J'accuse

Un'Italia spenta cede il passo alla Spagna, agguantando un pareggio finale che non può comunque soddisfare Ventura, reo di aver commesso troppi errori nelle scelte di formazione.

J'accuse
Fonte immagine: tuttomercatoweb
giodusi
Di Giorgio Dusi

Inutili buonismi, una volta tanto, vanno tenuti nel cassetto. I primi 60 minuti dell'Italia nel match contro la Spagna sono stati al limite dell'inammissibile, se non addirittura oltre. A tenere alto l'onore azzurro ci ha pensato la difesa, per nulla supportata dagli esterni di centrocampo e dalla mediana, per non parlare di un attacco accesosi solo con le tardive sostituzioni, inserimenti di giocatori per non si sa quale ragione lasciati in panchina dal primo minuto. Il pareggio finale è una semplice facciata: grattando sull'intonaco dell'1-1 si celano orripilanti sfumature che una Nazionale di questo calibro non può affatto permettersi. Andiamo però per gradi, analizzando ciò che non ha funzionato passo per passo, nel match valevole per la terza giornata del gruppo G di qualificazione a Russia 2018.

UNO - L'ATTEGGIAMENTO DELLA MEDIANA

La Spagna, come al solito, fraseggia, scambia nello stretto e sul lungo, in orizzontale e in verticale. A ciò, gli azzurri reagiscono senza mettere una pressione adeguata e soprattutto ordinata. Traducibile come: non reagiscono. Non c'è cattiveria in un centrocampo intimorito basilarmente dall'avversario senza un'apparente ragione, come se fossero entrati in campo conoscendo già la propria inferiorità tecnica. Innegabile, per carità, ma ciò non implica una staticità e un'arrendevolezza del genere. Nella conferenza stampa della vigilia, tecnico e capitano azzurro avevano parlato di voglia di vincere a tutti i costi, di andare oltre la corsa. Per quanto riguarda il primo punto, latitanza; sul secondo, alla corsa non si è nemmeno arrivati.

Le posizioni medie in campo nel primo tempo dell'Italia: disordine, squilibrio e confusione, a partire dal centrocampo. (fonte Twitter @OptaPaolo)

DUE - IMPOSTAZIONE LATITANTE

Oltre a non contribuire affatto in copertura e in difesa, i mediani azzurri non sono nemmeno in grado di far ripartire l'azione. Parolo e Montolivo, i due titolari, mandano in archivio la gara con una precisione nei passaggi pari al 60%, oltre ovviamente alle zero occasioni create e alle minime verticalizzazioni. De Rossi statisticamente si salva con un buon 89%, ma non può essere certamente lui l'uomo che alza la testa e imposta la manovra. Parzialmente meglio fa Bonaventura, in termini di percentuali. Nel frattempo in panchina tiene ben stretta addosso la pettorina gialla un tal Marco Verratti, per l'intera durata della gara.

TRE - DOVE SONO GLI ATTACCANTI?

Se il centrocampo piange, l'attacco non ride. Eder e Pellè per sessanta minuti di fatto non esistono, se non per una corsa dell'italo-brasiliano con annesso traversone sbagliato e una sponda mal riuscita del calciatore italiano più pagato di sempre. Pressing sul primo portatore di palla? Sconosciuto. La difesa si trova sovente costretta a lanci lunghi, Pellè riesce ad arrivare per primo sulla palla, difendendola e facendo salire la squadra, soltanto una volta. Per non scomodare addirittura tutti i passaggi in uscita andati a vuoto, o meglio, recuperati dalla Roja: gli attaccanti azzurri non riescono ad alleggerire la pressione della Spagna sulla difesa. Semplicemente inutili alla causa.

I diciotto tocchi di palla di Pellè nei sessanta minuti in campo. Uno solo dentro l'area avversaria. (fonte: Twitter @OptaPaolo)

QUATTRO - L'INDECISIONE DEGLI ESTERNI

A metà primo tempo, un'immagine simbolica riassume perfettamente questo punto: Alessandro Florenzi, in totale balia dello svariare di Iniesta e David Silva, si avvicina alla panchina azzurra e al proprio commissario tecnico, chiedendo disperate indicazioni su come affrontare la situazione. L'esterno della Roma si trova costretto a mantenersi bassissimo, perdendo la totale capacità di spinta, senza l'aiuto dell'interno di centrocampo e nemmeno il raddoppio dell'attaccante, con Barzagli bloccato alle sue spalle, non potendo l'esperto centrale permettersi di subire l'imbucata. Dall'altra parte non è migliore la situazione di De Sciglio, aiutato in questo caso da un Romagnoli in serata (una delle poche note liete). Di fatto il centrale del Milan riesce a coprire ogni lacuna del terzino, per cui vale lo stesso discorso fatto in precedenza con Florenzi: incertezza nei movimenti.

CINQUE - LE SCELTE INSENSATE IN MEZZO

Tutto questo quadro va a riassumersi in un primo punto chiave, ovvero le decisioni a dir poco discutibili attuate da Giampiero Ventura. Piazzare De Rossi davanti alla difesa sembra la più ovvia scelta possibile, per esperienza e caratteristiche, ma far lavorare ai suoi fianchi Montolivo e Parolo assume contorni tragici, soprattutto con Verratti e Bonaventura in panchina, giocatori più scattanti e svegli nell'impostazione rapida a pochi tocchi e nell'uscita palla al piede. Con l'innesto dell'ex Atalanta alla mezz'ora, qualcosa in mezzo migliora, quantomeno nell'atteggiamento, ma sono piccoli dettagli. E i dettagli fanno la differenza quando la base è solida ed efficace.

SEI - LA MANCANZA DI CORAGGIO

A proposito di scelte. La differenza con Immobile Belotti in campo è stata lampante, perchè pensare che la gara sia cambiata per uno scatto d'orgoglio o un crollo degli avversari è ingenuo. La mobilità della punta della Lazio crea scompiglio in una difesa che si sapeva non essere affatto solida, e che per l'appunto crolla non appena mette piede in campo il Gallo, il quale porta un piglio diverso rispetto agli altri. Una coppia che già si conosce, che lo stesso Ventura ha allenato nella seconda parte di stagione un anno fa, che per caratteristiche è perfetta per pungere la difesa della Spagna, anche attaccando lo spazio sui lanci dalle retrovie. Nulla di tutto questo, per 75 minuti.

SETTE - TENTATIVI DI EMULAZIONE

"Quello che facciamo è figli di quello che siamo", aveva detto in conferenza stampa Giampiero Ventura. Ma allora perchè si è ostinato a tentare di replicare quanto il suo predecessore era riuscito a fare nel giugno scorso? Se non si è Conte, non si può emulare Conte, nello spirito che si trasmette alla squadra. Se la coppia d'attacco con Conte funzionava, non è automatico che continuasse sullo stesso livello anche senza di lui. Magari lasciando anche in panchina validissimi elementi. L'Italia, o meglio, Ventura, oscillava in un limbo fino a ieri sera: privilegiare gioco e talento oppure uomini di fiducia (di altri) e cattiveria? La risposta del campo è chiara, lampante, senza repliche ammesse.