L’esordio mondiale della Mannschaft è stato incolore, lasciando a Löw più dubbi che certezze. L’Elf tedesco, infatti, ha accusato enormi difficoltà dettate da tutti quegli aspetti tattici e psicologici negativi mostrati nelle amichevoli di preparazione. Il Messico di Osorio, al contrario, è stato protagonista di una partita gagliarda e preparata egregiamente. La scelta di lasciare libertà di possesso ad alcuni elementi (in particolare Boateng), predisponendosi su 2 linee da 4, corte e strette, per annullare i corridoi centrali, ha permesso alla Nazionale centro-americana di sprecare poche energie fisiche e di indirizzare tutte le azioni tedesche sull’esterno, traendone vantaggio.

LENTEZZA

La Mannschaft in fase attiva ha riproposto molto di quanto già visto contro l’Arabia Saudita: Kroos si è abbassato come terzo centrale di sinistra per far alzare Plattenhardt quasi sulla linea dei trequartisti, con Khedira isolato in mezzo alle maglie avversarie e pronto a buttarsi nello spazio. Il Messico ha risposto con intelligenza, coprendo Kroos e lasciando libertà esclusivamente a Boateng. Se Khedira accorciava, Guardado si alzava a tamponare. Le linee di centrocampo e difesa, strette e corte, hanno lasciato l'esterno come unico sfogo per evitare di ritrovarsi centralmente a palla scoperta (situazioni viste in parte anche con la Nazionale saudita). La lentezza della manovra tedesca e la penuria di idee alternative e/o iniziative personali hanno consentito alla squadra di Osorio un recupero palla agevole con un dispendio di energie esiguo: i raddoppi furiosi venivano portati solamente quando dall’esterno si cercava di tornare in mezzo con passaggi in orizzontale o in avanti.

PRESUNZIONE E STANCHEZZA

Tanti sono stati i punti in comune tra la gara con l’Arabia Saudita e quella contro il Messico anche dal punto di vista difensivo e del suo atteggiamento: in particolare è stato riproposto il gegen pressing con 4/5 giocatori sul lato della palla e il 4-4-2 in linea quando la Tricolor era in possesso sulla sua trequarti difensiva. Se nel secondo caso la Germania è spesso riuscita a non subire le iniziative messicane poggiandosi sulla compattezza e sull’elevato numero di uomini sotto la linea del pallone, nel primo caso (gegen pressing) sono stati messi in risalto tutti gli aspetti negativi (e talvolta suicidi) di questo atteggiamento in mancanza di un’adeguata condizione psicofisica (tempo) e una perfetta copertura del campo (spazio). Nel corso della prima frazione, il Messico è riuscito a creare più occasioni (e ben più nitide) non attraverso il possesso (abbastanza inferiore anche in percentuale), ma grazie al lavoro senza palla e ben sapendo cosa fare una volta partita la transizione.

L’azione del gol decisivo di Lozano, in particolare, nasce da una palla persa da Khedira sulla trequarti offensiva con Müller che abbozza un tentativo di pressing non troppo convinto. Nel momento della verticalizzazione di Héctor Moreno su Chicharito Hernández, la disposizione in campo della Germania vede Werner e Kimmich sopra la linea della palla, Müller, Draxler e Özil con atteggiamento passivo e attirati dal pallone, inconsapevoli che alle loro spalle c’è il vuoto.

Poi

I difetti, per certi versi presuntuosi, di atteggiamento e disposizione vengono amplificati anche dal minuto del goal (35’, nei 10 minuti finali di tempo si commettono più errori in percentuale) e dalle difficoltà aerobiche e di lucidità di Hummels e Boateng. Il primo sale colpevolmente in ritardo su Hernández non pensando a temporeggiare e ad accompagnare il successivo scatto in profondità dell’ex Leverkusen. Il secondo rimane nella terra di nessuno denunciando per tutto il match un ritardo di condizione notevole (d’altronde la sua stazza richiede più tempo delle altre per essere al meglio). L’assist di Hernández per Lozano è esattamente nell’half space mancino e il risultato finale è un 2 vs 3 che annovera Boateng, Kroos e Özil (!) in area di rigore. Sfortunatamente per i tedeschi, è proprio il giocatore dell’Arsenal a “marcare” l’esterno del PSV: Lozano sterza centralmente saltando il trequartista di Gelsenkirchen con irrisoria facilità, battendo Neuer.

Poi

SALVARE IL SALVABILE

Nel secondo tempo, la Mannschaft ha avuto una timida reazione non riuscendo a raddrizzare una partita vinta dal Messico con assoluto merito. Tuttavia, Löw può ancora invertire la rotta. Il match con la Svezia è da dentro/fuori, ma la Germania ha nei suoi interpreti la possibilità di ripartire, a patto che quanto evidenziato in negativo nella prima partita venga corretto.

Osorio e i suoi ragazzi hanno vinto con la testa prima ancora che con le gambe, dominando centralmente e offrendo una copertura adeguata degli spazi, specie in verticale. E, al contrario, è proprio lì che l’Elf ha subito: strano per una squadra di questo livello scoprire tanto la zona centrale lasciando la coppia di difensori in balia degli avversari e costantemente puntata a palla scoperta.

Se non si vuole rinunciare alle geometrie di Kroos e agli inserimenti senza palla di Khedira, urge trovare un compromesso da tradursi nella scelta di altri uomini e/o disposizione per non lasciare voragini centrali che la squadra ha fatto fatica a coprire, per motivi anche fisici. Si provi a uscire dall’equivoco tattico Thomas Müller: non è un esterno offensivo e può essere schierato lì con compiti di inserimento solamente in determinati contesti e con giocatori in possesso di caratteristiche affini. Si cerchi di risolvere la situazione intorno a Özil e Gündogan: se i due non hanno la mente sgombra, si punti su alternative come Reus, Goretzka, Brandt o Rudy a seconda delle esigenze.

Se Boateng non è in condizione (e sembra proprio non esserlo), ci si affidi a Süle o a Rüdiger. Sembra lampante, però, che insistere su questi concetti non allungherà il cammino della Mannschaft; non con le caratteristiche tecniche degli interpreti attuali abbinate a questo atteggiamento che prevede una tenuta fisica che, al momento, non appartiene ai ragazzi di Löw. Il CT tedesco, da buon alchimista, ha dimostrato negli anni di saper cambiare la sua creatura. Chissà che non riesca a trovare la pozione giusta per lanciare il motore della Diesel-Mannschaft.

Francesco Lo Fria