Disfatta argentina

Perde e torna mestamente a casa la Nazionale di Sampaoli. 'Fracaso' bello e buono, ora processi e ricambio generazionale.

Disfatta argentina
Fonte: Leo Messi official account Twitter
andreazz
Di Andrea Indovino

L'Argentina perde l'ottavo di finale contro la Francia, e lascia desolatamente la Russia. Mani sui fianchi e testa bassa. Dice addio ai sogni di gloria, probabilmente è giunta alla fine di un ciclo. Ha staccato il pass mondiale per il rotto della cuffia, patendo le pene dell'inferno nel subdolo percorso delle qualificazioni, ed è riuscita solo con il fiatone a metter piede agli ottavi, residenza di pochi, evidentemente non per chi ha limiti strutturali troppo marcati come questa edizione dell'Albiceleste. I problemi - tanti - non sono mai stati risolti. I miracoli non esistono, anche a migliaia di chilometri di distanza da Buenos Aires, si è andato oltre ai limiti di decenza. E' la fine di una generazione, molti dei giocatori argentini scesi in campo alla Kazan Arena - da domani - diventeranno semplici tifosi dell'Albiceleste.

Un disastro, o 'Fracaso', detto nella loro lingua. Si, l'Argentina è tornata a casa meritatamente, seppur abbia salvato almeno la faccia e perso soltanto di misura contro degli avversari nettamente superiori, che hanno giocato con tre, quattro ma anche cinque marce innestate in più. Si dirà che la colpa è stata di Leo Messi, perchè è stato lui a spodestare dal timone del veliero bianco azzurro il commissario tecnico Jorge Sampaoli e dare il 'là' all'autogestione. Sarà anche così, il 'barcellonista' pagherà le sue imperizie, ma le responsabilità del fallimento vanno divise e condivise. Il fondo di tristezza c'è, eccome: Messi ha giocato con ogni probabilità la sua ultima partita in Nazionale ad un Mondiale, e neanche in questa occasione ha graffiato, non ha lasciato il segno, non ha raggiunto l'Olimpo. 30 giugno 2018, una data che resterà nella storia del gioco del calcio, segnatevela. Evitiamo i paragoni con Maradona, viviamo più tranquilli. Ognuno dovrà portare addosso il proprio fardello di colpe, dal primo all'ultimo componente della sciagurata spedizione russa. Una vittoria - sudatissima - un pareggio e due sconfitte, 10 gol subiti in 4 partite, troppi se ti chiami Argentina e sventoli - al nastro di partenza della competizione intercontinentale - obiettivi di un certo livello. 

Chiaro è, che pagherà il cittì, in primis. Sampaoli ne ha combinate di cotte e di crude. Contro i Blues ha addirittura schierato la 15esima formazione diversa in 15 gare da ct. Una confusione incredibile. Higuain, Aguero e Dybala in panchina, Messi falso nueve che più falso non si può. Una fase difensiva che dire da rivedere è un elogio purissimo alla non-organizzazione dei sudamericani. Centrocampo piatto, Banega impegnato a ruminare in mezzo al campo, sconsolato, e Mascherano peggio del compagno, dannoso. Lento e macchinoso in fase d'impostazione, totalmente incapace di fare schermo davanti alla difesa. Ed ha rischiato più volte di farla ancora più grossa, sfiorando a più riprese la punizione capitale. Sampaoli si è affidato a Pavon (l'ultima sua carnevalata prima dell'esilio a nuova vita), mai scelta è stata più fallimentare, d'altronde se giochi nel campionato argentino a 22 anni, hai ancora un bel pò da imparare per essere all'altezza della situazione in un ottavo di finale mondiale.

Ora si apriranno i processi, con la Federazione argentina che giocoforza dovrà prendere i necessari provvedimenti. Non si può far finta di nulla, è un tonfo troppo rumoroso, tremendamente stridente, affinchè il domani resti come l'oggi. E' un fallimento che obbligatoriamente impone di fare delle riflessioni, ed un cambio in panchina. L'Argentina è nuovamente in default, proprio come quel terribile 2001, questa volta però i motivi sono ben diversi, legati ad un pallone da gioco ed un rettangolo verde.

 

 

 

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Andrea  Indovino
Amo lo sport in tutte le sue infinite sfaccettature. Seguo principalmente il calcio ed il basket a 360° gradi, ma assiduamente anche il mondo della Formula 1, la Moto GP ed il ciclismo, specie le grandi corse a tappe. La mia è una voglia infinita di SAPERE, del resto Seneca affermava: Sii servo del sapere se vuoi essere veramente libero.