Quattordici trofei da giocatore, addirittura diciannove da allenatore. Non servirebbero ulteriori parole per descrivere la figura di Carlo Ancelotti, in assoluto uno dei migliori profilo sportivi dal panorama calcistico italiano e mondiale, da atleta prima e da mister poi. Reduce da un'annata vincente in Germania ma poco fortunata in Europa, l'attuale tecnico del Bayern Monaco si è raccontato al Corriere della Sera, parlando inevitabilmente della finale di Champions League che vedrà sfidarsi Real Madrid e Juventus, due sue ex squadre allenate.

"Guarderò la finale con grande interesse - ha detto Ancelotti simpatizzando per chi giocherà meglio. La Juve per me è soprattutto Buffon, che è stato un mio giocatore: la vittoria sarebbe il coronamento di una carriera stratosferica. E Andrea Agnelli era un ragazzo quando c’ero io: la Juventus con lui è tornata ad essere un modello, grazie anche allo stadio". Sulla possibile vincitrice, il tecnico non si sbilancia, lodando entrambi i collettivi: "Il sistema di gioco juventino solo per il sacrificio dei giocatori e questo spinge tutti a dare di più, un po’ come il mio Milan dei trequartisti. Devo dire che Mandzukic per me è qualcosa di sorprendente: tenace lo è sempre stato, però è diventato tatticamente perfetto".

Sul Real, invece: "È impossibile sottovalutare il Real Madrid. Non so chi la spunterà, ma sarà molto equilibrata. Le due squadre si assomigliano come idea di gioco: forse gli spagnoli hanno più qualità e la Juve più solidità". Passaggio obbligato, poi, sulle due sorprese della Premier League, il vincente Chelsea di Conte ed il deludente City di Guardiola: "Quando sposi Guardiola non sposi un risultato, ma un’idea, una filosofia. Quindi devi andare avanti. Conte ha fatto il miracolo, perché è riuscito a motivare una squadra, cambiandone completamente la filosofia e passando ai 3 difensori. La sua forza è quella di essere convincente".

Dopo i vari complimenti, il tecnico ritorna sulla doppia sfida sfida contro il Real Madrid, decisa al ritorno da decisioni arbitrali molto discutibili: "È stata un’ingiustizia - ricorda Ancelotti -  ma nella storia rimarrà che il Real ha battuto il Bayern. E basta. Ma quello che è successo a Madrid al ritorno lo hanno visto tutti. E non è stato qualcosa di normale. Mettiamo la Var, perché è necessaria". Molto importante, inoltre, il punto sul suo club attuale: "La Bundesliga era l’obiettivo minimo, ma la soddisfazione c’è. Domani mi fanno il bagno con la birra e forse canterò pure. Certo c’è il rammarico per come sono andate le due coppe, in particolare la Champions".

Un'ultima analisi, infine, sulla sua carriera, condita da successi e grandi soddisfazioni: "Ho avuto la fortuna di allenare squadre forti - scherza il tecnico dei bavaresi - ma comunque mi inorgoglisce, anche perché quando sono andato via dall’Italia avevo un po’ di preoccupazione: io in vacanza all’estero volevo sempre tornare a casa prima possibile... E invece sono ancora qui: il calcio ormai è universale. Il mio segreto? Mi sveglio sempre con la voglia di andare al campo e preparare qualcosa per poi vederla realizzata alla domenica: è la cosa più bella. Non mi vedrei ad allenare tre giorni al mese, come in una Nazionale". Particolarmente significativo, infine, il ricordo di una sua vecchia sconfitta sportiva: "Non avrei mai pensato di disputare 1000 sfide da tecnico. Dopo un Pescara-Reggiana 4-1 ho detto al mio assistente: “Ho deciso, smetto”. Lui mi ha risposto, “sei matto, tieni duro”. Ho tenuto duro".