Il mago Messi ha colpito ancora. Due gol e un assist per piegare la strenua resistenza di un Chelsea indomito, e per lanciare il suo Barcellona ai quarti di finale di Champions League. La serata del Camp Nou è stata dolcissima per i tifosi catalani e per Ernesto Valverde, zuccherata dalle meraviglie della Pulce, amara per Antonio Conte e i suoi Blues, che hanno visto frustrati i loro sforzi da un avversario solido e con un fuoriclasse inarrivabile in squadra. 

Se Leo Messi continua a lasciare il mondo del calcio a bocca aperta (superato anche il traguardo dei cento gol nella massima competizione continentale), il Barcellona prosegue nella sua evoluzione, un processo di normalizzazione avvenuto quest'anno con Valverde in panchina e dopo l'addio choc di Neymar. Chi ha seguito i blaugrana nelle ultime dieci stagioni ne ha apprezzato il pressing feroce per recuperare in alto il pallone, il palleggio estenuante - per gli avversari e per i non amanti del genere tiki-taka - la difesa quasi sulla linea di centrocampo, il tridente, con o senza falso nueve. Da qualche mese tutto ciò non esiste più, perchè la nuova versione dei catalani è ora una squadra solida ed equilibrata, che lascia pochissimo allo spettacolo, impersonificato alla perfezione da Leo Messi. Preso atto dell'impossibilità di proseguire con il 4-3-3, data la partenza di Neymar e le difficoltà di adattamento di Ousmane Dembelè, tra infortuni e collocazione tattica, Ernesto Valverde ha varato uno schieramento più tradizionale, con Messi punta libera di svariare e inventare e Luis Suarez altro riferimento offensivo. Il Barça ha abbassato il suo baricentro di una ventina di metri, ha modificato la posizione di Ivan Rakitic, da mezz'ala a centrocampista centrale, al fianco dell'immarcescibile Sergi Busquets, ha centellinato le energie a disposizione dell'illusionista Andres Iniesta, e ha infine inserito un incursore e un giocatore fisico come il brasiliano Paulinho, recuperato nel calcio che conta. Una trasformazione che è andata a tutto vantaggio della fase difensiva, tornata d'élite con Gerard Piquè e Samuel Umtiti ben protetti, mentre a Sergi Roberto e Jordi Alba è richiesto di spingere su corsie lasciate sguarnite da esterni d'attacco che non esistono più.

E' questo il Barça di Coppa, perchè la versione blaugrana della Liga può contare su un altro brasiliano, Coutinho, come laterale destro d'attacco, giocatore in grado di modificare lo schieramento catalano dal 4-4-2 al 4-3-3 (nonostante la trasformazione non sia automatica con l'ex Liverpool in campo). Un Barcellona più basico nelle sue idee di calcio ha sublimato ieri la sua trasformazione: assediato in diversi frangenti della gara da un Chelsea arrembante, ha sfruttato al meglio le giocate di Leo Messi, in grado prima di ipnotizzare Thibaut Courtois con un destro non irresistibile ma comunque a sorpresa, poi di slalomeggiare tra Christensen e Azpilicueta per servire Dembelè a rimorchio, per il 2-0 che ha fatto impazzire il Camp Nou. In un Barça che cambia, chi rimane fedele a se stesso è il fenomeno da Rosario, catalizzatore di palloni nella trequarti avversaria, come accaduto anche in occasione del terzo gol, altra perla dell'argentino che ha mandato al bar la difesa avversaria per infilzare nuovamente uno stordito Courtois. Ai blaugrana sono bastati cinquanta minuti di Iniesta a buoni livelli, poi rimpiazzato da Paulinho per garantire forza e freschezza, mentre Andrè Gomes ha dovuto prendere il posto di un acciaccato Busquets. L'ultimo cambio, Aleix Vidal per Dembelè, ha certificato la virata definitiva verso il 4-4-2, che con il francese era viceversa un po' asimettrico. Niente a che vedere con il Barça delle ultime stagioni, in cui la solidità andava e veniva: ora i catalani sono una squadra equilibrata, imbattuta in campionato, che crea meno occasioni rispetto al passato (e a farne le spese è il Pistolero Suarez), ma che rappresenta uno spauracchio per le altre sette qualificate ai quarti di finale di Champions. Equilibrio + Messi, la ricetta di Valverde per tornare sul tetto d'Europa.