La sconfitta di San Siro contro il Benevento ha riportato le lancette del tempo in casa Milan nello stesso identico punto in cui erano un girone fa. In quel momento, infatti, la dirigenza decideva di esonerare Vincenzo Montella per affidare la panchina a Rino Gattuso, promosso dalla Primavera.

Primo impegno per il nuovo allenatore rossonero la trasferta di Benevento, terminata con un pari che in quel caso aveva regalato il primo punto in Serie A ai giallorossi. Questa volta, invece, il Milan è riuscito nell'impresa, al contrario si intende, di regalare alla squadra di De Zerbi il primo successo in Serie A lontano dal Vigorito.

Prestazione e dichiarazioni del post partita hanno contribuito ad alimentare quella sensazione di già visto, sentito e ascoltato nel corso di questa annata che sembrava essere partita sotto auspici diversi rispetto al recente passato, ma che probabilmente si concluderà con risultati simili.

Una squadra, il Milan, che in campo è sembrata più un'allegra e sconclusionata banda che non un gruppo unito e con un'idea da portare avanti. La similitudine non è per nulla casuale, perchè è esattamente quella presa in prestito da Gattuso per commentare la prestazione della squadra sia all'andata che al ritorno contro il Benevento.

Undici giocatori in campo, anche buoni o ottimi se presi individualmente, ma che in un contesto di squadra e contro un avversario con le idee chiare tanto quanto i suoi limiti è andato incontro a una sbandata tanto inaspettata quanto meritata. Poche idee, poca cattiveria, poca intensità, poco insomma di tutto quello che serve in Serie A per evitare figuracce, a prescindere dall'avversario che ci si trova di fronte ogni giornata.

La speranza di molti era che Gattuso fosse riuscito nell'impresa di cambiare la testa di un gruppo che era uscito con le ossa rotte a livello psicologico dalla gestione Montella della prima parte di stagione. La molla giusta sembrava essere stata la vittoria nel derby di Coppa Italia contro l'Inter, a cui erano seguite le vittorie contro Roma e Lazio e una rincorsa quarto posto che ad un certo punto non sembrava più utopia.

La gara contro la Juventus, invece, e in particolare la traversa colpita da Calhanoglu sembrano avere completamente spento la luce a Milanello, facendo calare una sorta di sipario mentale nella testa di tutti i giocatori, pronti a trascinarsi lentamente fino al termine della stagione prima di voltare pagina. Magari lontano dal Milan e da San Siro. Per Gattuso l'impresa di queste ultime settimane di stagione sembra essere se possibile ancora più complicata di quella ereditata all'inizio della sua gestione tecnica.

Se in quel momento Rino rappresentava la scossa, la diversità, ora per i giocatori è qualcosa di già visto e assaggiato, di già percepito e assimilato. La finale di Coppa Italia contro la Juventus in questo momento sembra essere più un incubo che non una reale possibilità di mettere in bacheca un altro trofeo. Perchè il Milan si è attorcigliato su se stesso in una spirale che lo ha riportato esattamente al punto in cui era un girone fa.

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Francesco Nasato
24 anni, giornalista pubblicista, allievo della scuola di giornalismo dell'Universitá IULM, laureato alla Cattolica di Milano in Linguaggi dei Media. Editor di Vavel Italia, scrivo di calcio e Milan sul web e la carta stampata da quando ho 18 anni