La Serbia non ha tradito le aspettative ieri al suo debutto al Mondiale di Russia 2018, battendo per 1-0 una coriacea Costa Rica. È bastato un lampo di Kolarov da calcio di punizione alla selezione di Mladen Krstajić, per valorizzare quella superiorità tecnica piuttosto evidente sulla carta nei confronti degli avversari.

Superiorità è anche la parola chiave dell'ultimo incredibile anno solare della carriera di Sergej Milinković-Savić, che ieri ha giocato la sua prima partita in un campionato del mondo come trequartista nel 4-2-3-1 serbo. È stata una grande occasione per mettere in mostra la sua superiorità - appunto - fisica e tecnica, pur nei confronti di una difesa non semplice da affrontare. Protetto da tutta la sostanza e l'esperienza di Milivojević e Matić, il centrocampista della Lazio emerge di fatto come leader a tutto campo della manovra offensiva, un facilitatore del gioco, che si tratti di dominare un duello aereo o di disegnare splendidi assist. Questo tipo di lavoro è poi facilitato dalla facoltà di associarsi con attaccanti che parlano la stessa lingua calcistica, quali Dusan Tadić o Adem Ljajić (seppur quest'ultimo ieri sia stato impalpabile). Il sistema degli slavi è ben organizzato e si modella bene sulle abilità dei singoli, e per un'ora ieri ha sostenuto un'intensità buona, abbinata ad una certa pulizia nelle giocate.

Non sarebbe bastato però tutto questo a scardinare il solidissimo 5-4-1 targato Ticos senza un colpo da campione, in questo caso trovato da Aleksandar Kolarov. Ma la realtà delle Aquile Bianche comprende diversi giocatori in grado di risolvere una partita in un attimo, che garantiscono soluzioni offensive anche atipiche. Ljajić, Tadić, Kolarov appunto, lo stesso Milinković-Savić, ma anche in panchina Kostić, Zivković e l'elenco potrebbe continuare. Il quadro in tal senso è davvero completo, visto che poi nell'ultima mezz'ora contro la Costa Rica è emersa anche la capacità di difendere in blocco, persino utilizzando una difesa a cinque negli ultimi minuti. Gli assalti avversari non sono stati particolarmente vivaci, ma Stojković di fatto non è mai stato chiamato ad intervenire seriamente in questo frangente finale.

Il lato oscuro della Serbia calcistica, lo sappiamo bene, resta sempre lo stesso. Il riferimento va alla solita dipendenza dalle lune di tanti calciatori per natura discontinui, strettamente legata anche ad una certa mancanza di concretezza che in alcuni frangenti, specie ad un Mondiale, pesa tantissimo. Ieri, la prova di Aleksandar Mitrović è stata esemplare in questo senso: a livello di gioco lontano dalla porta, la punta del Fulham è stata sensazionale. Poi però in area di rigore è mancata la zampata decisiva in almeno due o tre occasioni, zampata che avrebbe garantito una sofferenza molto meno prolungata ai compagni. Bisognerà inoltre limitare quel genere di blackout su calcio piazzato difensivo che nel primo tempo hanno portato a degli enormi rischi. Contro la Sele centroamericana è bastato il livello attuale ai serbi, ma per blindare la qualificazione contro la Svizzera (evitando così di doversi giocare qualcosa con il Brasile) sarà necessario anche migliorarsi. Per continuare ad inseguire un sogno.