Schiacciato dal peso di un rivale lontano nel tempo, frustrato da una maledizione che ormai si presenta puntuale, deluso da una prova poco convincente, afflitto da un rigore calciato come mai aveva fatto nella sua geniale carriera. Leo Messi è il protagonista, questa volta in negativo, della Copa America del Centenario. La sua Argentina è caduta ancora una volta in finale, ancora una volta di fronte all'organizzazione di un Cile fantastico per tenacia, garra e convinzione. 120 minuti identici a quelli che poco meno di un'anno fa, a Santiago avevano portato le due Nazionali a undici metri dalla coppa: gioco duro, occasioni poche, emozioni scarse. "E poi?" Poi sarebbe toccato ai Campioni, quelli che non considerano la paura come emozione, quelli che non hanno timore di sbagliare, ma che pensano solo a scrivere il loro nome nella storia. Quelli, quei Campioni, hanno fallito ancora, per il terzo anno di fila. 

Leo Messi. Fonte foto: Getty Images.
Leo Messi. Fonte foto: Getty Images.

Tra tutti loro, Leo Messi è il principale imputato. La Pulga, artefice di un cammino strabiliante che ha portato la Seleccion fino alla finalissima, ha mancato ancora l'appuntamento decisivo, quello per fare la storia anche con la camiceta albiceleste. Il suo rigore, calciato alle stelle, è stato l'emblema della notte, l'attimo dell'estate, il nero della sua carriera. Quel pallone, suo migliore amico dall'età di tre anni, si è perso nelle tenebre, come il sogno di un Popolo ormai stanco di arrivare sempre ad un passo dalla gloria. Le lacrime della Pulce sono irrefrenabili. Le telecamere lo cercano, lo trovano e lo infastidiscono. Un uomo, Leo, mostra i suoi sentimenti davanti al mondo intero. E' l'inizio di una notte di decisioni forti, di analisi e processi. E' l'ultima istantanea del Diez con quella maglia baciata per 55 volte: mai nessuno come lui. 

Scavare più in là con le vicende di campo, fa capire che Messi non è il solo artefice della sciagurata finale; il direttore di gara, così come lo stesso Higuain hanno inficiato parecchio sul canovaccio di un match se possibile ancor più brutto che lo scorso anno. Il Cile si è limitato a difendere, cercando di concedere il minimo ad una Nazionale straordinariamente forte come l'Argentina. L'errore dell'albiceleste però, è stato ancora una volta farsi coinvolgere dal gioco volutamente rissoso e spezzato che ha reso il Cile Campione già nel 2015. Uscire dai propri binari fatti di calcio puro ed efficace, mettere l'elmetto e gettarsi in battaglia a mani nude, quasi dimenticando tutto l'armamentario gelosamente custodito in cantina, ha condizionato il piano tattico di una Nazionale ancora una volta assente nel momento topico. 

Messi. Fonte foto: Getty Images.
Messi. Fonte foto: Getty Images.

Come lo scorso anno, - impossibile non citare la finale di Santiago dati i moltissimi punti in comune - l'Argentina non ha capitalizzato con Higuain; poi si è ferita da sola con i penalty di Messi e Biglia. Messi appunto. Proprio quel ragazzo che da una vita è costretto ad ascoltare una stessa domanda: "E' più o meno forte di Diego?" si chiede il tifoso. Lio, dal canto suo non ha mai voluto parlare di questa sciocchezza, anche se avrebbe gli argomenti per farlo. I critici, ma soprattutto la sua Gente, la pensa sempre allo stesso modo: non bastano i palloni d'oro, i record di gol, o le Champions League. A Messi manca l'acuto con la maglia della sua amata Seleccion. Da questa notte però, l'uomo Messi, stanco di quel paragone e delle continue sconfitte, ha detto basta con la Nazionale. Una decisione che ha stupito il mondo intero, ma che forse era già stata premeditata in caso di sconfitta. Messi spiazza tutti, non con i piedi ma a parole: "Nello spogliatoio ho pensato che la mia avventura con la nazionale è appena terminata.  Non fa per me, è ciò che sento adesso". Con queste parole, il fragile Messi alza bandiera bianca. Troppa la delusione accumulata dopo tre finali perse in tre anni; troppo il dispiacere per non aver dato al Popolo argentino un titolo che ormai manca da 25 anni. Con un emblematico "Non ci sono riuscito, non ce l'ho fatta" Messi sparisce nell'ombra di una notte che lo segnerà per il resto della sua vita. 

La delusione di Leo. Fonte foto: Getty Images.
La delusione di Leo. Fonte foto: Getty Images.

Il day after è colmo di pareri, soggettivi ed oggettivi. I giornali di tutto il mondo sembrano quasi sminuire la vittoria del Cile alla seconda Copa America in due anni. Il personaggio cult è Messi, e resta Messi nel bene e nel male. La Pulce non può farci nulla, combattere con la pressione e i media è un prezzo da pagare in base a fama e talento. Messi non parla più, non scrive sui social, non si fa vedere. I compagni di Nazionale che meditano anch'essi un clamoroso addio dall'albiceleste hanno giurato di averlo visto come mai nella loro carriera all'interno di uno spogliatoio mai così triste come la scorsa sera. Messi è fragile, ma è questo. Non è un Leader capace di comandare lo spogliatoio come disse un giorno Martin Palermo; non è un Capitano che in campo alza la voce o detta le regole. Lionel Messi è semplicemente il calciatore più forte del XXI Secolo, e continua a dimostrarlo partita dopo partita. I suoi numeri in questa Copa America sono stati strepitosi: 5 gol e 4 assist in cinque partite. Nessuno ha fatto meglio, ma qualcuno a portato a casa la Copa del Centenario al posto suo. 

Da oggi però, con l'addio alla Nazionale, qualcosa di importante potrebbe cambiare in Leo. Se la notizia verrebbe confermata infatti, gli scettici abbandonerebbero in via definitiva quella sciocca quanto ostica battaglia per stabilire quale tra il genio di Maradona e quello di Messi fosse il più grande. Servirà tempo per guarire queste ferite, ma ora sì, Messi può togliersi dalle spalle il peso che da una vita ha portato senza alcuna colpa: essere come Diego. Messi non è Diego e non lo sarà mai. E' una frase banale ma vera; i due sono come rette parallele accomunate da molti fattori, ma separate da un arco temporale che non potrà mai metterli realmente l'uno di fronte all'altro. 

Fonte foto: Getty Images.
Fonte foto: Getty Images.

Bravura e destino hanno voluto che Diego vincesse trenta anni fa in Messico, sfortuna ed errori hanno fatto sì che Messi non arrivasse ad eguagliare il suo precursore, facendo calare il sipario con lagro anticipo sulla sua avventura Albiceleste. Nonostante questo, ci sarebbe stato anche chi, vittoria o non vittoria avrebbe difeso le sue posizioni. Messi però, stavolta avrebbe risposto una volta per tutte: "Al diavolo i paragoni!".