#Dybala10 è stato un trend parecchio importante sui vari social nell'ultima settimana, oltre che il titolo di un nostro pezzo riguardante proprio il calciatore argentino. L'euforia dei tifosi della Juventus si è così scatenata pubblicamente, salvo poi subito spegnersi: la sera del 13 agosto c'era l'assegnazione della Supercoppa Italiana in programma, e quell'entusiasmo si è subito tramutato nella tipica ansia che c'è prima di una finale, oltre all'ovvia grande attesa per la prima uscita della Joya con la casacca più importante di tutte, nell'ottica bianconera. Sfortunatamente per lui, però, la sua squadra ha perso in favore della Lazio: ci sono comunque diversi spunti di riflessione da trarre dalla prestazione dell'ex Palermo.

Tatticamente parlando, nessuna novità. Dybala ha fatto quello che fa ormai da mesi nel 4-2-3-1 plasmato da Max Allegri: un lavoro di raccordo fra le due fasi, che implica molta corsa. Ed è proprio questo ad aver penalizzato il sudamericano, dopo un avvio straripante da parte sua e di tutti i compagni: una condizione ancora non al top e, di fatto, poco sostegno al centrocampo quando la palla ce l'avevano gli avversari. Insieme a lui hanno aiutato poco l'amico Higuain e il fratellone Mario Mandzukic: a differenza dei compagni, però, il numero 10 ha mostrato a tratti quella classe che lo distingue dalla maggioranza dei giocatori del mondo, predicando un po' in solitaria per buona parte del primo tempo, ma scemando sempre di più sotto l'aspetto dell'intensità.

Così, quando è arrivato il secondo gol di Immobile, l'argentino era completamente scomparso dalla partita. L'ingresso in campo di Douglas Costa al posto di un evanescente Cuadrado ha scosso la situazione, ma non l'ha cambiata più di tanto. Ogni secondo il trofeo si allontanava dallo Stadium, con due gol da recuperare ed il tempo sempre più ristretto per farlo: è in questi momenti che un vero leader deve saper guidare la sua squadra e, quando è arrivato il momento della punizione che avrebbe potuto svoltare la partita, la Joya ha colpito con la sua classe e freddezza, che ha mantenuto anche nell'occasione del 2-2, siglato su rigore.

Eppure, oggi il trofeo non è nel museo bianconero. Perchè le partite durano 90 minuti più recupero e proprio quando sembrava che per l'ennesima volta Madama stesse per farcela, è arrivato il definitivo gol di Murgia per il 3-2 finale. Il risultato finale ovviamente influisce su questo giudizio, ma la riflessione che viene fuori spontanea è essenzialmente una: i grandi numeri 10 del passato sono sempre riusciti ad incidere in maniera decisiva, e - forse anche per colpe non sue - alla fine l'argentino non ce l'ha fatta nella sua prima uscita con quelle cifre sulle spalle. Forse svegliarsi prima avrebbe cambiato qualcosa, forse no: rimane che il sudamericano ha già letto in maniera lucida la situazione, dicendosi a più riprese "non soddisfatto" della sua prestazione. Una maniera chiara per inviare un messaggio alle altre: "se non vinciamo, non siamo contenti". Due gol in una finale avrebbero potuto discolpare chiunque in qualunque altra squadra: tuttavia, al numero 10 del club di corso Galileo Ferraris si chiede qualcosa di più.