo vincere, giocare nel modo giusto, coinvolgere i miei compagni di squadra e portare a casa le partite".

Perplesso anche Kevin Love: "Questo è il mio decimo anno in NBA, abbiamo diversi veterani in squadra. Agende? Non ne vedo. Ma sono sicuro che, qualsiasi cosa il coach volesse dire, poi ci spiegherà cosa intendeva. Ora come ora non so. Certo, neanche dall'interno sembriamo in forma, abbiamo molte cose su cui lavorare. Penso che innanzitutto, come prima cosa, dobbiamo scendere in campo e giocare in maniera più dura". Prova a dare una spiegazione alle parole di Lue, un veterano come Frye: "Questo è un business, magari il coach voleva dirci che è il momento di svegliarsi. Da quando sono qui, ho sempre avuto le valigie pronte, perchè questa è una squadra da titolo. Dobbiamo capire che, se non riusciremo ad andare verso la direzione del titolo, potranno esserci dei cambiamenti. Ma, quando questa squadra riesce a giocare bene, è davvero una grandissima squadra". In questa fase di stagione, tutte le attenzioni sono su LeBron James, che risponde così alle domande dei giornalisti: "Siamo nel panico, siamo tornati di nuovo a inizio stagione. Ora dobbiamo trovare il modo di uscirne: dipende da noi, ognuno deve tornare a fare ciò che serve per giocare bene. Al momento siamo molto fragili. Non so dire quando e cosa sia andato storto, o cosa sia accaduto per aver fatto questo passo indietro, ma dobbiamo trovare il modo per uscire da questa situazione". James spiega così il "suo" time-out: "Ho solo cercato un modo per fare qualcosa. Anche dopo la partita ne abbiamo parlato tra noi. Capita, a volte: le famiglie non sono sempre letti di rose". Anche il nuovo arrivato Isaiah Thomas dice la sua: "Dobbiamo giocare in modo più aggressivo, con un diverso senso di urgenza, mettere da parte il nostro orgoglio. Le ultime due gare sono state dure per noi, dobbiamo guardarci allo specchio e cambiare dal punto di vista individuale. Quello che non facciamo è giocare di squadra, l'uno per l'altro, sia offensivamente che difensivamente. In difesa, ognuno è su un'isola e gioca da solo. In attacco non c'è movimento di palla, è sempre un uno contro uno. Ma sono cose che possiamo sistemare: dobbiamo farlo, adesso. Si possono perdere partite, ma non essere spazzati via. Per quanto siamo forti, non possiamo concederci questo tipo di gare".