Genova. Il diario di un tifoso. Buona la prima. Oserei dire ottima. Il ritorno in Italia di Cesare Prandelli sembra aver confermato la lucidità di un allenatore pragmatico, preparato, assente dal massimo campionato italiano dal 2010. Lo avevamo lasciato lì, Cesare, lo avevamo lasciato come condottiero di una nazionale che dopo il successo del Mondiale del 2006 non aveva saputo confermarsi in Sudafrica, tanto da essere eliminata nella fase a gironi. Cesare che porta la nazionale in finale contro la Spagna, in occasione degli Europei del 2012, svoltisi in Polonia ed Ucraina. Una finale amara, come il Mondiale brasiliano, conclusosi per gli azzurri ancora una volta nella fase iniziale del torneo.

Dopo le non esaltanti esperienze all'estero (due esoneri in terra turca e negli Emirati Arabi e le dimissioni a Valencia) Prandelli è tornato in Italia: prima con qualche comparsata a Pegli, poi - il 7 dicembre - sulla panchina del Genoa. Un Genoa psicologicamente distrutto, dopo il ritorno ancora una volta fallimentare del tecnico croato Ivan Juric: dopo un inizio promettente - il pareggio contro la Juventus a Torino - il Genoa sotto la sua guida ha ottenuto in sei giornate due pareggi e quattro sconfitte. Quindi il cambio in panchina dopo la sconfitta ai rigori in Coppa Italia contro la Virtus Entella, il passaggio - questa volta sul Bisagno - di un Cesare carico, pronto a voler riprendere il palcoscenico che più lo aveva esaltato, quello della Serie A.

Lunghi applausi sugli spalti per Cesare Prandelli, tanta frustrazione sugli striscioni presenti in Gradinata Nord ma allo stesso tempo tanto entusiasmo nell'accogliere il nuovo allenatore nel Tempio. La doccia fredda però non si è fatta attendere nemmeno in questa occasione: pronti, via e dopo soltanto undici minuti arriva l'espulsione di Criscito. Un cartellino rosso al capitano, un'ulteriore ferita per i calciatori in campo ed in panchina, per i tifosi che hanno raggiunto ancora una volta i propri beniamini al Luigi Ferraris

Cala uno strano silenzio in Gradinata Nord, quattro minuti dopo l'espulsione sarà Petagna a portare in vantaggio la Spal con un tocco sotto porta. Il Genoa sembra accusare il colpo ma il rossoblu Romero, entrato in area avversaria, riesce a guadagnarsi un rigore. Piatek sul dischetto e pistolero implacabile dagli undici metri. 1-1. Ancora una volta c'è un po' di Polonia a regalare un sorriso al nuovo tecnico.

Palla al centro. Genoa che in inferiorità numerica non sfigura, anzi crea occasioni e sfiora il vantaggio: il risultato non cambia ma già da questa partita si nota la mano di Cesare Prandelli. Gestione della gara attenta, mai un segno di debolezza, un secondo tempo in crescendo per la formazione rossoblu. Finalmente un allenatore esperto, stoico, sulla panchina del Genoa. Una squadra che non tradisce ma reagisce.

Sicuramente Cesare non ha ancora fatto nulla, certo è che in un paio di giorni fare risultato dopo la cocente sconfitta in Coppa Italia lascia ben sperare. 

Ora Cesare avrà modo di lavorare, gli servirà tempo e serenità. Io, come tutti i tifosi del Genoa, dovrò probabilmente aspettare prima di vedere un vero cambiamento nei risultati e nel gioco: i rossoblu domenica prossima saranno attesi nella difficilissima trasferta di Roma contro i giallorossi.

La contestazione alla Società sembra proseguire senza margini di apertura ma la speranza è che la fede per i colori rossoblu non sia l'unica costante nel futuro di questo campionato. Probabilmente anche il mercato di gennaio potrà cambiare le carte in tavola: anche la fortuna influirà sull'esito di questa stagione. Nulla è scritto, nulla ancora è cambiato ma tutti sono pronti a sostenere il nuovo allenatore. Tutti non vedono l'ora di poter riconoscere i meriti a questo professionista tornato nel suo regno preferito, la Serie A.

Date a Cesare quel che è di Cesare.