Che Marten De Roon avrebbe avuto un ruolo centrale nell'Atalanta 2.0 di Gasperini lo si era capito sin da quando lasciò Middlesbrough per tornare a Bergamo. Tuttavia, non molti si sarebbero immaginati che l'olandese sarebbe diventato un punto fermo dell'undici titolare nerazzurro. Duemilatrecentonovanta i minuti giocati, solo in Serie A, dall'ex Boro con tre gol e due assist, non certo la specialità della casa, visto che il tecnico ex Genoa gli ha affidato i compiti di regia. 

Il gioco della Dea passa quasi sempre dai suoi piedi, ogni azione lo coinvolge attivamente sia in fase di possesso che di non possesso, quando funge da frangiflutti davanti alla difesa recuperando palloni su palloni (centonovanta in stagione). Il rendimento di De Roon si è alzato con il passare dei mesi e domenica pomeriggio all'Olimpico contro la Lazio ha toccato il suo apice: assist per Barrow, lavoro perfetto nel limitare Lucas Leiva e la sua regia. Dal medianaccio visto con Reja due anni fa, ad un centrocampista completo il passo non è stato breve. L'esperienza in Inghilterra non pare avergli giovato poi molto e il ritorno in Italia è stato piuttosto traumatico. 

L'adattamento al sistema di gioco di Gasperini non è facile per nessuno, ancor meno per un giocatore come l'olandese, abituato a far legna e a non spingersi troppo in avanti. Nel corso dell'anno De Roon ha aumentato il suo raggio d'azione regalando anche qualche incursione in area ed ha sviluppato capacità di regia prima insospettabile. L'ex Heerenveen perde ancora troppi palloni, duecentonovantaquattro fino a questo punto del campionato, ma il Gasp non può fare a meno di lui e la sensazione è che l'oranje  sarà fondamentale anche il prossimo anno, quando l'Atalanta proverà a centrare l'Europa, forse per la terza stagione consecutiva. 

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Andrea Mauri
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