Brasile, Germania, Italia: i grandi nomi del calcio mondiale si contano sulle dita di una mano. E non è un caso, quindi, se ad arrivare ai vertici delle finali di Coppa del Mondo sono sempre quella ristretta cerchia di “invincibili”. Certo, a volte delle incredibili sorprese fanno il loro debutto tra queste (la Spagna, fino al 2008, era l'eterna perdente), ma sono eccezioni più che regole.

Lontane dai lucenti riflettori dei “palchi” internazionali, invece, sono quelle Nazionali che non orbitano attorno al calcio più blasonato: Paesi che non hanno club nelle competizioni continentali, che escono facilmente alle qualificazioni, senza stelle che sappiano dettare la differenza. E spesso e volentieri sono formazioni che provengono da posti grandi quanto regioni dell'Italia.

All'appello, primo della lista, risponde San Marino, che con il pallone non ha un legame propriamente “d'oro”: su un totale di 133 partite, giocate dal 1988 ad ottobre 2015, la vittoria è stata soltanto una. Con una differenza reti abissale: 21 quelle realizzate e 567 le subite: numeri che stenderebbero un Zamparini all'istante. Ma la Nazionale non è un club, per cui i giocatori bisogna crescerseli in casa.

Il rapporto tra la minuscola repubblica e il football è storia nota: con poco più di 30 mila abitanti, sparsi su 61,19 km², riuscire a creare una squdra che sappia competere con le altre compagini continentali è impresa a dir poco impossibile. E, infatti, da quando la federazione locale è nata ed è affiliata alla UEFA, non è mai riuscita ad andare oltre i gironi di qualificazione alle coppe per Nazioni.

Per le fasi iniziali degli Europei 2016, ultimo impegno ufficiale per le squadre continentali, San Marino era inclusa nel gruppo E con Inghilterra, Svizzera, Slovenia, Estonia e Lettonia. Tutte, a parte i Leoni, rappresentative di staterelli con pochi milioni di abitanti e altrettanto minuscoli, ma non è bastato questo ad aiutare i sammarinesi: per loro solo un punto, nello 0-0 con l'Estonia a Serravalle, poi l'umiliazione del 6-0 a Lubiana.

Stilare l'elenco degli insuccessi dei biancocelesti potrebbe apparire una forma eccessiva di sfottò, bisogna quindi parlare anche di uno dei grandi protagonisti di questa Nazionale: Massimo Bonini, di ruolo mediano, pilastro nella Juventus di Trappattoni che vinse tutto e legato poi al Bologna di cui fu capitano. Debuttò nel San Marino Under21 nel 1989, dopo aver militato dall' '80 all' '83 in quella italiana, per passare in prima squadra nel 1990 e giocarci 19 partite. L'allenò poi per due anni, dal 1996 al '98, per poi passare alla Primavera del Cesena.

Oggi sulla panchina della Serenissima siede Pierangelo Manzaroli, in carica da febbario 2014 ma esordito solo a giugno 2014: ciò che gli è stato chiesto non è certamente di fare il colpaccio per Russia 2018, nemmeno Ercole riuscirebbe; l'aver affidato l'intero apparato-calcio al 46enne commissario tecnico natio di Rimini, e definito da Yahoo Sport “lo Special One di San Marino”, è però il segnale di un progetto che prende moto. Perchè tra le sue competenze c'è anche il settore giovanile, unica chiave di svolta per il futuro.

Certo, pensare che da qui a 10 anni questo minuscolo puntino sulle coste adriatiche possa emergere è difficile (anche perché quasi tutti i suoi tesserati non sono professionisti): sicuramente potrebbe diventare “la più grande delle piccole”, ossia ritagliarsi una fetta consistente tra quelle Nazionali (come Gibilterra, le isole Far Oer, ecc…) che partecipano comunque alle prime fasi delle Coppe. Anche se destinate a subire risultati da pallottoliere, ma se alle spalle ci sarà un progetto per far sviluppare il calcio più come gioco e meno come lavoro, allora i risultati arriveranno da sé.